Compito di fisica. Primo banco, fila destra, lato parete. Non sono mai stato un genio in fisica, neanche in matematica oltretutto, e nemmeno un miracolo avrebbe potuto salvarmi. Un miracolo no, ma un collega astuto direi di sì. Ecco quindi che la macchina salva-alunno-incapace entra in azione. Mi passano il pizzino ed inizio a copiare. Felice d'aver portato a casa il risultato, non mi accorgo dell'occhio attento della professoressa.
"Pirruccio, passami quel biglietto..."
"Professoressa, la richiamo all'ordine e la invito a rispettare la mia privacy!"
"Bene. Io la richiamo alla cattedra, biglietto in mano e compito in classe..."
Ecco. Non è stata una risposta granché intelligente da dare. Quel biglietto, a onor del vero, riguardava il compito, era indirizzato a me e qualche occhio indesiderato se n'era accorto.
Lontano dai banchi, vicino alle poltrone del Parlamento, la situazione non è delle più rosee. Niente prof, ma fotografi dallo scatto felino. Ed ecco che Berlusconi viene immortalato mentre trascrive la storica, triste scaletta di eventi che lo porteranno alle dimissioni; Monti con la letterina d'amore di Enrico Letta fra le mani; parlamentari mentre dormono, altri mentre mangiano, alcuni mentre guardano le tette della Arcuri sul web e altri ancora mentre giocano con le Micro Machine fra i decreti. Tutti quanti vittime inesorabili di una Nikon o di una Canon. Inconcepibile.
E quindi che fare? Assemblee a luci spente? Ci sono i flash. Porte chiuse? L'aria si fa pesante. "No photo" come nei musei? Ok, rischio per l'antiquariato, ma molti di loro hanno il lifting. E quindi? Quindi, lasciami pensare, possiamo, possiamo, possiamo, possiamo... Eureka! Tiriamo in ballo la CARA VECCHIA STORIA della privacy! La privacy! Si può fare!
E pensare che io, a suo tempo, con il pizzino della discordia in mano, provai a farla franca con la storia della privacy, ma la portata della stronzata che tirai fu così grande da compromettere ulteriormente la mia situazione. Ora, in circostanze ben più serie, di fronte a cariche istituzionali e compiti ben più importanti, c'è chi ha il coraggio di giustificare il lampo di genio. Paradosso.
Lasciamoli fuori i giornalisti, i fotografi, coloro che rischiano di rendere trasparenti le nostre riunioni di famiglia. Sbattiamoli fuori, eravamo 4 amici al bar, possiamo essere 630 deputati in Parlamento?
Vuoi forse dire che la colpa è nostra? Vuoi forse insinuare che risolveremmo la questione se io mi privassi di mandare pizzini, dormire o giocare a squash sul posto di lavoro?
Sì, diavolo, sì. Potrei forse dare la colpa ai fotografi se immortalano la realtà dei fatti? E' come se io, durante quel famoso test di fisica, avessi dato la colpa alla professoressa per aver deciso di fare il compito in classe costringendo indirettamente il mio amico a mandarmi i risultati degli esercizi. Fantascienza.
Eppure mi diverto, mi diverto a parlare di queste fesserie. Sarà che anch'io, come loro, voglio concentrarmi sui piccoli sassolini, illudermi che il terreno sia facile da ripulire, nonostante ci siano macigni ben più grossi da togliere prima di renderlo coltivabile.
C'è una sola differenza: io posso permettermelo, male che vada morirò di fame. Voi no, bene che vada affonda il Paese.