venerdì 26 ottobre 2012 9 commenti

La Puttana

C'è una Puttana che apre le gambe una volta ogni 5 anni. Raramente accade che possa concedersi prima della scadenza del lustro, tuttavia ciò non è da escludere. Di recente, infatti, a causa delle evidenti vessazioni del suo ultimo pretendente, la sua dote chiede d'essere penetrata da un altro amante da strapazzo. Questa Puttana si fa chiamare Sicilia e da anni, da millenni, presta la sua prosperosa e fertile natura ai viandanti che la ammaliano con la retorica delle promesse e delle speranze. 
Nonostante la sua storia d'amore con Toto' sia finita in maniera tragica, dopo che lei tanto amore e tanta passione gli dedicò prestandosi anima e corpo alle voglie della di lui fantasia, Sicilia, prostituta di professione, non si tirò indietro nemmeno quando gli propinarono Raffaele. Nonostante fosse ancora sfondata, decise di abbandonarsi a questa sua nuova passione, fiduciosa che finalmente avrebbe concluso il lustro. Macché. Niente, neanche stavolta. Così fan tutti. Passano, se ne innamorano, lei, invaghita, ci casca e sono di nuovo lacrime e sangue. La girano, la rigirano, da dietro, sopra, sotto, davanti, di lato, a luci spente. Lei lo piglia, da brava professionista, ma agli ingrati clienti mai presenta il conto. Anzi, molte volte è lei stessa a doverci rimettere di tasca propria. Alcuni ringraziano e scappano via col bottino di piacere; altri restano e preparano il talamo nuziale per le prossime nozze. 
Anche stavolta sono arrivate in anticipo. Il 28 ottobre, tramite voti di scambio e favori, i figli da lei partoriti decideranno quale nuovo marito affibbiarle. Magicamente tornano a librarsi nell'aria gli odori della propaganda e delle promesse, una lista nozze lunga mille miglia fatta di tagli alle spese, tagli ai costi della politica, corretta gestione dei rifiuti, lavoro per tutti, turismo, prosperità, lasagne e cannelloni di ricotta. Tutti in nome del Puttanone, tutti in nome di Sicilia, affinché le sue cosce si aprano nella direzione giusta. Sono i soliti, vecchi e stereotipati volti delle promesse con la bugia stampata in fronte. Ma lei, Sicilia, si lascia sempre raggirare. "Posso cambiare" le dicono. "Dammi un'altra possibilità" le implorano. E lei, ingenua, abbocca, ancora una volta, donando il suo piacere. 
Da anni, come se non bastasse, molti dei suoi occasionali clienti le chiedono di prenderlo senza contraccettivi. Ne conseguono parti dolorosi che danno alla luce creature spaventose macchiate di vizi e immoralità. Ma cosa può farci lei, Sicilia. Sono pur sempre carne della sua carne e con pazienza li accudisce, crescendoli spietati e malvagi, correndo pure il rischio d'essere stuprata dalla sua stessa prole avvezza agli incesti familiari. 
Ma questo è il suo duro destino. La storia la volle Puttana, Puttana per sempre, e ancora tante volte le sue cosce s'apriranno, volgendosi alle ombre del primo membro che la violerà. Lei, bella e maledetta, lo prenderà, in silenzio, facendo buon viso a cattivo gioco. Ma quanto desidera, Sicilia, che il mare la porti via...
venerdì 19 ottobre 2012 6 commenti

Panta rei

Tirate buoi il vostro carro,
il tempo un unico solco
traccerà sulla terra
inconsapevole.

Inutile voltarsi
ma guarda e passa,
triste gioia rimembra
ciò che visse.

Di ricordi si nutrirà
un campo reso fertile
dall'esperienza del momento
che sfugge, inesorabile.

E l'istante dalla morte fugace
afferrerà in vita
quanto concepirà lo sguardo,
causa del passato.

Perché le acque del fiume
che scorrono pazienti
una ed una sola volta
accarezzano la via.

giovedì 4 ottobre 2012 12 commenti

Convivium

Case umili e basse, essenziali nello svolgere la loro modesta funzione di dimora. La notte stanca ed assopita s'adagiava fra i vicoli e i contorni della città tingendo di nero pece uomini e cose. Un'unghia di luna timida nel cielo sereno litigava con le stelle, ma la sua luce immatura e fioca rendeva impari la contesa, rimandandola a tempi migliori di plenilunio.
Fra le bastevoli sembianze delle abitazioni, un'imponente palazzo si stagliava alto oltre il sopore  della gente comune. La luce che spirava dalle finestre rompeva la quiete del buio contribuendo allo strano senso d'alienazione proprio di quell'edificio. Al suo interno, fra le grasse risate dei vizi, un pugno d'amici intorno ad una tavola imbandita si lasciavano andare alle frivolezze e ai piaceri della vita.
Un'ampia stanza, ben arredata e dal gusto barocco con volte ricamate d'estro creativo e mobili pregiati, accoglieva al suo interno un lungo tavolo sopra il quale ogni sorta di pietanza era prima un trionfo per gli occhi e poi una consacrazione per la gola: polli arrosto fumanti e profumati di spezie, costine di maiale in crosta di pistacchio, salse e sughi d'ogni tipo, polpettone prosciutto, mozzarella e piselli, strozzapreti affogati in crema di scampi, tagliatelle all'uovo con zucchine e gamberetti freschi, ostriche, astici, impepate di cozze, patate al forno dorate come pepite, champagne e vino rosso, rigorosamente servito da grosse anfore di ceramica.
Tutti quanti i commensali s'ingozzavano allegri e felici, mentre i loro sensi venivano eccitati dalle delicate carezze delle loro concubine. Un elemento bizzarro, giustificabile, accomunava tutti i partecipanti, concubine comprese. Erano tremendamente grassi. Grassi a dismisura, il collo incassato fra le spalle, il mento arrotolato su di sé, il ventre estremamente rigonfio e flaccido, indistinguibili i seni fra uomini e donne, le cosce rotonde straripanti dalle sedie come argilla molle, le dita tozze, simili a salsicciotti, afferravano avide il cibo in tavola infilandosi poi nelle boccucce bavose dalle quali tracimava di tanto in tanto qualche brandello di carne o pesce. Simili a grugniti le loro risate s'alzavano alte, sempre più soddisfatte, interrotte solamente dal tonfo sordo di alcune sedie che s'abbandonavano al peso di quella mole informe e viziata. Alcuni di loro, agli angoli della stanza, si spingevano oltre e univano in impasti raccapriccianti i propri sessi con quelli delle concubine. Sporchi di cibo, sudati e impuzzolentiti dal peccato rancido dei loro piaceri, se ne stavano lì, ridendo, mangiando, bevendo, rotolandosi per terra come porci sul vino che dalle anfore, per l'euforia, traboccava via.
Quelli fra loro che non s'erano ancora denudati, portavano scomposti giacca e cravatta. I segnaposto sul tavolo rivelavano i nomi dei commensali: Sicilia a capotavola, a destra Calabria, poco più avanti Campania, ancora dopo Lazio, a seguire Emilia, Veneto, Lombardia e tanti altri. Sicilia, Lombardia e Lazio, i più gravidi di vizio, erano stati i primi a cadere rovinosamente per terra poiché le loro sedie, ormai stanche, non ressero alle vessazioni di quella imponente mole.
Anche le altre sedie cigolavano minacciosamente, aspettando solo il momento propizio per andare in pezzi. 
Le grasse risate in ogni caso non cessavano e corsero nel vento della notte. 
Odiose e rivoltanti sfondavano le porte delle abitazioni limitrofe, disturbando la quiete degli umili cittadini. Usciti controvoglia dal sonno, uomini e donne aprivano lentamente gli occhi...
 
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