sabato 21 dicembre 2013 6 commenti

La storia del "sempre" e del "mai"...

"Sempre e mai" di giochi compagni, li conosci, ma tramano inganni. 
Al pover'uomo che di certezze vive invano, fra burla e risate ogni sicurezza caccian lontano. Accadde in un remoto villaggio, della Sicilia bel paesaggio, che un insignificante ragazzino, buono ma di destin privo, vittima dei loro scherzi restasse, rischiando a onor del vero che il senno lo abbandonasse. 
Soleva ripetersi con tanto ardore "mai sarò" o "mai potrò" sicuro del proprio futuro, mentre a sua insaputa ogni cosa modificava il suo spergiuro. E così, per ogni convinzione, passata la notte al suo risveglio in maniera opposta mutava la situazione, rendendo instabile la sua vita finché, dio non voglia, la si giudichi bella seppur finita.
Al contrario, quando le sue labbra prepotenti "sempre" conclamavano, le Moire divertite un nuovo filo subito intrecciavano, ricordandogli che per un futuro arrogante e mai partorito un presente ha le doglie ed un nuovo marito.
Urlava "mai sarò pecora di gregge!", e il giorno dopo belare divenne la sua sola legge.
Ripeteva "mai le mie carni verranno percosse!", e il giorno dopo per gli schiaffoni le sue gote divennero rosse.
Cambiava registro ma il risultato era sempre lo stesso, cercava pietà ma la realtà si trasformava sempre più spesso.
"Sarò per sempre un uomo onesto", e il giorno dopo rubava con far lesto.
"Sarò per sempre tuo amico", e il giorno dopo scopriva d'avere un nuovo nemico.
Poco prima che la ragione lo salutasse tuttavia, raggiunse la quiete d'animo evitando la pazzia.
Capì che "sempre e mai" non hanno potere finalmente, ma basta ammettere d'essere tutto e niente che ad ogni verità s'adatterà la nostra mente.
Non di ruoli siam fatti in questa pagliacciata, ma per autori sconosciuti mutiamo di facciata. E allora a che serve credere d'essere ciò che non siamo, aspettiamoci di tutto, se non altro distratti viviamo.

Bando alle ciance, era un discorso banale, adesso ne approfitto per augurarvi buon Natale.
Dimenticavo, se qualcuno benedice, vi auguro pure un anno felice...
mercoledì 4 dicembre 2013 7 commenti

04 dicembre

Una ventata di freddo gelido ha risvegliato certe anime assopite da un autunno timido e dal torpore dell'estate. A detta di molti, certi istinti vanno soffocati prima che possano annullare la differenza fra uomo e bestia. A giudicare dai fatti, certe ragioni non stringono abbastanza bene il cappio della virtù intorno ai propri peccati. Nonostante tutto, nell'errore si cela una perversa soddisfazione propria di chi, in equilibrio fra follia e senno, si sporge un attimo per osservare il baratro sotto ai propri piedi. Una vertigine, uno sporco e grosso scarafaggio che zampetta lentamente lungo la schiena mentre i suoi pelosi arti sfiorano la cute. Poi, fortunatamente, ci si sveglia e l'incubo agghindato da sogno svanisce, anche se l'anima diabolica di chi persevera facilmente tenderà all'errore, ancora una volta, e ancora, e ancora, finché sarà tardi per imparare quanto certe vite avevano da insegnarci.
Esistono altri rimpianti ben più subdoli dei soliti che derivano dall'angoscia d'aver fatto la scelta giusta secondo parametri oggettivi di giudizio, escludendo un ipotetico errore che in realtà avrebbe reso più gustosa la vita. Il beneficio del dubbio esteso ad ogni tipo di scelta, non necessariamente giusta o non necessariamente sbagliata, rende così infinite le varianti dell'esistenza che riuscire a conoscerle tutte è impossibile tanto quanto fermare il tempo dopo aver scelto, tornare indietro e riprovare la seconda variante, o la terza, o la quarta, e così via. Nel menù delle azioni e delle scelte le portate sono infinite, ma il nostro stomaco di dimensioni ridotte non può che ordinarne alcune ed escluderne delle altre, mentre ci si ostina a chiamare il ristorante "ricerca della felicità".
Fra "cosa sarebbe successo se" e "era meglio andare" o "era meglio tornare", la curiosità di vedersi cambiati in un contesto diverso da quello che abbiamo evidentemente stabilito ci rende deboli e insicuri, relegando volentieri al caso l'arduo dovere di cambiare i nostri destini. E non esiste parola più millantata di "destino" sul dizionario, tanto che andrebbe strappata via da ogni registro o libro, dimenticata e nascosta alle generazioni future, bandita in ogni angolo del pianeta, ovunque il suo veleno abbia intontito le menti, ovunque abbia incentivato la nascita di divinità e religioni che tutto ordinano e dispongono, esentandoci da ogni responsabilità.
Da "Umano, troppo umano" di Nietzsche:

"A chi vuol diventare saggio, arreca un notevole guadagno l'aver contemplato una volta, per un certo periodo, l'dea dell'uomo radicalmente malvagio e corrotto; tale idea è falsa, come pure il suo contrario; ma per interi periodi è stata l'idea dominante, e le sue radici si sono diramate fin dentro di noi e il nostro mondo. Chi alle cose non chiede molto di più se non di conoscerle, raggiunge facilmente la tranquillità d'animo e sbaglierà (o come dice il mondo, peccherà) tutt'al più per ignoranza, ma difficilmente per avidità. Egli non vorrà più condannare ed estirpare i desideri, ma la sua unica meta, quella che lo domina completamente. Inoltre si sarà liberato da una quantità di idee tormentose, e non proverà più nulla alle parole: pene infernali, peccaminosità, incapacità di fare il bene, nelle quali riconoscerà solo le ombre evanescenti di errate concezioni del mondo e della vita [...] Di solito non è dalla qualità delle esperienze vissute, ma dalla loro quantità, che dipende la maggiore o minore statura di un uomo, nel bene e nel male..."
lunedì 18 novembre 2013 10 commenti

Quant'è bella giovinezza...

Al grido di "chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza" anche noi abbiamo deciso di visitare Firenze, casa di Renzi e patria del Rinascimento italiano i cui concetti sono stati volutamente accostati per ossimoro a testimoniarne la lontananza non solo temporale ma anche culturale.
Il nostro viaggio è iniziato con 10 apprezzabilissimi minuti di ritardo sulla tabella di marcia dei treni i quali ci hanno permesso di recuperare gli altrettanti minuti di ritardo che avevamo sulla nostra, permettendoci di raggiungere Bologna sani e salvi. Da qui un modernissimo Frecciarossa ci ha catapultati fino alla stazione di Firenze mentre in cuor nostro tentavamo di ringraziare un cielo qualsiasi per non esserci imbattuti in imprevisti spiacevoli. 
Appena scesi riesce difficile non notare i bar e le pasticcerie dei dintorni i quali, avendo surclassato di netto per qualità ed odori uno stereotipato e unto McDonald's, ammaliano i viaggiatori come le sirene fecero con Ulisse. Solo una cosa di quelle gustosissime esposizioni e meraviglie mi rende triste: non poterle assaggiare tutte. Motivo per cui, alla fine, mi riempio gli occhi gustandoli tutti quanti piuttosto che tastarne uno e immaginare il sapore degli altri cento.
Dopo aver lasciato i bagagli in un hotel il cui unico vanto è quello di avere quanto meno un letto e due cuscini, iniziamo la nostra gita fuori porta fra le bellezze delle piazze principali. Imponente e gonfia d'orgoglio si staglia di fronte a noi la cupola del Brunelleschi. Affascinante, è vero, ma come non rivolgere un pensiero a tutti i poveri muratori che lavorarono per lui. Rattrista che la storia per comodità richiami l'autore dei disegni il quale viene consegnato alla gloria e al ricordo, mentre coloro che realmente si sporcano le mani di sangue e sudore vengono dimenticati. Si narra addirittura che gli stessi muratori fiorentini, esasperati dalle durissime condizioni di lavoro per le quali protestavano, vennero rimpiazzati da muratori lombardi, abituati alla fatica e docili da trattare, che se Angeletti, Bonanni e la Camusso si fossero trovati da quelle parti non oso immaginare i cortei.
Non riuscendo ad entrare in chiesa, essendo fuori orario, decidiamo di spostarci verso Piazza della Signoria. Ad osservare l'imponente Nettuno mi viene in mente, da buon critico d'arte quale sono, la vecchia pubblicità del "Lisomucil" contro la tosse grassa che da bambino mi capitava di vedere fra un cartone animato e l'altro. Caratteristico. David? Pure.
La batosta reale in termini d'arte rinascimentale e di cultura me la dà la Galleria degli Uffizi. Riconosco solo le opere di Botticelli, di Caravaggio e di Michelangelo, per non parlare di un Laoconte il cui ricordo era legato ad uno scarabocchio osé fatto sui serpenti. Realizzo che l'unico motivo giustificabile per non apprezzare l'arte è essere profondamente ignoranti ed è per questo che molte cose le ho osservate con gli occhi di un ciuco...
Archiviati gli Uffizi non possiamo che passare da Ponte Vecchio. Qui non servono i raggi del sole a illuminare la via ma bastano i gioielli dei maestri orafi che, custodi di un'arte preziosa quanto costosa, lasciano la bava alla bocca ai comuni mortali e rari souvenir ai russi miliardari. Io mi limito a chiedermi cosa ci sia di commestibile in un anello per cui debba costare così tanto...
Dopo l'immancabile rito della fiorentina al sangue posso anche andar via e un po' me ne vergogno perché se con la mente e l'intelligenza non ho colto le meraviglie italiane del rinascimento posso ben dire di aver apprezzato il magna magna del mio tempo. 
Un'ultima cosa prima di tornare a casa mi ha lasciato riflettere. Se per il treno di andata un fortuito ritardo ci ha permesso di essere puntuali, per il treno di ritorno gli stessi 10 minuti hanno rischiato di farci perdere la coincidenza e il cambio. Si è fortunati o sfortunati non per condizioni, ma secondo punti di vista e allora "chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza..."
martedì 12 novembre 2013 2 commenti

12 novembre

C'è un momento della giornata fatto di coperte, melissa e miele in cui a piccoli sorsi bevo via gli ultimi minuti del dì. Caldi e rassicuranti li deglutisco mentre si avvicina la mezzanotte, ascesa e discesa di discorsi, sorrisi e saluti mancati che quotidiani si susseguono.
Non rimpiango nulla poco prima di addormentarmi, di pigiama vestito e pieno di buoni propositi per il nuovo sole. Ripongo nei cassetti gli indumenti contaminati, pantaloni e maglie cucite sull'ipocrisia e sulla naturale incoerenza dei rapporti umani senza quiete, mentre le palpebre si fanno pesanti e implorano pietà. Solo i piedi restano freddi, sintomo di scheletri nell'armadio che tardano ad uscire e che da tempi remoti fanno salotto fra le grucce e i cappotti. 
Non chiedo altro. Mi basta semplicemente che le mie giornate termino tutte allo stesso modo, sia che attraversino burrasche o sereni sentieri di campagna, lascia che le saluti riposando le membra sotto le mie calde lenzuola. Abbracciami. 
So che condividiamo tutti la stessa luna nella stessa notte. Quando la guardi, anche con un solo occhio date le infelici circostanze, sappi che ti ho dedicato un pensiero.
E' solo questione di tempo prima che l'inconscio abbia il sopravvento ed inizi a proiettare gli istinti visti dalla mente e soffocati dal corpo. Lasciami viaggiare e ti assicuro di poter raggiungere spazi sconfinati dove è anche possibile che la realtà diventi così bella da prendere il posto dei sogni.
Lontano, in silenzio, pace quiete e incoscienza, poi tutto sembrerà perfetto.
Veglia il mio sopore, accarezzalo senza destare sospetti affinché gli dei non invidino la nostra serenità mentre i minuti e le ore sembreranno scorrere veloci come secondi e al prossimo battito di ciglia...
Hai spento la sveglia?
E' sorto un altro, noioso sole. Per fortuna.
martedì 22 ottobre 2013 4 commenti

Ido latrati

Nell'Italia dei miti e delle leggende fatta di tempi d'oro e nostalgie mentre col cuore stracolmo di gioia ci si ricorda delle cartellette di cartone e delle copie di Tex sotto i cuscini, qualche corpo putrefatto viene riesumato e prende vita vagabondando zoppo fra un sogno ed un altro.
Per carità, ad ognuno il suo, senza discriminare gusti e passioni. Può anche capitare che, nel turbinio psichedelico fatto di fan sfegatati e idoli da latrare, emergano personaggi insoliti i quali hanno come unico dono quello di saper cavalcare l'onda. Poi, che siano bambocci o scaltri galeotti il cui cognome risuona "Corona" fra le carte delle indagini, è relativo. Basta dargli spazio, anche poco, che sono abili a riprenderselo anche due volte più vasto. C'è la stima per "chi si è fatto da solo", magari ricattando per qualche foto, ma poco importa. C'è il biondino teenager che starnazza canzoni in lingua inglese ma che si merita un poster nell'armadio grazie al suo ciuffetto sbarazzino. Noi, rimanendo nel campo della musica, ci accontentiamo di Albano Carrisi e di Romina. Felicità, nonostante ci odiamo, famolo strano, è felicità. Ritroviamoci a Mosca anche se losca, è felicità. Felicità. Felicità. E' un bicchiere di vino (o il botteghino?) la felicità. Felicità.
Ma mentre in Russia si canta e si balla, da noi ritorna el pibe de bronzo. Sì, quella faccia tosta che ha fatto sognare il Napoli mentre il fisco italiano soffriva d'insonnia. 
Tuttavia c'è ancora a chi batte il corazon vedendolo a "Che tempo che fa" intervistato da Fazio. E lui, Maradona, cosa fa? In un gesto di conclamata eleganza alza il braccio non per promettere solennemente di restituire 40 milioni di euro, ma per mostrare ad Equitalia un ombrellazzo in segno d'affetto e riverenza. E' la mano de Dios, come la chiama lui, che se applicassimo ancora la lex talionis il suo Dios sarebbe monco. 
Facciamogli un applauso e mettiamoci una pietra sopra. In fondo sono fatti di carne anche loro e come tali vittime delle loro debolezze. Ido, latriamoli.
Ma sono i grandi uomini a fare le masse o sono le masse a fare grandi gli uomini?
mercoledì 16 ottobre 2013 4 commenti

Via con me

Via, via, vieni via di qui...
Mi dispiace tanto. Non me lo sarei mai aspettato, sembravi così sereno. Eppure ci lavori da una vita, com'è possibile. Non c'è richiesta, dicono. Non ci commissionano nulla, dicono. Ero indeterminato, evidentemente non abbastanza. Cosa pensi di fare adesso? Non ne ho idea, mi sto guardando in giro ma niente. Quanta amarezza, fortuna che non ho figli.
Via, via, neanche questo tempo grigio...
Aspetta, quelli li prendiamo al discount, costano molto meno, risparmiamo circa 20 centesimi per ogni confezione. Carta igienica, dunque, doppio velo, profumata, 12 rotoli, guarda quella, 16 rotoli e costa la metà. Ma si strappa! Tu devi pulirti delicatamente, se frizioni troppo si buca. Risparmiamo. Guarda, il riso è in offerta. Finito. Guarda, la pasta è in offerta. Finita. Succhi di frutta. Finiti, sono rimasti solo quelli da mezzo litro e costano più della benzina. Ma se la mattina sostituissimo i succhi di frutta con un bel bicchiere d'acqua fresca?
It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful, good luck my baby...
Mi hanno detto che mi avrebbero fatto sapere, poi non si sono più sentiti. Ho provato anche altrove, ma la paga non basta. Ho chiesto qualcosa in più e mi hanno riso in faccia. A te com'è andata? Alla fine ce l'ho fatta, ma niente diritti. Non posso aspettarmi altro, in nero, ancora una volta. Il mio lo chiamano "periodo di formazione". Il mio lo chiamano "stage". Perlomeno faccio qualcosa. Aspetta, ti ricordi di lui? E' nell'arma, un uomo importante. Magari riesce a trovarci un buco...
Chips, chips, chips, du du du du du, ci bum ci bum bum...
Certo, sarebbe bello mettere su famiglia. Avere una casa propria, sacrificando qualcosa magari, ma comprarla di sana pianta. Due figli, non troppi. Un maschietto ed una femminuccia, per non farci mancare nulla. Un giardino ed un cane, serenità e tanti giocattoli. O preferisci un gatto? Aspetta un attimo, quanto dobbiamo dare al padrone di casa per l'affitto?
Via, via, entra e fatti un bagno caldo, c’è un accappatoio azzurro, fuori piove un mondo freddo...
Ho capito, finalmente, di cosa ho realmente bisogno. Dammi un po' di calore, un pasto senza troppe spezie e un bel bicchiere di birra. Poi abbracciami sotto le coperte, domattina sorgerà sempre lo stesso sole per tutti. Fuggi dal caos e dal futuro, non pensarci e non costruirlo, è già abbastanza complicato restarsene ancorati al presente. Niente auto, sotto la pioggia pedalo e sogno di ritrovare la strada di casa...
giovedì 19 settembre 2013 8 commenti

Stereo Tipi

C'è il pagliaccio che cerca a tutti i costi di attirare l'attenzione su di sé perché non è mai stato preso sul serio in vita sua. C'è il vecchio libidinoso che non riesce proprio a staccarle gli occhi dalle natiche. C'è il buon samaritano che prega dio e non salta un padre nostro. C'è chi dona così tanti sorrisi da perderne di vista il significato. C'è chi confida così tanto nel proprio sedere da portarlo più in alto del proprio naso. C'è chi la vita la beve tutta d'un sorso, puzza di whisky e ha la voce rauca. C'è chi si guarda allo specchio e ammicca. C'è chi può permettersi una dieta. C'è chi riesce a mentire senza ridere o senza curarsi del fatto che ad una menzogna ne segue sempre un'altra, e un'altra, e un'altra, e un'altra ancora. C'è l'instancabile Peter Pan che è consapevole della sua idiozia, ma sciorina la storia del fanciullino per giustificare le proprie irresponsabilità. C'è chi si è fatto da solo, evidentemente sua madre è la Vergine Maria. C'è l'imprenditore di successo in giacca e cravatta che è l'idolo di ogni futuro. C'è il giovane diplomato che pensa di stringere il mondo fra le mani. C'è il giovane laureato che ha capito che tempo fa, fra le mani, stringeva una saponetta. C'è il vegetariano NoTav, Legalize, Peace & Love che non si lava da mesi perché la doccia è da capitalisti. C'è la ragazzina alla moda che veste solo Prada. C'è l'omone di poche parole timido come Winnie the Pooh, per gli amici "Bambi". C'è il duro tatuato e forato dalla testa ai piedi che ha bisogno di tanto affetto. C'è il palestrato di turno vittima dei propri ormoni e con il complesso di Adone. C'è l'ingegnere informatico fan di Star Trek che tenta di inquadrare il sedere di Lara Croft mentre gioca a Tomb Raider. C'è chi scrive libri, magari li pubblica e spera che qualcuno li legga e si ricordi di lui. C'è chi scrive poesie e gira con il cappottino e la sciarpetta in piena estate per mantenere vivi il suo spirito e la sua anima. C'è chi sbaglia il congiuntivo, ma ha un cuore più grande dello Zanichelli. C'è chi cerca gli alieni, perché non gli bastano gli uomini. Che chi studia l'oroscopo, c'è chi lo segue, ma entrambi non hanno capito che le stelle sono fin troppo alte per accorgersi di noi. C'è chi ostenta umiltà a tal punto da essere arrogante. C'è chi crede di essere il migliore, ma non lo dimostra per paura di perdere. C'è chi è il migliore, finché non ne nasce un altro più bravo di lui. C'è chi è di passaggio, ma a presto. C'è chi pensa di essere diverso ed è proprio in quel momento ad essere uguale a tutti gli altri.
Poi c'è la vita, che di fantasia non ne ha mai avuta...
martedì 27 agosto 2013 4 commenti

27 agosto

Scrissi più di un mese fa di una notte che precedeva di una settimana il mio ritorno a casa. 
Scrivo più di un mese dopo di una notte che precede di una settimana il mio ritorno alla non-casa.
Mi sono riempito lo stomaco e il cuore così tanto che questi pochi giorni basteranno, spero, a ricompensare le mancanze che verranno. 
Ti conosco e so già che mi aspetti al varco, nostalgia. Te ne vai in giro tronfia per le viscere e le cervella, piena dei ricordi di cui ti sei appena ingozzata, e me li vomiterai addosso, quando saprò di essere abbastanza lontano dai tempi felici. 
C'è chi ha paura di tornare dovendo poi andarsene. C'è chi ha paura di sognare dovendo poi svegliarsi. C'è chi ha paura di vivere sapendo che arriverà il giorno in cui non potrà fare altro che ricordare. E allora? Non sarebbe forse peggio ridursi ad essere freddi come pietre per non dover mai rimembrare vecchi sorrisi? Non sarebbe forse peggio rendere gelidi i propri cuori per il solo timore che si riscaldino di rado?
Ci sono e vanno via. Passano e ti accarezzano, fin quando non resterà solo qualche impolverato momento da custodire nel cuore e nell'anima, ridandogli vita quando ce ne sarà bisogno. Ma come faccio, non sono ancora partito e già mi piangono gli occhi. Non mi vedrà nessuno, forse lo leggerete, ma non mi vedrà nessuno.
Sospira. Riordino nella mia personalissima libreria dei ricordi le risate e le grigliate, i saluti e gli sguardi, i caffè e i pasticcini, le pizze e gli amori, la mia famiglia, la mia famiglia, la mia famiglia, la mia famiglia... Vi tirerò fuori da lì, come si fa col dizionario quando la vita ci coglie impreparati: cosa significa "le cose vanno male, mi mancate", mi ricordo di quel pomeriggio in campagna di zia... cosa significa "vorrei tanto essere a casa in questo momento", mi ricordo di quel pomeriggio a mare... cosa significa "sono stufo, vado via da qui", mi ricordo delle risate di quella sera... cosa significa "hai voglia di litigare? ti spacco la faccia", mi ricordo della serenità di quei giorni...
Sostituirò all'infimo ferro l'oro di gran valore, godendo delle mie felicità piuttosto che delle tristezze, non facendo caso al fatto che siano ormai passate, ma dando peso alla fortuna d'averle vissute. 
Ma che significato daremmo alle cose se sapessimo di non doverle mai perdere?
lunedì 12 agosto 2013 4 commenti

18 agosto

La felicità non ha occhi, né orecchie. Se la cerchi non la trovi, se la aspetti non arriva, se sei sicuro d'afferrarla ti sfugge, se la chiami non risponde. E' subdola, schiva, a tratti irrequieta, ma non dimenticare che da un momento all'altro possa possederti e concederti di sorridere.
Quanto veleno e quanto male, quanta bile acida e nauseante si è riversata nelle nostre viscere mentre credevo di ritrovare fra le mie mura solo serenità e pace.
Ma non mi lascerò condizionare. Non darò soddisfazione all'odio e alla pazzia di chi è su questa terra per disturbare la quiete altrui. 
Ho tanto desiderato vederli soffrire, bramando d'avere fra le mie mani le loro vite. Poi ho rivalutato la mia posizione considerando anche l'incolpevole ignoranza della loro natura che, mio malgrado, non possiede il senno e la ragione di chi sa discernere fra ciò che è giusto e ciò che è errato. 
Non c'è arma migliore dell'indifferenza, non c'è difficoltà che non sappia superare l'animo imperturbabile e freddo di chi non si lascia trasportare dai propri sentimenti. Basta permettere alla vita di scorrere lenta e placida, coltivando pazienza e dando modo alle cose di maturare finché non resteranno solo frutti saporiti e nutrienti da cogliere.
Nel frattempo, fra le offese e i veleni della gente, fra le parole dette a sproposito da neuroni che corrono dalle mutande verso la bocca e la cui testa non è certo sede di un cervello ma di sperma, fra i saluti mancati e gli sguardi indiscreti, non mi arrabbio, ma mi rassereno abbracciando mia madre e mio padre, sorridendo a mia sorella, guardando un paio di occhi azzurri, prendendo un caffè con gli Amici e tastando le mura, quelle vere, di casa mia...
Semplicemente dando valore alle poche cose che sono davvero importanti, perché sarebbe stupido concedere spazio a chi fa del male nelle vite che bramano solo benessere...
Non esiste giustizia, non occorre vendetta. Le nostre corse finiscono tutte quante al medesimo capolinea. Due categorie di persone si distingueranno fra i binari: coloro che in vita si sono circondati di alleati e di compagni moriranno felici, mentre l'amore prenderà per mano le loro anime e le accompagnerà verso il nulla. 
Gli altri, dissennati e irrequieti, periranno soli e inutili avendo vissuto in terra sterili e menagrami, mentre l'unico nulla che conosceranno sarà il bilancio della loro esistenza.
venerdì 19 luglio 2013 4 commenti

19 luglio

Questa stessa notte precede di una settimana la mia Itaca. Non la raggiungerò in barca, remando fra Scilla e Cariddi, ma in aereo, volando fra le nuvole. Non ho ancora smesso di contare i giorni o le ore che mi separano da casa nonostante io abbia capito a mie spese che contare imbarazza il tempo e lo indispone, rallentandolo. Basta lasciarlo fluire, placido, senza che nessuno lo disturbi mentre percorre la via.
Me ne resto qui, seduto nel giardino che ho ripulito con le mie mani e che tanto ha avuto da insegnarmi quando, con scure e falcetto, cacciai via dalla sua anima il caos che lo possedeva. Lui non sapeva ancora quanti sollazzi e quante pacifiche felicità avrebbe potuto donare alle genti che avrebbero banchettato sulla sua terra. Ma, come ogni soddisfazione, va cercata ed afferrata, prima che la noia la lasci fuggire via.
Ho capito che basta dare il giusto peso alle cose e non c'è bilancia migliore che quella tarata dalla nostra mente. Quanta zavorra occorre al tuo piatto per piegarsi sotto il fardello degli insulti? Quanto piombo occorre al tuo piatto per abbassarsi sotto il carico delle indecisioni? Quali sono le frivolezze di questa vita che rendono così disperata la tua condizione? Basta riderci su, finché non c'è morte che lo faccia al posto nostro niente è irreversibile. E' sottile ma inganna la differenza fra portar via e andar via.
Nel frattempo ho avuto modo di conoscere tanti alleati. Maestri più anziani di me che hanno bilanciato bene nel corso delle loro vite gli equilibri dei propri piatti. Checché se ne dica, mi hanno regalato perle da custodire nel cuore e nell'anima, alcune fatte di carta, impaginate e vendute, altre fatte di parole, dette e sentite. Mi lasciano crescere, danno valore alle mie esperienze e purtroppo sento di avere un'età fin troppo banale per poter ricambiare il loro favore. Sappiate bene che fra un sorriso e l'altro parlerò del vostro ricordo alla cara gente che merita le vostre preziose massime affinché, col cuore come ho fatto io, se le portino lungo la via.

«Ti avverto. Guarda ogni strada attentamente e deliberatamente. Mettila alla prova tutte le volte che lo ritieni necessario. Quindi poni a te stesso, e a te stesso soltanto, una domanda. Questa è una domanda posta solo da un uomo molto vecchio. Il mio benefattore me l'ha detta una volta quando ero giovane, e il mio sangue era troppo vigoroso perché la comprendessi. Ora la comprendo. Ti dirò che cosa è: "Questa strada ha un cuore?" Tutte le strade sono uguali; non portano da alcuna parte. Sono strade che passano attraverso la boscaglia o che vanno nella boscaglia. Nella mia vita posso dire di aver percorso strade lunghe, molto lunghe, ma io non sono da nessuna parte. La domanda del mio benefattore ha adesso un significato."Questa strada ha un cuore? Se lo ha la strada è buona. Se non lo ha non serve a niente. Entrambe le strade non portano da alcuna parte, ma una ha un cuore e l'altra no. Una porta un viaggio lieto; finché la segui sei una sola cosa con essa. L'altra ti farà maledire la tua vita. Una ti rende forte; l'altra ti indebolisce.»

E' tardi, ancora una volta, o è sempre stato fin troppo presto affinché io possa capirlo in tempo, prima che sia troppo tardi. O non è il tardi a rendersi tardi, ma è sempre troppo presto che poi quando è tardi lo capiamo dopo. Notte. Aspettami, sto per venire ad abbracciarti...


mercoledì 3 luglio 2013 0 commenti

"Segui il sentiero dorato!"

I tempi d'oro del Kansas erano passati da tempo e tu lo sai bene, cara Dorothy, mentre col tricolore in spalla ti dimeni fra le magie e le fantasie dei tuoi sogni. "Segui il sentiero dorato!" ti dissero i Magnamagna del villaggio, mentre tu, scarpette rosse ai piedi, ancora non realizzi o non capisci con che razza di birbanti il destino ti unì. Ma la fiducia fu più forte del tuo scetticismo e ti incamminasti verso la città di Smeraldo con la speranza di incontrare il mago (prega) diOz che ti trovi un lavoro.
Non avevi ben fatto i conti con il fato che tutto dispone e ripone, cara Dorothy. Il sentiero dorato verso l'impiego non solo si rivelò particolarmente lungo, ma molte furono le avventure, gradite e non, che si presentarono al tuo cospetto.
Incontrasti lo Spaventapassere, basso e rifatto, impagliato come un fantoccio, malato di figa e con la passione per il bunga-bunga. Chiedeva solo un cervello, in fondo, povero figlio, perché mai la sua calotta cranica ne vide uno. E quante cose avrebbe potuto farci con un cervello, quanti pensieri, quante intuizioni, quante idee avrebbe prodotto. Ma lo Spaventapassere non lo aveva, quel cervello, e ti chiese, Dorothy dal tricolore in spalla, di poter venire con te dal mago affinché esaudisse il suo desiderio. Accettasti di buon grado, pensando che uno spaventapassere senza cervello fosse innocuo...
Incontrasti l'uomo di Letta, senza un cuore, piatto d'animo e con la stessa vitalità di un cactus in pieno deserto, rigido e impalato come l'albero della cuccagna. Quante cose avrebbe potuto farci con un cuore, ti disse; avrebbe potuto guidare un governo fatto di larghe intese, avrebbe potuto risolvere il problema degli esodati, avrebbe potuto impedire e non rimandare l'aumento dell'IVA, avrebbe potuto non fare un decreto del fare. Ma l'uomo di Letta non lo aveva, quel cuore, e ti chiese, Dorothy dal tricolore in spalla, di poter venire dal mago insieme a te. Accettasti di buon grado...
Incontrasti Napolione, povero, grande e grosso re della savana senza l'elemento che più d'ogni altro contraddistingue gli animali della sua razza: il coraggio. Quante cose avrebbe potuto fare se solo l'avesse avuto. Avrebbe potuto bloccare leggi ad personam, avrebbe potuto impedire scandali e vergogne, avrebbe potuto prendere in mano le redini del tuo futuro, Dorothy. Ma Napolione non lo aveva, quel coraggio, e ti chiese, Dorothy dal tricolore in spalla, di poter venire dal mago insieme a te. Accettasti, ancora una volta...
E con la loro compagnia sei adesso costretta a dividere il tuo tempo e il tuo denaro, Dorothy dal tricolore in spalla, mentre qualcosa dentro di te suggerisce al tuo cuore di sbarazzarti di loro, uomo di Letta, Spaventapassere e Napolione, perché dovranno prima o poi tornare i tempi del Kansas, i tempi dell'oro e del benessere, senza che tu senta ancora una volta il bisogno di sognarli...
giovedì 13 giugno 2013 4 commenti

13 giugno

Capo chino e con la testa fra le mani, seduto su di un nuovo materasso, duro e tutto da scoprire, per due persone. Era novembre. 
Supino e con le mani incrociate dietro la testa, sdraiato su di un materasso che adesso conosco, morbido, per due persone e un gatto. E' giugno.
Non c'è figlio più nobile dell'esperienza quando il tempo inizia a procreare mesi da settimane, settimane da giorni, giorni da ore ed ore da minuti. Ho imparato a conoscere aspetti della mia solitudine che non credevo potessero mai albergare fra le pieghe del mio carattere. Adesso posso dirlo: non c'è stato modo migliore per stanarli che estirpare le vecchie radici dell'abitudine. 
Non puoi lavorarci sul ferro, quando freddo di monotonia s'irrigidisce per farsi forma, finita. Battilo, quando incandescente si deforma e si plasma per mano della volontà in costante divenire, infinita. Immergilo in vasche sempre nuove, per ricordargli che non tutte le acque sono bagnate allo stesso modo. Battilo, ancora una volta, caldo, sull'incudine irremovibile e dura, che ammaestra e insegna.
Io, da giovane fil di ferro quale sono, ho imparato ad avere paura dei temporali subito dopo aver fatto il bucato. Ho imparato a pulire via il mio piscio dal water dopo aver preso male le misure. Ho imparato che a piatto sporco corrisponde il medesimo pulito. Ho imparato che "lontano dagli occhi, lontano dal cuore" è una regola che vale per coloro che non hanno mai visto né l'una né l'altra parte di te pur avendoti avuto vicino. Ho imparato che dovremmo sempre sentire la mancanza delle cose che già possediamo, per apprezzarle fino in fondo, piuttosto che essere passivi e dare per scontato che tutto ci sia dovuto e che mai possa esserci sottratto. 
E battilo ancora tante e tante volte quel ferro sull'incudine. Non ho l'arrogante speranza di sognare un'esperienza così alta e completa da poter dire d'aver conosciuto i mille volti della vita, ma non c'è bagaglio di conoscenze che non possa essere riempito da un semplice, tuttavia nuovo, sole. 
Datemi tempo, ancora una volta, e riuscirò pure a capire perché a calzino pari infilato in lavatrice corrisponde sempre calzino dispari...
martedì 4 giugno 2013 9 commenti

In Coscienza

Ho aspettato più di due anni per poter scrivere questo post. All'inizio inconsapevole, poi, da un po' di tempo a questa parte, ho avuto pazienza sapendo che qualcos'altro bolliva in pentola e bastava semplicemente che fosse cotto a puntino prima di servirlo. Adesso, dopo l'esperienza di Insonnia, ho autopubblicato il mio secondo libro: In Coscienza.
Anche stavolta, mosso da mero spirito di condivisione, vi posto il link dal quale potrete scaricare il .pdf in maniera totalmente gratuita. Non troverete nulla, nulla, niente di niente che sia mio e che non possiate avere senza spendere un euro. Il cartaceo è un mio capriccio, il .pdf è un vostro diritto. Basta veramente poco per rendermi felice: leggetemi. Leggetemi e poi ditemi che l'avete fatto, che mi avete dedicato del tempo, che lo avete maledetto o benedetto, ma dedicatemi del tempo, il resto è relativamente importante...

Cliccate sulla copertina per avviare il download
Da qui è possibile acquistare il cartaceo: http://www.lulu.com/shop/pierpaolo-pirruccio/in-coscienza/paperback/product-21039009.html

Non credo di dover aggiungere nient'altro, ho già scritto abbastanza fra le pagine di In Coscienza.  

E' tuttavia d'obbligo, prima di chiudere il post, ringraziare colei che, oltre a stravolgermi la vita nel migliore dei modi possibili, ha anche disegnato la meravigliosa copertina del libro. 

Mi auguro solo di essere sempre all'altezza dell'amore che meritate tu, papà, mamma e mia sorella...

venerdì 17 maggio 2013 4 commenti

In principio fu il caos, dopo pure...

Non riusciamo proprio a fare la differenza fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Se è dunque questo il bello del mondo il quale dice di essere vario, avrei preferito che fossimo stati tutti quanti stampati con lo stesso marchio di fabbrica. C'è sempre qualcuno che la pensa in maniera diversa. Non che io critichi la sacrosanta libertà d'espressione propria di qualsiasi individuo in grado d'intendere e di volere (o forse si?), ma è proprio impossibile schierarsi con coloro che sventolano ancora le bandiere del Pdl. Non capisco. E i militanti di quella destra camuffata di Imu e perbenismo continuano a portare alto lo scettro del proprio padrone. Hanno preso 9 922 850 voti su 35 271 541. E voglio essere preciso, ho chiesto a Google e a Wikipedia, perché mi piacerebbe guardare in faccia tutti coloro che hanno segnato Pdl, vorrei proprio guardarli in faccia e sputargli in un occhio. Non prendiamoci ancora in giro. Ognuno è pur sempre libero di pensarla come vuole, ma se mi rubano in casa e beccano il ladro non voto a favore della sua assoluzione. Chi starebbe mai dalla parte dello scippatore? Chi potrebbe mai testimoniare per salvarlo dalla galera se è già stato palesemente beccato con le mani nella marmellata? Non si tratta ancora una volta di democrazia (maledetta democrazia che ci rende a tal punto liberi da scegliere ciò che è sbagliato), si tratta di avere un minimo, non tanto, un minimo di senso della realtà. Però continuano tutti, imperterriti, i suoi scagnozzi e altri 9 922 850, a difenderlo a spada tratta. E se non basta gli dedicano pure una prima serata su Canale5, la guerra dei vent'anni, Ruby ultimo atto, la più lunga e mediatica (pet)orationem pro Silvio della storia. Però non c'è conflitto d'interessi, le TV non sono mica sue. 
Poi nasce anche il governo. Impastano l'impossibile, come se la Parodi mischiasse carbonara e pasta con le sarde. C'è da dire, tuttavia, che hanno finalmente portato a nozze decenni di scopate sotto le coperte fra destra e sinistra, mentre la nazione inetta e istupidita si divide ancora fra tessere di partito e manifestazioni, divisa fra tessere di partito e manifestazioni, divisa fra tessere di partito e manifestazioni, divisa fra tessere di partito e manifestazioni, non riuscendo più a fare la differenza fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, condividendo a prescindere ciò che confluisce nel partito.
Piazzano l'impossibile nell'impensabile. Ma basta accontentare tutti. Formigoni, rinviato a giudizio, lo piantano all'agricoltura. Non con zappe e vanghe, ma alla commissione.
Piazzano la Biancofiore alle Pari opportunità. Poi si accorgono delle stronzate che qualche mese prima gli sono uscite dalla bocca e, semplicemente, la spostano alla Pubblica amministrazione e alla semplificazione... Lei, semplificazione, quest'elemento qui:


Alla semplificazione, quest'elemento qui:



Il cornetto al bar. Certo.
Poi ci sono i 5Stelle. C'è Grillo che la tira per le lunghe con la diaria. Chi se li tiene, chi non li tiene, chi li spende, chi si fa i fatti propri, mentre qualcuno aspetta ancora l'apriscatole con cui i grillini avrebbero dovuto scoperchiare Montecitorio.
Nel frattempo, in mezzo al caos, c'è chi lavora in nero, chi si da' fuoco, esodati, cassa integrazione, disoccupati, giovani cervelli in fuga e vecchi bacucchi in rientro. Ma questa è un'altra storia...




lunedì 13 maggio 2013 4 commenti

Orgoglio e pregiudizio



Ok, non chiedetemi cosa ho cercato su google per trovare questo giochetto perché non ve lo dirò. Vorrei comunque rassicurare la mia ragazza e dirle che tutte le volte in cui è uscita fuori una tetta o un culo mi sono girato dall'altra parte. Sul serio.

A parte questo, quante ne avete indovinate voi? Ammetto di aver sbagliato qualcosina, ma ho cercato di lavorare d'intuito. Effettivamente alcune volte l'ascella del bambino a fine test mi ha confuso un po', però diciamo che me la sono cavata. Ho giocato d'intuito, ripeto, ho giocato d'intuito, come chiunque di voi suppongo.
Purtroppo è evidente che, non sapendo distinguere bene tramite lo scorcio di figura di cosa realmente si trattasse, siamo costretti a rispondere giudicando prima ancora di poter conoscere. L'ignoranza gioca d'anticipo e l'unico modo per aggirare l'ostacolo è il PREGIUDIZIO. Letteralmente da etimo.it

"pregiudizio e pregiudicio = lat. PRAE JUDICIUM giudizio antecedente ed anche giudizio anticipato composto di PRAE avanti JUDICIUM giudizio. Falsa opinione precedente dal giudicare prima di conoscere bene la cosa; quindi il danno che ne deriva".

Falsa opinione precedente dal giudicare prima di conoscere bene la cosa. E' un sedere, o forse un seno, o magari no, aspetta, sì, è un sedere. No, era un seno. Ma quante volte avete fatto centro?
Nonostante il termine "pregiudizio" abbia preso un'accezione fortemente negativa, è innegabile che le nostre vite e le nostre scelte siano condizionate, per la maggior parte dei casi dato che è più facile ignorare che conoscere, da valutazioni antecedenti la reale cognizione dei fatti e delle cose. 
Distinguo due differenti tipi di pregiudizio. Un pregiudizio sociale che si consolida sulla base delle esperienze di elementi di uno stesso gruppo nei confronti di un altro secondo cui, a causa dei comportamenti stereotipati di una delle due fazioni, siamo tentati a credere che nel tempo perduri la medesima impostazione di idee o di azioni.
Ad esempio: se secondo pregiudizio una donna al volante è un pericolo costante, circa il 90% degli uomini che vedranno sbagliare un parcheggio ad una donna penserà che tale mancanza sia dovuta alla regola secondo cui ogni donna al volante è realmente un pericolo costante (non abbiamo modo di conoscere il parere del restante 10% poiché parte del campione è stato investito durante la fase di manovra). 
Diversamente verrà giudicato l'errore di un uomo o una semplice distrazione impedendo che l'evento possa essere inserito in un contesto pregiudizievole o che implichi un comune sentire ormai consolidato.
L'altra natura del pregiudizio affonda le sue radici nell'esperienza, quella diretta e che ognuno di noi tasta nel corso della propria vita. Sotto un certo punto di vista è l'aspetto più nobile del pregiudizio che, come un sesto senso, ci guida verso la scelta più conveniente escludendo quanto, in passato, ha già deluso le nostre aspettative. 
Questo non significa che non esista alcun margine d'errore. In ogni pregiudizio, infatti, è insita la condizione secondo cui si ignorano i fatti ed ogni scelta che ne deriva, per quanto possa essere condizionata da elementi fondati nel passato, può essere priva di concretezza nell'immediato presente e sovvertire così ogni presunta certezza.
Se trovaste un autostoppista in mezzo alla carreggiata, vi fermereste?
Se veniste ripetutamente raggirati da un mercante, rischiereste di dare la vostra fiducia ancora una volta ad uno di loro? Nel primo caso il pregiudizio sociale secondo cui non è bene trascinarsi un autostoppista in macchina guiderebbe la vostra scelta.
Nel secondo caso il pregiudizio dettato dall'esperienza vi allontanerebbe da una probabile, ma non scontata, presa per i fondelli. 
Si chiama ancora una volta pregiudizio, è vero, ed è ancora una volta dettato dall'ignoranza, ma in quante occasioni nel corso delle vostre vite, anche inconsapevolmente, ha operato modificando il percorso delle vostre decisioni?
Io non allontano il pregiudizio, anzi, lo ammetto. Solo gli ipocriti dicono di non avere pregiudizi, solo gli sciocchi credono di poterli evitare. 
Quella di formulare un'ipotesi prima ancora che ne venga verificata la veridicità è una condizione necessaria del nostro pensiero. E' il fondamento di ogni scienza ed è antecedente ad ogni azione. Valutare è pregiudizio. Scegliere è il suo primogenito. Sbagliare è conoscenza.
Poi c'è ancora chi discute di pregiudizi sulla religione, sul colore della pelle o sugli orientamenti sessuali. Non esiste maniera più blanda per screditare un concetto vecchio quanto la notte dei tempi con il perbenismo falso e bugiardo dei giorni nostri...

"Si lusingava di essere un uomo privo di pregiudizi; e questa pretesa è di per sé un grande pregiudizio."
venerdì 3 maggio 2013 4 commenti

Occhi di gatto

Passo felpato e indifferente, mentre la mia vita scorre placida fra letto e lettiera. Lasciami dormire. Un tetto ed un pasto caldo, fusa a tradimento e occhi chiusi. Io vivo secondo natura. 
Qui da noi uomini è nato il governo e l'hanno impastato bene. Ha la stessa malta di marzapane che ha ucciso 150 persone su 308 durante il terremoto dell'Aquila. Hanno messo tutti d'accordo, teatro dei pupi e commedia all'italiana. Spaghetti e pomodoro, dicono, mentre apparecchiano la tavola e ricominciano a mangiare. Nel frattempo c'è chi perde il senno e spara, nel frattempo c'è chi fa il proprio lavoro e rischia la vita. Ma loro apparecchiano. Vuoi dirmi, per favore, con quale futuro realizzerò i miei sogni?
Passo felpato e indifferente, mentre la mia vita scorre placida fra letto e lettiera. Lasciami dormire. Sono problemi tuoi, io vivo d'essenziale. Fammi uscire, voglio riempirmi i polmoni d'aria fresca.
Qui da noi uomini si ribaltano i regimi. In Siria si muore, la primavera araba è finita, saltiamo l'estate e aspettiamo direttamente l'inverno. Qui da noi uomini minacciamo gli USA con i missili. Qui da noi uomini piazziamo bombe durante le maratone e ci divertiamo a farci saltare in aria dentro le chiese. Noi uomini andremo in paradiso. Allah è grande. Qui da noi uomini voliamo con gli F-35.
Passo felpato e indifferente, mentre la mia vita scorre placida fra letto e lettiera. Lasciami dormire. Mi hai comprato le scatolette tonno e salmone? Lasciamene una nella scodella.
Qui da noi uomini lo spread sale o scende e i tassi d'interesse crescono o decrescono. Qui da noi uomini si rischia in borsa o la si ruba. Abbiamo anche le lotterie di Stato e le slot machine, le partite truccate e la Sisal, giochiamo a poker e vendiamo mogli e figli. Noi uomini abbiamo la crisi e i subprime, abbiamo i derivati tossici e la Monte Paschi. Qui da noi uomini la carta si baratta con la felicità.
Passo felpato e indifferente, mentre la mia vita scorre placida fra letto e lettiera. Lasciami dormire. Quel gomitolo, mi fa impazzire, giochiamo ti prego, mi si rallegra il cuore, è divertentissimo.
Qui da noi uomini si costruiscono palazzi e grattacieli. Progettiamo, immaginiamo, creiamo. Abbiamo larghe strade che compensano strette vedute. Qui da noi uomini le parole si sprecano ma i silenzi scarseggiano. Qui da noi uomini il sesso si paga, ma l'amore ci sfugge. Qui da noi uomini Borghezio è un Eurodeputato.
Passo felpato e indifferente, mentre la mia vita scorre placida fra letto e lettiera. Lasciami dormire. Spero per te che al prossimo giro di giostra sarai un gatto domestico...
giovedì 11 aprile 2013 12 commenti

10 aprile

Mi hanno portato i sapori, gli odori e gli affetti della mia terra. Le mie radici la conoscono bene, un'argilla tanto dura quanto arida di sogni e speranze, ma sempre cara al mio cuore che mai se ne dimenticherà. Dammi tempo, tornerò. Maledetti per l'eternità tutti coloro che vanno via e ti rinnegano, vecchia terra; maledetti per l'eternità tutti quei figli che vissero per 9 mesi nei grembi delle proprie madri e appena nati li disprezzarono. Niente mi tratterrà lontano abbastanza da sentire la nostalgia graffiarmi l'animo, incatenato, strappato via per mano di una sorte che si maschera di fortuna malcelata, mentre il cuor si stringe. Dammi tempo, tornerò. Innamorato, per sempre, ma ho un amore ancor più forte dell'amante e vivo, fra due fuochi che mai smetteranno di ardere. 
Mi hanno portato i sapori, gli odori e gli affetti della mia terra. Li ho visti ripartire, con il sole in valigia e le lacrime agli occhi, mentre in silenzio digerivo, facendo mie le grandi felicità che mi erano state donate. E ricorderò sempre, annullando le distanze, le serenità di quei giorni, iniettandomi la vita nelle vene. Non c'è niente che non sia utile all'esperienza. Sto cercando di imparare a gioire dei problemi e delle delusioni che ammaestrano le virtù, piuttosto che abituarmi all'indifferenza di chi preferisce le soluzioni. Non c'è nient'altro che possa uccidere un uomo meglio dell'abitudine. Assassina ingrata e ammaliante sirena, ladra silenziosa di progresso e creatività, serpe il cui morso paralizza. Non c'è abitudine che non sfoci in noia, non c'è noia che non rallenti il fluire libero ed impetuoso di qualsiasi corso d'acqua. Senza pietà l'ho assaporata l'abitudine, l'ho sentita la noia, e annullano passioni, desideri, istinti, appetito ed affetti. E la vita si appiattisce, perché di nient'altro vuol essere fatta che di certezze, e le certezze di nient'altro sono fatte che di noia. E allora si riparte, da una mancanza per cercare la pienezza, che riporterà alla noia, che riporterà alla mancanza, che sarà pienezza che nient'altro farà se non piantare il seme della noia, e così per sempre, senza mai appagarsi. Ma non c'è male migliore per l'umanità che tende verso l'alto: la continua e incessante ricerca di se stessa. Dammi tempo, tornerò.
venerdì 22 marzo 2013 2 commenti

Buoni e anche cattivi

Accadde che dopo tante ingiustizie, dopo centinaia di anni trascorsi nella più totale anarchia d'ideali e comportamenti, un gruppo di scienziati si riunì per porre fine alle sofferenze di un mondo popolato da buoni e cattivi. Nonostante gli uomini che vivevano secondo virtù e saggezza fossero molti di più degli scellerati, pochi maligni furono capaci di rompere gli equilibri dettati dalla natura e dal buon senso. L'ecosistema lo chiese, il quieto vivere lo impose. Tutte quelle piccole, insignificanti metastasi dovevano essere estirpate via.
Presero parte al progetto le menti più brillanti del globo, richiamate da ogni angolo del sapere, geni della genetica, sociologi, medici, psicologi, psichiatri, psicopatici, fisici, chimici, alchimici e tanti altri ancora.
Si chiusero in un'ampia e sterile stanza, pareti bianche, priva di mobilia. Non dormirono, non mangiarono, andarono avanti senza sosta trattenendo finanche i loro più fisiologici bisogni pur di fare solamente una cosa: pensare, pensare a come creare la razza perfetta, buona, benigna, antidoto contro il male provocato dai maligni uomini del pianeta.
Giocarono con le abitudini e con i sentimenti, con le passioni e con le voglie, con gli umori e con le pazzie, con i desideri e con le paure, le mischiarono, ne scartarono alcune, ne accettarono altre. Furono mille colori, fra arcobaleni e raggi di luna, mentre i calcoli rimbalzavano fra le pareti e le idee correvano all'impazzata per la stanza. 
Perseverarono a lungo, fino a che le loro sofferenze non vennero ripagate da un miracolo, il frutto di tutte quelle infinite combinazioni: l'essere perfetto, il Buono per eccellenza incarnazione del Bene. Ne fecero due ovviamente, uomo e donna, gettandoli nella giungla della società imperfetta e corrotta.
Le capacità intellettive e le abilità degli esseri perfetti si distinsero nel male comune. Nel corso dei secoli saggezza e virtù si fecero strada fra incoscienza e pazzia, soppiantando lentamente la specie inferiore.
Iniziarono a sparire leggi e regolamenti, le più antiche e tipiche forme di gestione delle libertà umane. Sparirono gli avvocati, poiché nulla più si discusse. Sparirono le forze dell'ordine, poiché nulla più si disordinò. Sparirono le gomme, poiché le matite nulla più sbagliarono. Sparirono le soluzioni, poiché nessuno più ebbe problemi. Sparì il progresso, poiché nulla più ebbe motivo di regredire. Fu la fine dei tempi, poiché nulla più ebbe motivo d'essere raccontato.
E nel momento decisivo in cui anche l'ultimo, comune e mortale male fu estirpato, tutto visse secondo ragione, nella più irreale calma piatta. Fu come impedire alla notte di sostituirsi al sole, mentre il Bene imperversava e il Male divenne un caro, vecchio ricordo...
mercoledì 13 marzo 2013 4 commenti

13 marzo

Gonfi e grigi nuvoloni di tempesta all'orizzonte. Lentamente spazzano il ciel sereno che bugiardo rallegrava la solitudine. Qualche maschera è caduta, malcelava sorrisi e convenevoli di scarsa qualità, mentre i fili dell'opera dei pupi inscenavano legami d'amicizie pronte ad accoltellare chiunque avesse creduto alle loro moine. Un demonio ha fiutato il tranello, osservando in silenzio le trame tortuose intessute da una Penelope da quattro soldi, mentre i Proci, avidi di potere e di denari, macchiavano le loro anime con l'orrendo delitto del tradimento. Ma è bene ricordare che, per scoprire secondo logica certe malignità, occorre un demonio ancor più scaltro del primo che si è ormai lasciato incastrare. E così, diavolo dopo diavolo, ogni gregge avrà sempre il suo pastore armato di randello e una buona pecora sa che non può fidarsi di nessuno, in fondo, perché un pastore non segue nessun'altra via che quella verso il suo recinto. 
Nel frattempo ho ripercorso le tappe che anche io, pecora, ho seguito per arrivare fin qui. Metro dopo metro, centimetro dopo centimetro, alcune volte senza realizzare d'aver compiuto un passo, sbaglio dopo sbaglio, scelta, consapevole o no, fra odio e amore, dopo un buco nell'acqua e un altro nel fondo dell'anima. Tante le vie possibili da seguire, ma non sono mai stato così felice d'aver preso delle strade così errate da permettermi d'avere un capolinea adesso giusto, che magari è semplicemente una sosta verso un capolinea domani ingiusto. Niente accade per caso, ne sono certo, mentre si dice che il minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo.
Le nuvole stanno lentamente andando via. La primavera è alle porte, ma quando arriva vuoi l'estate, se passa desideri l'autunno e quando le foglie cadono aspetti la neve. Va tutto bene, ma dovrei trovare il coraggio di accontentarmi delle mie fortune che lamentarmi della sorte avversa, di gran lunga più insignificante, che può rendere grande chi sa di poter avere di più da se stesso, ma qualsiasi bolla, anche la più ben fatta, se gonfiata con superbia esplode svanendo nel nulla. E non c'è niente di peggio, per chi muore nella grandezza, che rimembrare gli austeri ma felici tempi di quando non era nient'altro che un semplice granello di sabbia.
Aspettami.
mercoledì 27 febbraio 2013 9 commenti

Libera tutti!

Salto o non salto? Salto o non salto? Salto. Prendo la rincorsa e... aspetta. E se non ce la faccio? Ci riprovo... un, due... rincorsa e... non salto. Siamo eternamente indecisi. Sempre. Non c'è mai nessuno che ci rassicuri a dovere. Il baratro a pochi passi, torniamo indietro, siamo pronti a volare via spinti da un'insolita fiducia che ci dà coraggio, ma poi, inspiegabilmente, tutto s'infiamma e si disperde nel fumo dell'indecisione. 
Votiamo tutti e non votiamo nessuno. Alla fine ognuno ha portato a casa il proprio risultato. Pareggiano le coalizioni, ma perde l'Italia. L'Italia. Non funziona mai niente, questa è l'Italia, l'Italia va a rotoli, ahi serva Italia di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello. Ci riempiamo la bocca con le citazioni dei Grandi della storia. Ci riempiamo la bocca con le canzoni di Gaber e di De André.  Abbiamo fatto l'Italia, ora dobbiamo fare gli italiani. Il problema sta proprio lì. Hanno fatto l'Italia, storia di confini e di geografie, si sono dimenticati di fare noi che, per caso, ci troviamo fra la Valle d'Aosta e la Sicilia. Mi chiedo cosa siamo o chi siamo. Siamo quelli che sparano a zero sulla classe politica e votano "populismo, urla e bugie". Siamo capaci di riempirci d'orgoglio quando Maradona torna a Napoli, non per pagare 40 milioni al fisco, ma per un caffè. Ah che bell''o cafè, pure in carcere 'o sanno fà. Ma liberatelo Corona, liberatelo e arrestate i veri delinquenti, se ho tempo voto pure Berlusconi. Di nuovo. E le olgettine, Ruby, concussione, "lei viene?", Mubarak, Mediaset, Mondadori, culona inchiavabile, i sondaggi, Papi. Abbiamo già dimenticato tutto? Bersani? E il Monte Paschi? E Penati? E Errani? 
Vogliamo parlare dei mercati? Ma quanto ci costano le nostre indecisioni? Ma quanti sono quelli che ancora "non vogliono sapere nulla di finanza"? Ma quanti ce n'è che non credono nei mercati o che non credono allo spread? Ma vi aspettate di prendere la Bastiglia? Non possiamo che spianarci la strada. Ci stiamo spianando la strada verso la Grecia, e qualcuno sta pure scommettendo che accada, giocando con il nostro capo e aspettando che la ghigliottina ce lo squarci via. 
Ma noi siamo scalmanati. Siamo ingovernabili. Facciamo sempre quello che vogliamo, siamo poeti e spiriti liberi, noi. Ci mancano Gaber e De André, vogliamo Dario Fo al quirinale e citiamo Dante su Facebook. Poi votiamo Berlusconi, ma magari "bocca di Rosa" era dedicata a Ruby.
Votiamo tutti e non votiamo nessuno. Ancora una volta, tutto da rifare, sempre, peggio. Nel frattempo rimaniamo nostalgici, legati agli errori del passato, capaci di commetterli ancora una volta, ma sempre nascosti dietro classicismo e buone intenzioni. E' solo questione di tempo. Rovineremo tutto quanto, ma non possiamo non dire che non ce lo meritavamo. Tutti.
lunedì 11 febbraio 2013 2 commenti

La gabbia nel gatto

Non vorrei sembrare ridicolo snocciolando riflessioni che come punto di partenza hanno la banalità. Tuttavia ritengo di poter contare su conclusioni un po' più interessanti e per questo credo che valga la pena scriverle entrambi.
Ultimamente mi diverto ad osservare il mio gatto. Sono quasi passate due settimane dal suo ingresso in casa. L'ho preso sterilizzato, 4 anni, licenza media e abituato da sempre alla vita domestica. La sua vecchia padrona, dopo aver scoperto d'essere allergica, ha dovuto separarsene nonostante per anni l'abbia tenuto con sé in appartamento. 
Dorme 23 ore su 24. L'ora di scarto la passa mangiando e facendo la popò. Miagola di rado, non gioca né coi gomitoli né con i lacci delle scarpe. Per soli 5 minuti al giorno scopre di essere vivo, impazzisce un po' e corre in giro per casa. Poi di nuovo assente. Tutto questo gli basta, lui si basta.
Ha una lettiera a misura di sedere. Sa che tutte le mattine scavo alla ricerca delle sue biglie puzzolenti, le prendo con la palettina e le butto nel water. Inizialmente le nascondeva, come di solito fanno i gatti, scavando con cura e facendo attenzione ad impanarle per bene. Adesso non scava più, le lascia lì, all'aperto, così mi evito la caccia al tesoro. Crede di farmi un favore.
Non ha gli istinti dei gatti. Non ci ho provato, ma probabilmente se lo tirassi in aria cadrebbe di testa. Concede fusa con parsimonia. Non ha motivo di procacciarsi nessun pasto, ha le sue crocchette, la sua carne in scatola e il suo latte. Se mai dovesse incontrare un topo chiamerebbe la disinfestazione. Tutto questo per lui è abitudine.
Lui si è abituato ad essere un gatto domestico. Il suo patrimonio genetico avrebbe potuto prendere qualsiasi forma, ma l'abitudine che gli è stata impartita lo ha reso quello che è oggi. Ha due orecchie, lunghi baffi, artigli retrattili e una coda. E' identico ai suoi simili, ma non per abitudini. 
Ho letto alcune cose in giro per Wikipedia sull'addomesticamento. Ho trovato anche questo piccolo articolo sul Corriere che renderà granché felice il Piccolo Principe di Saint-Exupéry:
Lentamente, generazione dopo generazione, determinate specie si sono, giustamente, adattate alle condizioni che il loro habitat gli imponeva. In alcuni casi, come per gli animali domestici ad esempio, stili di vita e abitudini si sono conformati ai voleri di chi per loro ha scelto e selezionato specifici comportamenti. Per altri versi c'è anche da dire che l'addomesticamento ha favorito l'espansione di alcune specie rispetto ad altre. L'ala protettiva dell'uomo ne ha permesso il proliferare dei generi e mi sembra superfluo dire che il mio micio ha decisamente più chances di vita di un suo simile (o no) randagio. Credo che fin qui non ci sia alcun dubbio e Darwin lo sapeva bene.
Sempre guardando il mio gatto mi sono chiesto se tutto ciò non accadesse anche per la nostra razza. Siamo uomini addomesticati da comunità di uomini chiamate società. Non prendiamoci in giro, seguiamo tutti quanti una certa linea comportamentale. C'è chi insegue la moda, chi i vizi, chi le tendenze, chi il successo, chi i sogni. Non considero le variabili caratteriali perché sarebbe come imboccare strade differenti per raggiungere la medesima meta. Mi sono chiesto con quali istinti siamo nati e cosa sia cambiato da allora. Coltiverei un uomo biologico, lo strapperei in continuazione dalla sua terra, non gli darei modo di adattarsi, assorbendo tutto e niente. Qualcosa ci impedisce. Siamo una massa di impediti, corrotti nell'animo e nella ragione, avvolti nella nebbia dell'abitudine, ogni continente nella sua, ogni regione nella sua. Non esistono più originali, solo una massa informe di cloni alla stregua di macchine che, per un motivo o per l'altro, sanno senza un perché di tendere verso qualcosa o qualcuno. Ci siamo modificati ed adattati nel tempo, ma non abbiamo perché e la vita non conclude. Una serie di "perché" non porta da nessuna parte. Sono gli stessi perché che non hanno i bambini (perché lavori? Perché fai soldi? Perché stai bene? Perché mangi? Perché ti nutri? Perché vivi?). Ma chi è soddisfatto? In natura non ci sono perché, ne sono convinto, ed è questo che rende liberi. O meglio, non è necessario conoscere IL perché, succede e basta. E' l'uomo che ha iniziato con i perché, ma non li ha. Odio i perché, schiavi.
Ma c'è ancora qualcosa che ci rende liberi? E' ancora possibile fare scelte che non siano condizionate da qualcosa o da qualcuno o il processo d'addomesticamento degli uomini è ormai da tempo completo?
A volte il mio gatto guarda con occhi sognanti fuori dalla finestra. Si spalma sul vetro e osserva, sa di far parte di qualcos'altro, sente d'appartenere ad altri istinti e immobile cerca di ritrovarsi. La gabbia nel gatto. Poi si richiude nell'abitudine e va a fare la popò nella lettiera. 
Cagami sul letto, porca puttana!! Sei un animale! Cagami sul letto!!
Figuriamoci. Adesso vado a dormire, domattina mi sveglierò e sarà la solita routine... 

Perché poi, boh...
domenica 3 febbraio 2013 6 commenti

La compagnia dell'anello

Ci risiamo. C'era d'aspettarselo. L'anello è di nuovo orfano ed è alla ricerca disperata del suo padrone. Sono in tanti a contenderselo, come al solito, ma solo uno alla fine avrà il suo Tessoro. Una Compagnia fatta di uomini valorosi, soldati di spessore che si sono distinti per coraggio ed esperienza, abili tanto con la spada quanto con le parole, pronti a tutto pur di sedere da Re nel parlamento della nazione. Sette giorni su sette, notte e giorno, incessantemente, senza riposare né mangiare, sfidando par condicio e Cda Rai. In campagna. Non con le zappe e le vanghe. In campagna elettorale intendo.


Eccoli, i Magnifici Nove. Se Tolkien avesse saputo del mio fotomontaggio m'avrebbe preso a randellate. Ma eccola, la Compagnia dell'Anello. Tutti pronti ad infilarsi al dito la Nazione (o ad infilare un dito nella Nazione, dipende dai punti di vista). Fortuna che Gollum aveva già previsto tutto: vi riassumo in pochi minuti il rapporto cittadini-politica, poi, chi vuol capire capisca...



Vi aiuto un po'. 
"Zitto non bisogna svegliarli, non bisogna rovinare tutto ora!"
"Ma loro sanno, lo  sanno, sospettano di noi..."
No, non è Giuseppe Mussari, presidente del Monte Paschi, è sempre Gollum che parla. E che ne dite di:
"Lei ha sempre fame, ha sempre bisogno di nutrirsi. Deve mangiare..."
No, non sta parlando di Valeria Marini. 
Il gioco delle parti viene sempre retto da due protagonisti. C'è chi tira il sasso e nasconde la mano e c'è chi, il sasso, se lo becca in fronte. Grillo che sbraita, Berlusconi che promette, Alfano che si mette a 90°, Ingroia che si trova lì per caso, Casini che già il cognome dice tutto, Bersani con il prosciutto sugli occhi, Monti gioca a Monopoli ma fa la banca, Napolitano non pervenuto e Fini con le crisi d'identità. Tanto noi italiani siamo quelli che conosciamo sempre tutto, quelli del "se ci fossi io al loro posto saprei cosa fare". Quelli che "la classe politica è uno scempio. Aspetta, parcheggia lì, nel posto per gli handicappati".
Noi italiani, mentre scoppia lo scandalo dei derivati ed Mps rischia grosso, siamo anche questo:


Un applauso a Corona e un minuto di silenzio per la Nazione. La classe politica specchio del paese. Ma a me che me ne frega. Che cos'è la finanza? Che cos'è l'economia? Io non voto. Abbasso Juve, W Inter. E non farmi la morale, io sono uno spirito libero, io speriamo che me la cavo.

Nel frattempo ho preso un gatto ed indirettamente una bella soddisfazione me l'ha data:


Certe notizie non possono che meritare di starsene sotto una lettiera, sperando che l'amico a quattro zampe sbagli il tiro e le riempia di merda... E chissà come andrà a finire...


venerdì 18 gennaio 2013 3 commenti

17 gennaio

La pioggia si è lasciata domare ed è divenuta neve. Non scorre via lungo le strade ma se ne sta  immobile, come un desiderio che si realizza in un attimo, concreto, afferralo. Alcune volte mi guardo vivere, come una pedina mossa da un manovratore sconosciuto, gettato, scagliato, buttato in un mondo casuale insieme a tante altre formichine laboriose senza un come ed un perché. Mentre le macchine si muovono e le case se ne stanno ritte su se stesse, ognuno si lascia guidare dalla propria anima, mossa da un inspiegabile senso d'appartenenza ad una categoria o ad una passione, come se fosse già passata di lì e conoscesse la strada da percorrere. Mentre differenti consapevolezze di sé e della propria natura si alternano fra gli sguardi bassi di coloro che sanno di condividere il gioco delle parti ma non la sorte, le giornate sfuggono via e si trapassa un po' ogni giro d'orologio, chi felice, chi meno, chi se ne accorge, chi no. Alcuni decidono d'intrecciare le proprie sembianze, fisiche o mentali, con le altre laboriose formichine gettate nel mondo. Ci si ritaglia un ruolo (e forse più) nel caotico gioco dei rapporti umani, dove puoi muoverti ad "L" se sei un cavallo, di una casella e in avanti quando fai il pedone, in tutte le direzioni se sei una regina, di una sola casella e in tutte le direzioni se sei un re, in orizzontale e in verticale per tutta la lunghezza della scacchiera se sei una torre e via discorrendo. Non prendiamoci in giro, tutti quanti vogliono vincere la partita. Chi barando, chi no, ma alla fine, se la mossa lo consente, si è sempre pronti a mangiare. Fidati di un alfiere bianco in C-3 mentre una torre nera ed inerme se ne sta in H-8, convinta che la vita le scivoli via silenziosa. Ma oggi vado a piedi, nonostante mi si inzuppino  le calzette di freddo e gelo, mentre uno squarcio sugli scarponi e sui pensieri mi gela le ossa e l'animo. Di  me conosco una sola cosa: voglio fare il pescatore, un giorno. Quando sarò abbastanza vecchio da sognare nient'altro, quando sarò sicuro di non avere le forze per sostenere la mia entelechia, quando la mia vita avrà finalmente deciso d'aver visto fin troppo caos da volersi abbandonare al silenzioso e autonomo oscillar delle onde sul mare. Voglio che il mio ultimo sguardo sia su di un tramonto, perché la mia notte corrisponda a quella dell'estremo sole che mai più dovrà rivelarsi ai miei desideri.
Nel frattempo gioco anch'io la mia partita e se saremo in due, in quattro, in sei o in otto combatteremo meglio. Basterà solamente aprire gli occhi, perché non c'è felicità più bella di quella che si nasconde dietro le insignificanti pieghe della vita.
Curioso, poi, che io abbia intitolato questo capitolo del mio diario "17 gennaio", mentre la mezzanotte, sfuggendomi dalle mani, ha già decretato l'inizio del giorno successivo. 
Nonostante ne siano passate 24 di ore, è bastato un solo secondo per lasciar perire il mio dì...
sabato 12 gennaio 2013 3 commenti

Nonpost

Mi spiace essere in silenzio stampa da così tanto tempo, ma non ho davvero niente di interessante da proporvi. Volevo scrivere due righe sulla situazione politica italiana, poi ho visto Berlusconi da Santoro, Moggi nella lista di Stefania Craxi e Grillo candidato premier...


Fortuna che qui a Modena non ho un Bosch a portata di mano. Ok, niente post sulle elezioni. Poi ho letto della Lorenzin in Lazio...


Niente da fare. Volevo scrivere due righe sui pregiudizi e sulla mente umana, sul modo in cui si lascia condizionare dagli eventi e dal mondo che la circonda.


Lasciamo perdere. Mi sto rendendo ridicolo...

 

 
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