martedì 27 agosto 2013 4 commenti

27 agosto

Scrissi più di un mese fa di una notte che precedeva di una settimana il mio ritorno a casa. 
Scrivo più di un mese dopo di una notte che precede di una settimana il mio ritorno alla non-casa.
Mi sono riempito lo stomaco e il cuore così tanto che questi pochi giorni basteranno, spero, a ricompensare le mancanze che verranno. 
Ti conosco e so già che mi aspetti al varco, nostalgia. Te ne vai in giro tronfia per le viscere e le cervella, piena dei ricordi di cui ti sei appena ingozzata, e me li vomiterai addosso, quando saprò di essere abbastanza lontano dai tempi felici. 
C'è chi ha paura di tornare dovendo poi andarsene. C'è chi ha paura di sognare dovendo poi svegliarsi. C'è chi ha paura di vivere sapendo che arriverà il giorno in cui non potrà fare altro che ricordare. E allora? Non sarebbe forse peggio ridursi ad essere freddi come pietre per non dover mai rimembrare vecchi sorrisi? Non sarebbe forse peggio rendere gelidi i propri cuori per il solo timore che si riscaldino di rado?
Ci sono e vanno via. Passano e ti accarezzano, fin quando non resterà solo qualche impolverato momento da custodire nel cuore e nell'anima, ridandogli vita quando ce ne sarà bisogno. Ma come faccio, non sono ancora partito e già mi piangono gli occhi. Non mi vedrà nessuno, forse lo leggerete, ma non mi vedrà nessuno.
Sospira. Riordino nella mia personalissima libreria dei ricordi le risate e le grigliate, i saluti e gli sguardi, i caffè e i pasticcini, le pizze e gli amori, la mia famiglia, la mia famiglia, la mia famiglia, la mia famiglia... Vi tirerò fuori da lì, come si fa col dizionario quando la vita ci coglie impreparati: cosa significa "le cose vanno male, mi mancate", mi ricordo di quel pomeriggio in campagna di zia... cosa significa "vorrei tanto essere a casa in questo momento", mi ricordo di quel pomeriggio a mare... cosa significa "sono stufo, vado via da qui", mi ricordo delle risate di quella sera... cosa significa "hai voglia di litigare? ti spacco la faccia", mi ricordo della serenità di quei giorni...
Sostituirò all'infimo ferro l'oro di gran valore, godendo delle mie felicità piuttosto che delle tristezze, non facendo caso al fatto che siano ormai passate, ma dando peso alla fortuna d'averle vissute. 
Ma che significato daremmo alle cose se sapessimo di non doverle mai perdere?
lunedì 12 agosto 2013 4 commenti

18 agosto

La felicità non ha occhi, né orecchie. Se la cerchi non la trovi, se la aspetti non arriva, se sei sicuro d'afferrarla ti sfugge, se la chiami non risponde. E' subdola, schiva, a tratti irrequieta, ma non dimenticare che da un momento all'altro possa possederti e concederti di sorridere.
Quanto veleno e quanto male, quanta bile acida e nauseante si è riversata nelle nostre viscere mentre credevo di ritrovare fra le mie mura solo serenità e pace.
Ma non mi lascerò condizionare. Non darò soddisfazione all'odio e alla pazzia di chi è su questa terra per disturbare la quiete altrui. 
Ho tanto desiderato vederli soffrire, bramando d'avere fra le mie mani le loro vite. Poi ho rivalutato la mia posizione considerando anche l'incolpevole ignoranza della loro natura che, mio malgrado, non possiede il senno e la ragione di chi sa discernere fra ciò che è giusto e ciò che è errato. 
Non c'è arma migliore dell'indifferenza, non c'è difficoltà che non sappia superare l'animo imperturbabile e freddo di chi non si lascia trasportare dai propri sentimenti. Basta permettere alla vita di scorrere lenta e placida, coltivando pazienza e dando modo alle cose di maturare finché non resteranno solo frutti saporiti e nutrienti da cogliere.
Nel frattempo, fra le offese e i veleni della gente, fra le parole dette a sproposito da neuroni che corrono dalle mutande verso la bocca e la cui testa non è certo sede di un cervello ma di sperma, fra i saluti mancati e gli sguardi indiscreti, non mi arrabbio, ma mi rassereno abbracciando mia madre e mio padre, sorridendo a mia sorella, guardando un paio di occhi azzurri, prendendo un caffè con gli Amici e tastando le mura, quelle vere, di casa mia...
Semplicemente dando valore alle poche cose che sono davvero importanti, perché sarebbe stupido concedere spazio a chi fa del male nelle vite che bramano solo benessere...
Non esiste giustizia, non occorre vendetta. Le nostre corse finiscono tutte quante al medesimo capolinea. Due categorie di persone si distingueranno fra i binari: coloro che in vita si sono circondati di alleati e di compagni moriranno felici, mentre l'amore prenderà per mano le loro anime e le accompagnerà verso il nulla. 
Gli altri, dissennati e irrequieti, periranno soli e inutili avendo vissuto in terra sterili e menagrami, mentre l'unico nulla che conosceranno sarà il bilancio della loro esistenza.
 
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