sabato 21 dicembre 2013 6 commenti

La storia del "sempre" e del "mai"...

"Sempre e mai" di giochi compagni, li conosci, ma tramano inganni. 
Al pover'uomo che di certezze vive invano, fra burla e risate ogni sicurezza caccian lontano. Accadde in un remoto villaggio, della Sicilia bel paesaggio, che un insignificante ragazzino, buono ma di destin privo, vittima dei loro scherzi restasse, rischiando a onor del vero che il senno lo abbandonasse. 
Soleva ripetersi con tanto ardore "mai sarò" o "mai potrò" sicuro del proprio futuro, mentre a sua insaputa ogni cosa modificava il suo spergiuro. E così, per ogni convinzione, passata la notte al suo risveglio in maniera opposta mutava la situazione, rendendo instabile la sua vita finché, dio non voglia, la si giudichi bella seppur finita.
Al contrario, quando le sue labbra prepotenti "sempre" conclamavano, le Moire divertite un nuovo filo subito intrecciavano, ricordandogli che per un futuro arrogante e mai partorito un presente ha le doglie ed un nuovo marito.
Urlava "mai sarò pecora di gregge!", e il giorno dopo belare divenne la sua sola legge.
Ripeteva "mai le mie carni verranno percosse!", e il giorno dopo per gli schiaffoni le sue gote divennero rosse.
Cambiava registro ma il risultato era sempre lo stesso, cercava pietà ma la realtà si trasformava sempre più spesso.
"Sarò per sempre un uomo onesto", e il giorno dopo rubava con far lesto.
"Sarò per sempre tuo amico", e il giorno dopo scopriva d'avere un nuovo nemico.
Poco prima che la ragione lo salutasse tuttavia, raggiunse la quiete d'animo evitando la pazzia.
Capì che "sempre e mai" non hanno potere finalmente, ma basta ammettere d'essere tutto e niente che ad ogni verità s'adatterà la nostra mente.
Non di ruoli siam fatti in questa pagliacciata, ma per autori sconosciuti mutiamo di facciata. E allora a che serve credere d'essere ciò che non siamo, aspettiamoci di tutto, se non altro distratti viviamo.

Bando alle ciance, era un discorso banale, adesso ne approfitto per augurarvi buon Natale.
Dimenticavo, se qualcuno benedice, vi auguro pure un anno felice...
mercoledì 4 dicembre 2013 7 commenti

04 dicembre

Una ventata di freddo gelido ha risvegliato certe anime assopite da un autunno timido e dal torpore dell'estate. A detta di molti, certi istinti vanno soffocati prima che possano annullare la differenza fra uomo e bestia. A giudicare dai fatti, certe ragioni non stringono abbastanza bene il cappio della virtù intorno ai propri peccati. Nonostante tutto, nell'errore si cela una perversa soddisfazione propria di chi, in equilibrio fra follia e senno, si sporge un attimo per osservare il baratro sotto ai propri piedi. Una vertigine, uno sporco e grosso scarafaggio che zampetta lentamente lungo la schiena mentre i suoi pelosi arti sfiorano la cute. Poi, fortunatamente, ci si sveglia e l'incubo agghindato da sogno svanisce, anche se l'anima diabolica di chi persevera facilmente tenderà all'errore, ancora una volta, e ancora, e ancora, finché sarà tardi per imparare quanto certe vite avevano da insegnarci.
Esistono altri rimpianti ben più subdoli dei soliti che derivano dall'angoscia d'aver fatto la scelta giusta secondo parametri oggettivi di giudizio, escludendo un ipotetico errore che in realtà avrebbe reso più gustosa la vita. Il beneficio del dubbio esteso ad ogni tipo di scelta, non necessariamente giusta o non necessariamente sbagliata, rende così infinite le varianti dell'esistenza che riuscire a conoscerle tutte è impossibile tanto quanto fermare il tempo dopo aver scelto, tornare indietro e riprovare la seconda variante, o la terza, o la quarta, e così via. Nel menù delle azioni e delle scelte le portate sono infinite, ma il nostro stomaco di dimensioni ridotte non può che ordinarne alcune ed escluderne delle altre, mentre ci si ostina a chiamare il ristorante "ricerca della felicità".
Fra "cosa sarebbe successo se" e "era meglio andare" o "era meglio tornare", la curiosità di vedersi cambiati in un contesto diverso da quello che abbiamo evidentemente stabilito ci rende deboli e insicuri, relegando volentieri al caso l'arduo dovere di cambiare i nostri destini. E non esiste parola più millantata di "destino" sul dizionario, tanto che andrebbe strappata via da ogni registro o libro, dimenticata e nascosta alle generazioni future, bandita in ogni angolo del pianeta, ovunque il suo veleno abbia intontito le menti, ovunque abbia incentivato la nascita di divinità e religioni che tutto ordinano e dispongono, esentandoci da ogni responsabilità.
Da "Umano, troppo umano" di Nietzsche:

"A chi vuol diventare saggio, arreca un notevole guadagno l'aver contemplato una volta, per un certo periodo, l'dea dell'uomo radicalmente malvagio e corrotto; tale idea è falsa, come pure il suo contrario; ma per interi periodi è stata l'idea dominante, e le sue radici si sono diramate fin dentro di noi e il nostro mondo. Chi alle cose non chiede molto di più se non di conoscerle, raggiunge facilmente la tranquillità d'animo e sbaglierà (o come dice il mondo, peccherà) tutt'al più per ignoranza, ma difficilmente per avidità. Egli non vorrà più condannare ed estirpare i desideri, ma la sua unica meta, quella che lo domina completamente. Inoltre si sarà liberato da una quantità di idee tormentose, e non proverà più nulla alle parole: pene infernali, peccaminosità, incapacità di fare il bene, nelle quali riconoscerà solo le ombre evanescenti di errate concezioni del mondo e della vita [...] Di solito non è dalla qualità delle esperienze vissute, ma dalla loro quantità, che dipende la maggiore o minore statura di un uomo, nel bene e nel male..."
 
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