lunedì 16 novembre 2015 0 commenti

L'itagliano medio

L'italiano, singolare esemplare d'europeista malriuscito, all'atto della nascita si incorpora entro i canoni della tradizione della pastasciutta senza difficoltà alcuna. Sanfasò per eccellenza e perfettamente integrato nel mondo del luogo comune, si serve della sua conclamata intelligenza per dimostrare nel modo migliore la sua sconfinata ignoranza, frutto di pochi anni d'involuzione fra i salotti della D'Urso e le puttanate della De Filippi.
L'italiano medio è sempre aggiornato sulle questioni d'attualità e Studio Aperto lo sa, Mattino Cinque lo sa, Pomeriggio Cinque lo sa, Quinta Colonna lo sa, Domenica Live lo sa. L'italiano medio si ciba di notizie dell'ultim'ora, fa l'opinionista al bar dello sport, l'allenatore di calcio e il Ministro per gli Affari Esteri, commenta, ostenta una inspiegabile conoscenza delle tortuose vie del complotto, fra scie chimiche e carni cancerogene.
-Lo sapevo io, te lo dicevo io, avevo ragione io- sono le tipiche espressioni dell'italiano medio. Perché all'italiano medio non la dai a bere, lui svela gli inganni prima che si palesino, sente puzza di bruciato ed è costantemente alla ricerca della verità. L'italiano medio non ha bisogno di documentarsi, sa come muoversi fra le sterminate vie della storia, passata presente o futura che sia. L'italiano medio era presente durante le Crociate cristiane, c'era quando venne scoperta l'America e ricorda bene anche le fasi cruciali della battaglia di Waterloo; cita sapiente le ultime parole famose, del Duce, di Garibaldi, di Dante, di Shakespeare, perché è attraverso le grandi massime dei grandi uomini che l'italiano medio dimostra il suo spessore.
L'italiano medio vota Salvini, chiude le frontiere e dopo le stragi di Parigi sostituisce la sua foto profilo su Facebook col tricolore francese.
L'italiano medio è nato nel lato del mondo civilizzato. Piange i suoi morti, quelli limitrofi o che hanno la sua stessa passione per gli U2. L'italiano medio alza il volume del TG quando i morti sono più lontani dello stretto di Gibilterra, poi abbassa lo sguardo, finisce i maccheroni e va a letto.
L'italiano medio ha bisogno di visualizzare un nemico. L'ISIS, la religione, l'invasore, il rom, lo stato, la banca, gli OGM, le multinazionali, i condoni edilizi o i preservativi scaduti, perché deve sempre sapere contro chi puntare il dito ed è sempre colpa di qualcun altro. E se piove? Governo ladro.
Se indichi la luna, l'italiano medio guarda il dito e ti smalta le unghie, come solo ClioMakeUp sa fare. E che ne dici del mio nuovo trucco? 
L'italiano medio, caro vecchio benpensante bontempone dalla camicia sporca di sugo di fantozziana memoria, ha tutte le carte in regola per far parte della società moderna. Non ha grilli per la testa, gli basta che ce li abbiano gli altri. Per il resto, può sempre condividere un link, tanto chi se ne accorge se sono stupido?
martedì 10 novembre 2015 0 commenti

Mercante in fiera

Senza che ci venga chiesta opinione di genere, troviamoci gettati in un mercato fatto di carne ed ossa, vagando senza meta alcuna, osservando e valutando merce d'ogni sorta o maniera. Fra strade strette e incroci privi di semafori, la precedenza è di chi se la prende, di forza se necessario, non riuscendo a distinguere gli odori e i mille gusti delle bancarelle degli uomini.
Alcuni mettono in bella vista la propria merce migliore, altri se la cantano e se la suonano, spacciando emozioni prive di garanzie ma vendute a peso d'oro. A beneficio del rischio, per paura d'essere semplici viandanti, spinti dalla curiosità intratteniamo questo o quell'altro mercante, richiedendo i suoi più saporiti favori, freschi se possibile, dal produttore al consumatore. E inizia la compravendita, trattando al ribasso, sperando di portare via un alito di vita ai nostri concorrenti. Sogni, ambizioni, gioie e desideri, pezzi d'antiquariato vecchi quanto l'amore o il tradimento, in una fiera di relazioni che si rinnovano, illusi di rifarci il guardaroba mentre vestiamo dei medesimi stracci gli scheletri che dimorano negli armadi. 
Nel fantasmagorico e multiforme mercato dei rapporti umani una sola moneta di scambio rende possibile la compravendita d'anime: il tempo. Alcuni si adattano alle leggi della domanda e dell'offerta, vendendo e acquistando senza cuore, bilanciando bene entrate ed uscite. Altri regalano senza difetto né guadagno, dilapidando gioie e sorrisi incondizionatamente. Per essi non esiste altro riconoscimento che quello di amici.
Altri giocano la carta della seduzione, donne fatali per uomini assuefatti ai piaceri della carne. Natiche gustose e seni turgidi, una mano sul membro e l'altra sul portafogli, se godi ad occhi chiusi non rivendicare garanzie, incosciente fra le cosce d'una misera cartomante che maledice il futuro e ammalia il presente.
Balocchi e caramelle, prendi due e paghi uno, prendi tre e paghi quattro. Fiuto inganni fra le essenze profumate dei commercianti d'aria fritta, imparando a comprendere le immanenti abilità di codesti parolai, tessitori di insidie e tranelli, vincitori immorali d'una vita che non è obbligata a premiare chi è giusto.
Quasi abbellisco la mia tenda ed espongo la mia merce variopinta, bedda ri fora e tinta ri rintra!
venerdì 25 settembre 2015 2 commenti

Buongiorno

Suona fredda e meccanica, puntuale come sempre, la sveglia mentre si fa strada fra sogni infranti e sudati d'una notte di mezza estate. Metto i piedi per terra. Sul pavimento freddo è già arrivato l'inverno. Un occhio chiuso e l'altro aperto, bevo un'altra giornata a piccoli sorsi, senza fretta, mentre sbaglio mira e di traverso piscio fuori dal vaso. Lavo le mani e la faccia, infilo l'indice in una narice ma non ne cavo un ragno dal buco. Provo col mignolo e qualcosa trovo. Lavo le mani e la faccia, di nuovo. Sgrasso via dalla mia pelle le ultime tracce unte e putride della notte mentre l'odore fresco del mattino mi lusinga.
Do gas e accendo, caffè. Sale, lentamente, emana un senso di placido torpore che avvolge le membra, non le eccita, ma le carezza. Bevo, nero e amaro, aggiungo il latte, bevo, mulatto e amaro, aggiungo ancora latte, bevo, bianco e amaro. C'è ancora tempo per fare tardi, accendo la TV. Una vita poco incline al rispetto verso se stessa spinge al massacro fra uomini, mentre certe donne partoriscono i semi della nuova follia del domani. Altri giacciono in fondo all'oceano e io cerco un centro di gravità permanente che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose e sulla gente.
Uova marce e succo d'arancia, marmellata di pesche e vecchi ricordi mentre penso fino a sei cose impossibili prima di colazione. Mi guardo bene dal masticare ogni boccone e deglutisco con prepotenza le parole pensate e mai dette del giorno prima. Spengo la TV.
Torno in camera, tolgo il pigiama e mi guardo allo specchio. Riflesso, rifletto. Una grossa protuberanza bianca sul petto, pollice contro pollice, schizza via una materia informe e gialla, di cattivo gusto e perversa, epurata adesso, libero dal male, mentre conto i brufoli e gli amici che mi restano. Alcuni li tengo, sembrano immaturi, come me.
Mi vesto, d'elegante quotidianità. Banale come ieri, forse illuso oggi, con la speranza che andrà meglio domani, disperato per quel ciuffo indomabile sulla testa che mi precluderà la possibilità d'arrivare sul tetto del mondo.
Deodoro, mi alito in faccia e mi sputo in un occhio. Metto un calzino bucato, lo nasconderò dentro una scarpa così nessuno scoprirà il lato oscuro e fallace della mia coscienza. Lo saprò soltanto io, solo io, mentre più cammino e più si rincorrono le bugie.
Armi e bagagli, chiudo la porta alle mie spalle ed esco. E' un nuovo giorno, oggi andrà meglio, ne sono certo. Metto le mani in tasca... dove avrò messo le chiavi?
giovedì 3 settembre 2015 0 commenti

L'albero alogico

Per quanto improponibile possa sembrare la loro convivenza, Giusto e Sbagliato albergano tutt'ora fra le stanze di un'antica dimora, nascosta ai più da un'entità chiamata Beata Ignoranza, ma la via verso la Scelta è senz'altro d'obbligo per ogni essere vivente.
E' d'uso comune considerare Giusto il più affidabile dei due fratelli, ma non è sempre detto che scegliere Giusto sia la scelta giusta da fare. L'irrequieto Sbagliato, è risaputo, ha un insano quanto affascinante senso dell'irrazionale, vittima dei propri istinti e stimolato dall'impulso, gioca col fuoco e ne rimane ustionato, con piacere. L'Errore che ne segue, fratellastro, lo rende tuttavia capace di discernere fra Bene e Male, parenti serpenti, mentre nonna Esperienza si propone con garbo di toglierlo dai guai qualora si renda necessaria la sua presenza.
Alcune anime timorose, o forse semplicemente pigre, s'avvalgono della facoltà di non rispondere delle proprie azioni, mentre lasciano a Dubbio, figlio unigenito di Beata Ignoranza, il beneficio di non decidere, rimandando la Scelta per paura di essere dalla parte di Sbagliato o Giusto, i quali dopo essersi uniti in un gioco d'orgie e incesti a Scelta, generano rispettivamente Torto e Ragione.
Se credete che fino a questo punto le cose non si siano complicate abbastanza, dietro Giusto e Sbagliato, alle spalle di Torto e Ragione, oltre Beata Ignoranza e Dubbio, a capo dell'Esperienza, quest'opera dei pupi viene giostrata da due entità ben più potenti da cui tutto deriva: Corpo e Mente. L'uno, Corpo, totalmente assuefatto da se stesso in quanto carne, è vittima di ormoni ed alchimie, generato dall'animalesco impulso del prosieguo della specie. L'altra, Mente, è senz'altro ponderata nelle scelte, medita, rimugina, rielabora e considera, osservando le stelle prima di salpare verso mari ignoti. Ma se il pensiero richiede tempo l'attimo sfugge e l'amaro in bocca è tipico in queste occasioni.
Vi chiederete a questo punto cosa occorre per fare la Scelta giusta. Nulla. La Scelta esiste dopo la sua stessa nascita, non prima. Non c'è Giusto né Sbagliato, Torto o Ragione, né si genera Scelta se prima non viene concepita. Vivere a priori ci rende immuni alle convenzioni. E' allora ben più saggio abbandonarsi al corso delle cose, piuttosto che porre dei limiti alle proprie opportunità di Scelta, finché esse non si palesino come tali.
mercoledì 15 luglio 2015 0 commenti

Un...inverso

Nell'uninverso non occorre dare un senso alle cose, ma sono le cose che tendono a perdere di significato. Non sono gli uomini a correre dietro alle donne, ma sono le donne che corrono dietro agli uomini (e non per via del conto in banca).
Nell'uninverso la fetta di pane imburrata cade sempre dal lato del pane e chi ha il pane ha i denti, in ogni caso.
Nell'uninverso chi trova un amico non trova un tesoro perché Carminati e Buzzi sono due umili secondini di guardia al carcere di Rebibbia. Nell'uninverso l'ISIS (Islamico Stato Impegnato nel Sociale) raccoglie fondi per la costruzione di scuole e ospedali in Siria e in Iraq, oltre ad avere un ruolo fondamentale (non fondamentalista) nella salvaguardia e nella tutela dell'arte e dei musei.
Nell'uninverso Grecia ed Euro escono insieme da anni, hanno in mente di sposarsi e di avere dei figli.
Nell'uninverso Salvini gestisce una Kebabberia a Scampia con l'amico d'infanzia Abdul. Sono conosciuti in zona per il loro curioso mezzo di trasporto: una ruspa.
Nell'uninverso si dimagrisce mangiando e si ingrassa facendo sport ed esercizio fisico. Nell'uninverso Brunetta gioca a basket, Gasparri non è strabico e Grillo fa politica pur essendo un comico.
Nell'uninverso i laureati non trovano lavoro e le soubrette fanno carriera. 
Nell'uninverso si passa col semaforo rosso e se scatta il verde, pure. Nell'uninverso se nasci quadrato puoi anche morire tondo e se nasci tonto potresti chiamarti Antonio, di cognome Razzi.
Nell'uninverso i centri commerciali restano aperti anche la domenica, i posti riservati ai disabili sono per la gente sana e per gli insani di mente riservano posti in un parcheggio chiamato Montecitorio.
Nell'uninverso i migranti tornano a casa dopo le ferie, le case chiuse sono aperte e i treni partono sempre in orario.
Nell'uninverso gli ultimi saranno i primi e potranno pure ridere senza essere ultimi.
Nell'uninverso è il sole a girare intorno alla terra, le colline sono in fiore e l'erba del vicino è davvero buona.
Ma voi che ne sapete dell'uninverso se c'è ancora chi si ostina a chiamare realtà la mera finzione...
martedì 16 giugno 2015 4 commenti

Elogio dell'idea

Accoccolata in un angolo di cuore, può rimanere in silenzio per anni, anonima, senza rivelarsi. Durante il periodo d'incubazione non fa altro che fortificarsi assorbendo linfa vitale senza che l'ospite si renda conto della sua presenza. Allo stesso modo di altri morbi più comuni, non siamo noi a decidere di cosa ammalarci. Possiamo renderci vittime tramite l'esposizione casuale ad un determinato ceppo o semplicemente nascere con il seme stesso dell'idea da cui verremo manipolati.
Sarà poi un tripudio di colori ed emozioni. Un vortice di ormoni e particelle impazzite, scariche elettriche e neuroni propulsori d'un moto elegante di gesti che tendono verso un unico scopo: l'idea.
Dalla nascita dell'idea alla sua realizzazione si passa per la Via Lattea. L'idea non ha fretta, aspetta. L'idea non è presuntuosa, rispetta. L'idea non ha pretese, diletta. 
Può rivelarsi sotto la doccia, alla fermata del bus, poco dopo cena o prima di pranzo, in montagna o al mare, allacciandosi le scarpe o scrutando l'orizzonte. In qualsiasi istante essa si manifesti, dalla nascita del morbo fino allo sfogo, l'ospite non avrà tregua. Ogni sua azione, pianificata o meno, sarà gestita e controllata secondo il fine ultimo dell'idea. L'idea stessa si renderà protagonista nella vita dell'ospite, esortandolo giorno dopo giorno a compiere la sua volontà centellinando per lui piccole dosi di soddisfazione al compimento del finanche più piccolo passo verso la meta. L'idea non sa di essere tale, né si riconosce come tale. Non sa d'essere vittoria o sconfitta, fallimento o successo. L'idea basta per se stessa e si fa da sé. Neanche la più grande delle idee sa di essere grande finché non lo diventa ed è questa la benedizione più grande della sua natura maledetta: l'inconsapevolezza, l'immanente ignoranza metafisica e trascendente che fa di un'idea l'assoluta negazione di se stessa. Non capire perché, non conoscere il motivo per il quale oltre la follia e lo sforzo sovrumano si decide di accompagnare la propria vita ad uno scopo tanto inutile quanto importante, negando e affermando allo stesso tempo che tutto inizia e finisce con l'idea.
L'idea inneggia alla passione, la invoca e la fa sua. La incita e la spinge a palesarsi, a farsi carne e cuore nelle membra e nella mente di chi la custodisce. L'amore per le arti, le discipline, i giochi, le scienze, le follie, la natura, la scultura, la pittura, il canto, il ballo, i tappi di bottiglia, le schede telefoniche o le figurine dei calciatori, le bambole di porcellana o i soldatini di piombo, la corsa campestre o gli scacchi, il salto in alto o nel vuoto. Non ci sono idee più giuste di altre, esiste solo quella meno sbagliata per l'ospite che la cura. E dalla sua nascita fino alla morte non ci sarà energia del mondo o del suo stesso universo che non sia sospinta verso il fine ultimo del suo animo: realizzarsi...
giovedì 7 maggio 2015 2 commenti

Aspetta e sp...ò

ESPOrsi senza freni alla collettività mettendo in una piazza di 110 ettari gli ESPOnenti migliori del nostro più moderno e radicato capitalismo non può che suscitare un'ipocrita quanto violenta reazione in coloro che per un giorno si fanno paladini dell'ingiustizia. 
Chissà cosa provano quelli che stanno dall'altro lato della barricata, con i manganelli in mano, tesi come corde di violino pronte a spezzarsi rischiando di perdere definitivamente il controllo della situazione, menando fendenti che a tratti richiamano all'ordine e a tratti sanno di legnate ingiustificate. 
Chissà poi cosa provano quegli altri che le barricate le sfondano, mentre a fatica leggono "POLIZIA" su uno scudo, "GUCCI" su una vetrina e "UNICREDIT" su un bancomat. Bastano così poche lettere per eccitare i loro sensi che nemmeno Cicciolina agli albori del porno avrebbe saputo far di meglio. Ed eccoli che partono, sull'onda del testosterone e delle "emozioni", brandendo per le mani qualsiasi oggetto gli capiti a tiro come arma di giustizia e rivalsa sociale, presi come sono dai loro princìpi che addirittura non si accorgono di calpestarli.
Chissà ancora cosa provano i gentiluomini davanti alle TV mentre i TG mandano in onda le immagini degli scontri. Chissà cosa provano quando intravedono una Audi A4 con il parabrezza frantumato e i vetri sfondati mentre con il gelo nel petto abbassano lo sguardo e leggono sulla targa delle lettere familiari. Un lusso, certo, ma quanti sacrifici, crescendo fra le capre di papà e raggiungendo la vetta sociale dopo anni di studi e umili lavori. Ma a volte ci lasciamo raggirare dall'abbondanza, perché siamo così abituati all'idea che nella ricchezza ci sia malaffare da far passare come lusso ancor più grande perfino l'onestà.
E ancora, chissà cosa provano le madri a cui basta anche solo uno sguardo per riconoscere i propri figli attraverso un passamontagna, maledicendo il giorno in cui venne innestato quel seme così reietto e balordo. Guardalo quel misero scarto d'ignoranza mentre corre per le strade, incendia l'immondizia e lancia molotov. E pensare che fino a vent'anni fa mi chiedevi di leggerti le fiabe prima della buonanotte. Forse non avrei mai dovuto raccontarti quella storia sui bambini abbandonati nel bosco. Dovevo portartici.
Ma mentre da questa parte dello stivale storie d'ordinaria follia urbana si fanno spazio fra i notiziari, lungo il Mediterraneo si ESPOrtano vite umane, black, sì, ma senza bloc. Anche da quelle parti si manifesta, ma da loro si fanno le cose in grande. Non incendiano i cassonetti ma lanciano granate, non usano i manganelli ma ci sono tiratori scelti sui tetti e se ti catturano non ti processano davanti ad una corte in giacca e cravatta. Al massimo ti torturano, se hanno tempo da perdere...
lunedì 13 aprile 2015 0 commenti

La firma

S'alzo di buona lena alle prime luci del mattino, nonostante si fosse ripromesso la notte precedente di dedicare quel giorno di riposo alle attività che più lo rallegravano.
Un sole pigro a stento si levava sul cielo terso mentre qualche pallido e umile raggio di luce filtrava fra le tende della finestra.
Dopo una magra colazione si vestì di tutto punto alla maniera di chi non si cura del tempo che passa e fiero del proprio gusto s'ammirava allo specchio senza mai guardarsi negli occhi per paura di non riconoscersi in quel miracolo d'eleganza. Faccia lavata.
Spalancata la porta di casa, l'aria birbante del mattino gli accarezzò le guance che per tutta risposta arrossirono non per il freddo ma per la gioia d'essersi finalmente destate dal sopore della notte.
A passo lento s'avviò verso la banca, scrutando con dovizia di particolari il mondo frenetico che lo circondava lungo la via. Da un lato certi spensierati scolaretti animavano il passeggio, dall'altro alcune donne di casa con foga schiantavano i tappeti contro il marciapiede.
Nonostante fosse arrivato in tempo a destinazione, altri clienti prima di lui avevano già preso parte alla fila verso lo sportello. Poco male, pensò. Si mise a sedere e iniziò a sfogliare un quotidiano con notizie fresche di giornata. La borsa cede il... La procura indaga... 53... Scandalo in regione (sai che novità, che vergogna, dove andremo a finire)... 54... Scoperto il gene che causa l'alopecia... 55... Arrestato (finalmente, sporca canaglia)... 56!
Era il suo numero. S'alzò di scatto, posò il giornale e s'avvicinò allo sportello.
Stavolta la burocrazia non pose limiti alle sue richieste e con i documenti giusti alla mano, intendendosi subito con l'impiegato, velocemente slegò i vincoli e con l'approvazione dell'alto consiglio dopo aver calcolato il coefficiente di reddito in base alla rendita catastale dell'immobile moltiplicato per il numero di membri del nucleo familiare ottenne la concessione edilizia senza dover rinunciare all'usufrutto dei beneficiari.
"Abbiamo quasi finito. Una firma qui"
Firma
"Un'altra qui..."
Firma
"Una qui..."
Firma
"Qui..."
Firma.
"Ne abbiamo dimenticata una. Eccola..."
Firma. E ad ogni firma la sua mano tracciava un solco diverso sulla carta.
Firma. Gli scappò una lettera.
Firma. E continuando a riscrivere il suo nome in mille modi diversi gli sembrò di frantumare la sua coscienza e le sue certezze.
Firma. Ancora.
Firma. Ancora diversa. E mi ricordo. Questa volta ho sbagliato perché mi ricordo di quando gli promisi che sarei andato a casa sua..
Firma. Diversa. Ma in quell'occasione non era colpa mia..
Firma. Ma guarda la lettera "E" com'è venuta aperta. Sembra così arrogante.
Firma. E ancora, ancora, mentre la sua identità si ribaltava lungo i tratti dell'inchiostro quasi a voler testimoniare contro la sua labile personalità.
Firma. E non gliene veniva una identica all'altra. Sempre diverse.
Firma.
"BASTA, abbiamo finito! Vada via, la smetta!"
Firma. E continuò senza sosta, scarabocchiando il suo nome sulle pareti, addosso ai clienti, sulle sedie e sui tavoli in cerca dell'identica idea di se stesso che in tutti questi anni s'era costruito e che, a ragion veduta, non era reale.
Uscì dalla banca in preda al panico, penna in mano e scrivendo su qualsiasi superficie gli capitasse a tiro. In faccia alla gente, sull'asfalto, sulle porte delle case, sulle vetrine dei negozi. 
Vedendolo così ammattito, un passante si prese la briga di chiamare la neuro.
Il sole adesso era alto in cielo, scaldava a dovere e senza batter ciglio inondava di luce la strada. Una povera vecchietta trovatasi per caso nei paraggi si sputò sul braccio tentando con energia di cancellare via dalla pelle le ultime tracce d'inchiostro...
giovedì 19 marzo 2015 2 commenti

Ordinaria amministrazione

-Ciao. Prego. Accomodati pure. Dimmi tutto...
-Vorrei rassodare le gambe, tonificare i glutei e snellire i fianchi...
-Diecimila euro li vuoi?
-Li accetterei volentieri. Scherzi a parte, potresti prepararmi una scheda?
-Certo. Sono qui per questo. Scaldiamoci un attimo e poi diamo un'occhiata agli esercizi...

-Allora, hai problemi fisici particolari, muscolari o articolari?
-Purtroppo si. Ho lesionato i legamenti delle ginocchia per via di un brutto incidente, ho da poco finito il percorso di riabilitazione ma dovrò subire altri interventi all'anca. Sono stata fortunata. Lui...

-Ciao. Pierpaolo, piacere...
-Ciao. Non capisco bene italiano...
-Di dove sei?
-Ucraina. Sono tornato da poco in Italia. Lì situazione molto dura.
-Ho sentito. Cosa sta succedendo?
-Io tornato qui insieme a miei genitori. Adesso faccio scuola qui. C'è guerra di merda là. Io ho fatto soldato per quasi due mesi. Loro dato un fucile in mano a me, io dico loro che non so usare, io mai sparato in vita mia, ma loro dicono che tutti devono proteggere Paese. Io non voglio più tornare là.

-Ciao. Ma che fine hai fatto? E' da una vita che non ti vedo!
-Ciao terrone. Lo so, ma ultimamente gira male, sto tornando a respirare solo adesso.
-Cos'è successo?
-Ma nulla. Purtroppo non lavoriamo più come una volta e non ci commissionano abbastanza ordini. Hanno licenziato parecchie persone, altri soldi sono stati gestiti male, mi capisci, e purtroppo per molti mesi non abbiamo ricevuto lo stipendio. Io sono stato fortunato, ma sai com'è, famiglia alle spalle, due figli, uno all'università e un altro al liceo, in qualche modo bisogna andare avanti. Ho trovato un secondo lavoro che mi impegna anche la notte, al mattino torno in fabbrica e rientro a casa distrutto.
-Ci credo. Mi spiace, sono tempi bui. 
-Da un giorno all'altro faccio le valigie e scappo via. Maldive, Bahamas...
-Vieni in Sicilia. Il sole c'è, le spiagge pure e di lavorare non se ne parla...
-Ottimo! Quando si parte?

-Allora, tieni le gambe divaricate alla larghezza delle spalle, le punte dei piedi sono leggermente rivolte verso l'esterno e spingi. Sta' attento, non estendere la gamba fino in fondo. Ok. Torna alla posizione di partenza e ricomincia. Ok. Tre serie da 15 ripetizioni.
-Sembra leggero...
-Possiamo aumentare un po' il carico. Lo faremo gradualmente, dato che hai attraversato un lungo periodo di inattività procediamo con calma. Ma cos'hai fatto in tutti questi mesi?
-Lasciami stare, che se ci ripenso mi viene da piangere. L'ultimo anno è stato il più bello della mia vita. Problemi al lavoro, problemi con le donne, alla fine sono esploso. Ho mollato tutto e sono partito, da Saint Jean Pied de Port fino a Compostela.
-Wow, hai fatto il cammino di Santiago?
-Sì. E' stato bellissimo, una delle esperienze più importanti della mia vita. Ha segnato un punto di rottura col passato, non hai distrazioni, sei solo con te stesso e ti forma, sia a livello umano, sia sul piano morale. Assapori con calma ogni gesto, ogni passo, ogni secondo vissuto a contatto col nulla e col mondo intero, vedendone di tutti i colori o rischiando di piombare nel più oscuro oblio. Dovresti andare, tutti dovrebbero andarci...
-Ok. Seconda serie...

-Bene, bravo. Continua, un'altra ripetizione. Stop. Sei carico oggi.
-Non immagini. Sono incazzato nero con mia moglie.
-Dovrebbe farti incazzare più spesso allora.
-Non parliamo di mia suocera poi. Ti sembra possibile che debba ancora stare in casa con noi? Non riesco a gestire la figlia e dovrei sopportare pure lei? Come se non bastasse il mio capo vuole che rientri prima al lavoro. Ci sono delle pratiche da sbrigare e sono rimasto indietro. Tu non hai bisogno di una moglie?
-No grazie. Ho un bonsai.

-State calmi! Che succede?
-Guarda se devo stare ancora a sentire dei comunisti vecchio stampo come questo qui. Fai dei discorsi senza senso. 
-Ma i sindacati...
-Lascia stare i sindacati. Hai sentito Renzi l'altra sera? Questo ci incula tutti e voi non l'avete ancora capito, con quella faccia da babbeo che si ritrova...
-Era meglio Berlusconi che...
-Certo. Io lo stimo molto, sia come imprenditore che come uomo politico...
-Non ti rispondo nemmeno...
-E poi il patto del Nazareno...
-Scusatemi, vi rubo solo i manubri da 30kg e vado via...

-Ciao!
-Ciao!
-Sei nuovo?
-Sì.
-Dimmi pure.
-Volevo solo sapere dov'è il bagno.
-In fondo a sinistra.
-Grazie...

-Cazzo, guarda quella, carina...
-E' un uomo, però se proprio ti piace controllo il numero sull'anagrafica...
sabato 28 febbraio 2015 4 commenti

Apparato umano

Siamo ancora liberi. Ma non c'è modo di dimostrarlo o giustificarlo. Non c'è azione che non sia dettata da una convenzione, una tradizione, che si tratti di leggi o di buoncostume, attraverso le quali si formano gli uomini.
Ed è malcostume andare contro la comunità in quanto tale, caratterizzata da comportamenti o forme apprese negli anni, clausole di un contratto invisibile che ci trattiene tra le nostre regole morali. Ma fra quali meandri della coscienza cercare la moralità se essa richiama sempre quell'insieme di convenzioni che distinguono fra giusto o sbagliato non secondo ragione ma secondo tradizione?
Siamo ancora liberi, ci ripetiamo, ma non c'è modo di osservarlo. Siamo la diretta proiezione della visione che gli altri hanno del nostro essere uomini o donne. Non siamo sinceri per natura o bugiardi per istinto, non ci copriamo per il freddo e non ci spogliamo per il caldo, non compriamo per desiderio e non ci serviamo delle cose per necessità. Nasciamo nell'opinione altrui, ammettiamo l'errore e ad esso ritorniamo per venirne a capo, continuando a vivere nello sbaglio di possedere ancora un libero arbitrio che non ci sia stato donato da qualcun altro. E ci giustifichiamo a vicenda, rendendoci utili al prossimo per piacerci o per piacere, mentre ogni giorno moriamo fra le braccia dei giudizi altrui, tanto importanti quanto indispensabili. E se foste soli in eterno, senza opinioni né idee, di cosa avreste bisogno se non di sola acqua e di solo pane?
Siamo ancora liberi, lo sentiamo, ma non c'è modo di impararlo. Abbiamo bisogno di affetti e carezze, mentre i semi dei nostri rapporti sono stati piantati dall'egoismo e crescono a dismisura. Più forte è il legame e più forte è la necessità di custodirlo e possederlo per essere sicuri di poter attingere alla fonte del proprio benessere custodito nelle anime altrui. Io sto bene con te, sei parte del mio benessere e io sono parte del tuo, in un gioco di connessioni e concessioni attraverso le quali ingannare le proprie solitudini. E non c'è maledizione più grande per chi si convince d'aver legato il proprio destino alle scelte di un estraneo. E se ad uno ad uno ti strappassero via affetti e persone care, come foglie da un arbusto, finché spoglio non t'abbandonerai alla tua reale natura? Cosa sei senza di esse?
Siamo ancora liberi, lo desideriamo, ma non lo consideriamo. Siamo alla ricerca di mancanze da colmare, con un hobby, una passione, una collezione, una forma o una maschera, mentre volgiamo lo sguardo verso le stelle (de-siderando) e ci riempiamo d'un altro vuoto. E bramiamo ciò che non possediamo ancora, rintanandoci in una forma che può essere congeniale allo scopo di sopperire ad un bisogno, cercandola nel passato se non abbiamo presente ed escludendo così ogni progresso futuro. E se con-siderassimo d'essere al di sopra delle cose, "bastandoci e sollevandoci liberi e senza paura al di sopra di uomini, costumi e leggi, rinunciando senza rimpianto e fastidio a molto, anzi quasi a tutto ciò che presso gli altri uomini ha valore?"
Siamo ancora liberi. Chi può dire il contrario o giustificare che sia vero?
lunedì 9 febbraio 2015 2 commenti

Considerazioni

Vi chiedo cosa resterà di quelle foto e di quelle risate con gli amici dopo che gli anni saranno passati e la nostalgia vi ricorderà quante occasioni avete sprecato. Quasi ci si abitua a vedersi sempre conciati allo stesso modo, pronunciando le stesse frasi o parole come registratori rotti, in un moto rettilineo uniforme che tende sempre verso lo stesso bersaglio. C'è qualcosa che ben non comprendo, ma non me ne accorgo finché vivo la giornata. Poi il retrogusto amaro della consuetudine si fa sentire poco prima di chiudere gli occhi. Poggio la testa sul cuscino. 
Ne è finita un'altra, mi dico, e ricomincerà domani, e poi domani, e ancora, e ancora, ma niente mi lascia intendere che certe cose cambieranno o muterà il corso degli eventi. Poi delle piccole varianti mi rendono vivo, un salto nel vuoto, una battuta che riesce a far ridere, un favore a cui segue la gratitudine, la fiducia sincera di un amico o di un collega. Quasi mi diverte sapere o pensare che ci sono tante altre laboriose formiche che come me cercano di darsi un senso, mentre zampettano qua e là o si scambiano sguardi maliziosi con gli opposti sessi.
Mi hanno detto una bugia, ma io ne conosco altre e posso dirle a mia volta. E riempio il mondo di bugie. Voglio che mi credano, che mi guardino negli occhi e possano dire "è la verità". Poi si girano e d'un tratto non è più così, muto di nuovo forma, mentre aspetto che il senso delle cose gli si riveli sotto il naso. Freddo come la neve. Poi al sole si scioglie.
Come sto? Forse dovrei prendere una XXL. O forse dovrei perdere qualche chilo. Mi sto riempiendo di cioccolata e stima di me. Potrei seguire la dieta del caffè espresso facendo finta d'essere depresso, continuando a guardarmi i piedi senza mai alzare la testa verso il cielo per paura che le cose possano iniziare ad andare per il verso giusto. 
Non ho scheletri nell'armadio, li tengo sotto il letto perché possano respirare con meno affanno. Provate voi a stare rinchiusi per ore e ore dentro il guardaroba senza vedere mai la luce del sole. Io li tratto bene, mi prendo cura di loro, sono i miei scheletri, e di nessun altro. I peli sulla lingua li lavo regolarmente, shampoo e balsamo, ci tengo alla cura della mia persona, sono un esteta, ho la faccia lavata e una mano aiuta l'altra. Di mestiere faccio l'orecchio da mercante, ascolto ma non importa, tanto domani ne diranno di nuove. A proposito, il mio carbone è bagnato, ma continuo a cucinarci sopra delle ottime salsicce. E' vero, tutto fumo, ma alla fine l'arrosto viene bene lo stesso. E se ve lo chiedono, ho la testa sulle spalle ma non l'ho messa io lì. Dicono di me che sono  un uomo tutto d'un pezzo, ma ciò non significa che certe palle non si possano rompere. 
A parte questo, se l'occhio non vede occorre un oculista, ma se il cuore non duole va ancora tutto bene, la salute innanzitutto. Certe bugie poi hanno le gambe corte, ma possono comunque essere all'altezza della situazione...

giovedì 15 gennaio 2015 5 commenti

Parra cu idda

"Io amo questa città con un rapporto sentimentale preciso: quello che può avere un uomo che si è innamorato perdutamente di una puttana, e non può farci niente, è volgare, sporca, traditrice, si concede per denaro a chicchessia, è oscena, menzognera, volgare, prepotente, e però è anche ridente, allegra, violenta, conosce tutti i trucchi e i vizi dell'amore e glieli fa assaporare, poi scappa subito via con un altro; egli dovrebbe prenderla mille volte a calci in faccia, sputarle addosso "al diavolo, zoccola!", ma il solo pensiero di abbandonarla gli riempie l'animo di oscurità." 
(Giuseppe Fava, da "I Siciliani", 1980)

Le viscere e gli intestini di noi siciliani sono maledettamente avvelenati da una dolce seppur triste malattia che in maniera quasi scellerata ci lega alla terra natìa. E non ci saranno luoghi oltre lo stretto che sapranno carezzare le nostre gote come il vento che spirando da sud ci riporta gli odori delle zagare e degli arancini. E come affamati da quei ricordi continueremo a trascinare sulle nostre spalle il pesante fardello della nostalgia, perché non osiamo immaginarci altrove se non fra le sponde delle nostre torbide e limpide acque. Tuttavia non esiste male peggiore e non esiste cura migliore per un cuore che a fatica si fa forza, trascinandosi oltre le rive del mare che ci circonda e da cui siamo stati generati, emarginati, vittime della nostra stessa solitudine.

"Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui noi abbiamo dato il 'la'."
(Giuseppe Tomasi di Lampedusa, da "Il Gattopardo")

Abbiamo il volto sfigurato dalle mille e una notte fatte di stelle bizantine, romane, arabe, normanne, mentre a capo chino abbiamo sempre accettato questo o quell'altro padrone, eterogenei e senza personalità, uno nessuno e centomila ancora una volta e invano, in eterno, cerchiamo di guardarci allo specchio per riconoscerci. Tutto e niente, mentre fra le vie dei nostri quartieri eleganti e signorili si intrecciano le sinuose forme del barocco e del rococò, testimonianze di chi ha saputo conciarci come una bella sposa prima d'andare in moglie a molteplici mariti. Ed è forse questo che siamo: eterna ricerca di noi stessi, travagliata miseria che inerme sfocia nella noia ma che sa d'incanto.

"Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali."
(Giuseppe Tomasi di Lampedusa, da "Il Gattopardo")

L'isola che non c'è e quella che verrà, nei sogni di chi l'ha vista solo in cartolina e di chi l'ha vissuta con le sue contraddizioni. Ma finché resta tempo lasciami dormire, rapito dal lungo sopore da cui mai vorrò destarmi, cullato dall'onirica voglia di non vederla mai cambiare, affinché tutto resti com'è, in disordine. Ma lasciami qui, fra la Valle dei Templi e l'Etna, fra la Scala dei Turchi e Ortigia, fra Anapo e Aretusa, tra cannoli e cassate voglio vivere il mio tempo.

"Di fronte m’eri Sicilia, o nuvola di rosa sorta dal mare! E nell’azzurro un monte: l’Etna nevosa. Salve o Sicilia! Ogni aura che qui muove pulsa una cetra od empie una zampogna e canta e passa…Io era giunto dove giunge chi sogna."
(Giovanni Pascoli, "L'isola dei poeti")
 
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