giovedì 30 agosto 2012 2 commenti

(S)guardo

Visto da qui, un chilo di ferro pesa più di un chilo di paglia. Visto da qui, aprire l'ombrello quando piove impedisce ai mari della terra di riversare le proprie lacrime sulla nostra pelle. Visto da qui, non sono gli ultimi ad essere i primi, né tanto meno saranno i primi ad essere gli ultimi, ma semplicemente chi sta in mezzo saprà godersi gli equilibri della vita. Visto da qui, i soldi comprano la felicità, ma sono ugualmente disposti a rivenderla al medesimo prezzo. Visto da qui, sono i mercati ad andare al mercato, riempiendo le borse della spesa di anime e sogni. Visto da qui, lo spread non è il differenziale fra titoli di stato, ma sono le diottrie che mancano agli uomini per poter osservare le stelle. Visto da qui, la Siria non ha abbastanza oro nero da giustificare una missione di pace. Visto da qui, la Libia ne aveva abbastanza da giustificare una guerra. Visto da qui, non è crisi, ma è abbondanza. Visto da qui, non è l'uomo che crede in dio, ma è dio che crede sul serio d'esistere. Visto da qui, l'abito deve fare il monaco. Visto da qui, non è il futuro a far paura, ma è sempre lo stesso passato ad annoiare un po'. Visto da qui, non lo chiamerei pessimismo. Visto da qui, non lo chiamerei ottimismo. Visto da qui, alla fine i conti con la realtà li facciamo tutti. Visto da qui, non sono i calciatori a guadagnare troppo, ma è la gente a passargli lo stipendio. Visto da qui, non è la tassa sulle bibite gassate, è certa gente che si gassa con le tasse. Visto da qui, non è il silenzio a dir di sì, ma è la parola che manca per dir di "no". Visto da qui, non sono i vegetariani a non mangiare carne, sono i carnivori che purtroppo hanno smesso di mangiare vegetariani. Visto da qui, chi dorme non piglia pesci, ma può sempre sognarli. Visto da qui, chi pesca sveglio spesso se ne torna a mani vuote. Visto da qui, non è il tempo ad esistere, ma siamo noi ad avere bisogno di misurarlo. Visto da qui, non è dove sei, ma con chi stai. Visto da qui, non è la luna piena, ma sono gli occhi di chi la vede. Visto da qui, non è il rischio di viverlo, ma di ricordarlo. Visto da qui, non sono i grandi uomini a fare le masse, ma sono le masse a fare grandi gli uomini. Visto da qui, avere paura d'accettare le grandi contraddizioni della vita impedisce d'assaporare la felicità delle coerenze che ne derivano. Visto da qui, non serve che sia "per sempre", ma basta gioire del "per ora". Visto da qui, "occorre che tutto cambi affinché tutto resti com'è". Visto da qui, non è il dirigente, ma sono i diretti interessati. Visto da qui, conveniva un po' per tutti, anziché tanto per pochi. Visto da qui, è meglio una realtà che ferisce di un'apparenza che inganna. Visto da qui, non c'è Jekyll senza Hyde. Visto da qui, l'arcobaleno ha gli occhi azzurri e i capelli biondi. Visto l'orario, credo sia ora d'andare a letto...
domenica 12 agosto 2012 2 commenti

Affittasi bilocale

C'è una stanza nella nostra mente subito accanto a quella della memoria in cui vengono stipati i fantasmi dei ricordi. La memoria tiene la porta sempre aperta e lascia che chiunque, liberamente, possa entrare ed uscire a proprio ghiribizzo e discrezione, inquilini di passaggio.
Tra i ricordi invece è consuetudine che ci sia maggior discrezione, la porta resta sempre chiusa e varcano la sua soglia solamente pochi e meritevoli eletti.
Alcuni se ne stanno lì fermi per anni dopo esservi entrati e invecchiano fra l'odore acre delle sigarette e della monotonia. Non è possibile infatti che abbandonino la propria dimora quando lo desiderano dato che solamente il caso o la triste mancanza può dar loro la libertà. Ed è un bene per la sanità mentale del padrone di casa che se ne stiano per lungo tempo segregati dentro. 
I più giovani ricordi, da poco entrati, sanno che difficilmente verranno chiamati all'appello fuori dalla stanza, per questo se ne stanno silenziosi a girarsi i pollici sdraiati nelle loro brande e guardando il soffitto. Gli anziani, ben coscienti che da un momento all'altro può giungere il loro turno, sono sempre carichi e pronti, in attesa di poter sfogare l'energia accumulata nel tempo che tutti gli uomini sono soliti chiamare "nostalgia".
Basta poco, purtroppo, affinché gli sbarramenti si spalanchino. Un odore familiare, le note già suonate di un'amara melodia o, più spesso, rielaborazioni di realtà vissute e riproposte dal desiderio, ladruncolo da strapazzo che a volte forza la serratura e lascia che ricordi, vecchi e giovani, fuggano via.
Non appena per uno di questi svariati motivi i sedentari e silenziosi inquilini hanno la possibilità d'evadere, s'incanalano come forsennati nel torrente ematico e raggiungono ogni organo o angolo del corpo. La mente, padrone di casa, per evitare lo shock tenta quindi in tutti i modi d'arrestare la loro avanzata; i giovani ricordi, ancora inesperti, vengono a volte ricacciati dentro, ma gli anziani, abili e saggi, guizzano via e corrodono dall'interno.
Come tarli affamati macinano cuore e fegato, creando disturbi e risentimenti. Gli occhi, vittime degli stessi trattamenti, vengono costretti a proiettare nella mente quanto in passato ebbero modo di vedere, perché è proprio l'atto visivo il diretto responsabile della segregazione di giovani ed anziani nella stanza dei ricordi. Per questo motivo, per avere vendetta certa, l'energia sprigionata, la "nostalgia", è così potente da invadere anche gli attimi in cui si guarda la vita ad occhi chiusi, cioè i sogni. Nemmeno loro vengono risparmiati e sfortunata è la sorte di chi sguinzaglia i ricordi nel sonno, poiché è così reale la situazione in cui la mente viene dolcemente catapultata che il risveglio infrange per due volte la speranza che sia ancora una volta tutto vero.
L'unico modo per liberarsi della stanza dei ricordi è l'apatia, ma questo implicherebbe un'esistenza di distacchi, lontana dai piaceri e dal sale della vita.
Alcuni, invece, decidono di rendere innocui i fantasmi del passato rimpiazzandoli con un nuovo presente. Questa però è una soluzione in fin dei conti trascurabile, perché alla sopraffazione dell'uno corrisponde la nuova e possente forza dell'altro.
E' innegabile, a questo punto, che ad ogni mancanza corrisponde il ricordo d'aver avuto, mentre nuovi inquilini vengono ospitati nel corso della vita. 
E secondo il postulato che non esiste "nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria", molti uomini sono indotti ad aver paura della vita e della felicità, scansando quanto di più piacevole possa offrirgli l'esistenza poiché, a ragion veduta, ogni inizio decreta immancabilmente una fine. 
Ma se il timore del non-essere ci priva d'essere, chi può dire d'essere?
giovedì 9 agosto 2012 4 commenti

Schwazer & Co.: dopati di vita

Avrei preferito ricominciare a postare, dopo tutto questo tempo di pausa creativa, senza appesantire le vostre noie con un'attualità che già conoscete. Purtroppo i TG di quest'ultimo periodo hanno contribuito, giorno dopo giorno, ad accrescere i livelli di vomito acido e rancido dentro il mio stomaco fino a giungere, adesso, alla sboccata definitiva con questo post.
Prima gli Europei, adesso le Olimpiadi. Un anno sportivo, pieno d'eventi a rotazione e con la Rai che si rimpinza di diritti televisivi, share e pubblicità. Purtroppo però, nello sport che move il sole e l'altre stelle, un'improvvisa eclissi ha gettato un'ombra densa e pesante su un nostro atleta montanaro e ghiotto di Kinder Pinguì: Alex Schwazer.
Il 6 agosto infatti, dopo un controllo antidoping a sorpresa del 30 luglio scorso, viene trovato positivo all'EPO (eritropoietina), decretando l'inizio del suo inferno in terra fatto di tribolazioni e gogne mediatiche. Una società pulita e corretta come la nostra non può permettersi scivoloni del genere, ancor più in ambito sportivo, dove siamo abbastanza forti da eccellere senza l'aiuto della scienza. Vergogna, biasimo e vituperio quindi brucino come rogo le carni del povero Schwazer, perché noi non perdoniamo, lo sport non perdona, la legge non perdona, le regole... vanno... rispettate... senza "se".... e... senza... "ma"... un gesto... riprovevole... che occorre... condannare?
Io non so se tutte le giornaliste o i giornalisti che si sono cimentati nella diffusione della notizia hanno abbastanza senso della realtà da non rendere i loro servizi così ipocriti e schifosamente falsi. Non posso chiedere, sia chiaro, che non si condanni il gesto di Schwazer, ma ho come l'impressione che tutti ci stiano prendendo un po' la mano e che abbiano trovato il momentaneo capro espiatorio per la purificazione di peccati che da lungo tempo ci si ostina a nascondere.
Lo sport, ormai dagli anni 50, si trascina dietro un'accozzaglia di elementi guasti, falsi e bugiardi che giocano al piccolo chimico. Ogni ambito della vita è intriso della stessa voglia di riuscire e superare il prossimo salendo il gradino più alto del podio, in un circolo vizioso che in onor del fine giustifica ogni mezzo. Non si tratta di doping, si tratta d'arrivare per primi. Ma continuiamo a parlare di sport.
Hulk Hogan nel 1994 in un processo per doping contro la World Wrestling Federation ammise di aver utilizzato steroidi per 12 anni.
Ben Johnson, centometrista, corse come un missile durante i Giochi olimpici di Seoul, vincendo la medaglia d'oro, stabilendo un nuovo record mondiale e stracciando il suo rivale Lewis. Alcuni giorni dopo, analizzando le urine del supereroe, venne rilevata la presenza di steroidi e il povero Johnson fu costretto a riconsegnare la medaglia.
Arnold Schwarzenegger, bodybuilder di fama mondiale e sette volte Mr. Olympia,  ha ammesso d'aver fatto uso di steroidi anabolizzanti. In risposta a quanto dichiarato da Arnold, il vecchio presidente Bush Sr. lo nominò quindi direttore del Consiglio sul Fitness e sullo Sviluppo Fisico.
Sylvester Stallone ha per anni fatto il fattorino degli steroidi. Un po' come l'uomo del latte, con l'unica differenza che davanti al portone di casa lui lasciava siringhe e lacci emostatici. 
Daniele Seccarecci, bodybuilder italiano, è stato da poco arrestato per uso e commercio di sostanze dopanti. Ora, se vi posto una foto di Hannibal Lecter voi dubitate che sia vegetariano. Se vi posto una foto di Seccarecci, credete forse che sia diventato così a fette biscottate e marmellata?


Mark McGwire, giocatore di baseball statunitense, sfondò nel 1998 il record di 70 home-runs. Osannato come un Gesù Cristo nella sua ipotetica seconda venuta, nel gennaio 2010 ammise d'aver fatto uso di steroidi. Barry Bonds nel 2001 ruppe il record di McGwire: 73 home-runs. Almeno lui era pulito. Invece no. Doping anche stavolta. Si alzò un polverone e saltò fuori il nome di Victor Conte, papà steroide, ex musicista, fondatore della BALCO (centro di studio e ricerca). Si scoprì che aveva fornito sostanze dopanti a centinaia di atleti professionisti. I suoi campi di gioco preferiti erano quelli del baseball e delle piste olimpioniche.


Ci siamo limitati al farmaceutico-scientifico, ma non dimentichiamoci che il problema non è il doping in sé, ma il raggiungimento della vetta, con qualsiasi mezzo possibile.
Tonya Harding, ex pattinatrice artistica su ghiaccio, nel 1994 ideò un piano diabolico insieme al marito Jeff Gillooly per mettere fuori gioco la rivale Nancy Kerrigan. Dopo alcune indagini emerse la verità: Jeff e Tonya furono accusati d'aver pagato un teppistello affinché colpisse Nancy al ginocchio con una spranga, in modo da farle guardare i Giochi olimpici invernali dalle tribune seduta comodamente su una sedia a rotelle.
Rosie Ruiz, maratoneta, (e qua c'è da ridere un sacco), vinse nel 1980 la prestigiosa maratona di Boston, siglando il tempo record di 2.31'56'', migliorando di oltre venti minuti i tempi precedentemente stabiliti. Giunse al traguardo fresca come una rosa, non puzzava nemmeno di sudore e spiegò ai giornalisti che, semplicemente, "si era svegliata piena di energie" quella stessa mattina. Già, piena di energie e con i biglietti della metropolitana in tasca. Si scoprì infatti che la Ruiz più di una volta si servì della metro per accorciare le distanze e per questo motivo nessuno poteva testimoniare il suo passaggio ai checkpoint. Perché doparsi, quando puoi semplicemente pigliare l'autobus?
Tiger Woods, celebre golfista statunitense, si è sottoposto ad un'operazione agli occhi detta Lasik e adesso la sua acutezza visiva raggiunge i 20/15. Per rendere l'idea, un occhio sano e funzionale può raggiungere i livelli massimi di 20/10. 
Woods è quindi decisamente sopra la media e potrebbe infilare senza problemi una pallina da golf nel vostro ano mentre correte nudi dall'altra parte della strada.

Adesso tenetevi forte perché siamo alla frutta.


E' proprio questo il punto. "Ogni singola persona cerca d'avvantaggiarsi sull'altra, al fine di vincere quella determinata battaglia". Qui non si tratta di Schwazer, non si tratta di Arnold o di tutti gli altri fanfaroni che hanno venduto l'anima al diavolo pur d'arrivare in alto. Il problema è la lunga, incessante corsa dell'evoluzione e della sopravvivenza che lascia spazio solo al mito, al supereroe, dove non c'è posto per i mediocri ma solo per chi eccelle. E la società marcisce, perché ogni concorrenza può essere una minaccia e a decretare chi sarà il pesciolino rosso o lo squalo lo decide chi per primo mangia l'altro. Non c'è tempo, in ufficio, in pista, in strada, in campo, sul ring. La vetta non aspetta. 
Schwazer non impersona il dramma dell'atleta che è caduto nel baratro del doping, vorrei che lo capiate. Schwazer è l'ennesima metafora di una vita che non conosce morale e sa contare solamente fino ad 1. 


(gli spezzoni che ho caricato sono stati estrapolati dal film "Bigger, Stronger, Faster")
 
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