martedì 1 ottobre 2019

La storia dei centrini

I centrini non sanno qual è il loro posto. Non comprendono per quale motivo sono diventati un ornamento. Non fanno parte dell'arredamento, non sono necessari perché i vasi, i fiori, i cestini pieni di biscotti, le foto dei momenti dolci e amabili, tutti, stanno comunque in piedi anche senza di loro.
Non c'è un motivo ben preciso per cui un giorno decidiamo di prenderne uno, di centrino. Rimane in silenzio, nel suo piccolo spazio, aspettando che qualcosa si poggi su di lui. Sostiene, regge al fardello dei giorni silenziosi che passano, a prescindere dal significato delle cose, per evitare che ciò di cui si prende cura incoscientemente si rovini o venga urtato dal peso delle lune, di traverso, che passano. Sa bene di essere poco utile, ma lo fa lo stesso, pazzo d'
amore nel dubbio di servire a qualcuno. E' la sua unica verità ed è la sola cosa che sa. Protegge, senza chiedere niente in cambio, incondizionatamente.
A volte non hanno bisogno di essere lavati, rimangono casti e puri, bianchi o del colore che gli appartiene, senza macchia fino a che il loro stesso ospite non li sporchi. Hanno dei difetti anche i centrini, magari sfilacciati agli angoli dei loro caratteri miti, spigolosi a volte ma cortesi e leali. Sono stati cuciti da mani sapienti e pazienti, mani che con garbo li hanno lavorati ed educati.
Mentre passano le stagioni e l'autunno fa capolino fra le finestre e l'estate è ormai un dolce ricordo, loro osservano con attenzione il tempo che passa, ascoltano le persone che siedono al tavolo, i litigi, i pianti, ma restano impassibili.
A volte si sentono un po' stretti, nel ruolo che gli è stato assegnato. Perché nonostante tutto, continuano a ripetersi "vai via", sparire senza dire nulla, ma credono sempre di essere importanti, per qualcuno o per qualcosa, fosse anche per se stessi, dato che la Natura non può essere rinnegata.
In realtà i centrini soffrono, non lo dicono né lo danno a vedere, ma tendono a provare delle emozioni, anche quando il mondo circostante non si accorge di loro.

Ed è il loro maledetto destino, chiedersi il "perché?" ma fare il possibile, quasi in ogni occasione venga richiesta la loro presenza.
Se non sono importanti nel momento in cui servono, pensano con umiltà di esserlo stati, in passato, in un grande castello o in una casa ricca, sfarzosa e piena di lusso. Tuttavia, in quei casi, nel lusso intendo, si sentono a disagio, perché loro, i centrini, sono così discreti da non mostrarsi mai superiori. Possono essere solo primi, primi fra pari. A volte soffrono anche della solitudine dei numeri primi.
Di solito sono belli, vengono apprezzati e qualcuno, per loro disgrazia, li sceglie donandogli il ruolo stesso di centrino. Potrebbero essere incorniciati e appesi al muro, in modo che il motivo del loro essere tali abbia almeno un po' di dignità, ma risulterebbero banali e questo non è possibile per chi arreda la casa della propria anima con rigor di logica e autismo. Non esistono centrini brutti, proprio perché non servono vanno creati belli, altrimenti non li accetterebbero mai e se li scegli, significa innanzitutto che sono graziosi, cuciti a modo, con tanta pazienza e i ghirigori giusti, intrecciati come il loro carattere tortuoso, ma sincero. Sono belli, è vero, ma fino a un certo punto. Di solito, per loro, non c'è spazio nella modernità e non sono più al passo coi tempi. Puoi vederle solo nelle case dei nonni, dove regna l'amore per le cose semplici, non qui, nelle dimore delle vaste e poliedriche forme delle città. Se sono gemelli, diversi, non sai dove metterli senza che si scontrino.
Lì fuori c'è la possibilità di innamorarsi di nuovo di qualcos'altro, e poi ancora una volta, forse all'infinito, finché non si è stanchi di cercare e si trova ristoro nel calore del talamo nuziale, accanto al quale, forse allora, in quel momento, nei comodini accanto, appariranno dei centrini, perché loro sono utili solo quando l'amore per le cose semplici ma essenziali è reale e non ha più paura del domani che potrebbe cambiare le cose. Ma ad essere sinceri, suvvia, poi, al matrimonio, chi ci pensa? Chi farebbe mai una lista nozze con dei centrini? Chi regalerebbe mai un centrino? Un centrino, se ce l'hai, te ne liberi. Se lo vuoi, te lo compri, con l'animo materialista di chi si serve di qualcosa, ma non ha bisogno di niente, in realtà. Un po' come un nuovo paio di scarpe. Se serve, è l'ultimo modello. Se ne hai bisogno, ci cammini dolcemente fino alla fine dei giorni, con la suola distrutta e i lacci strappati, sporche di fango e lacrime. Perché erano tue, quelle scarpe e le hai indossate. Profumano di te. Prima erano in negozio e odoravano di fabbrica, tutte uguali. Adesso, profumano di te, ed è intimo, le hai addomesticate, come la volpe. Loro ti amano e tu ti fidi di loro perché le conosci. Quelle nuove, invece, devono ancora prendere la giusta forma del piede e potresti dover di nuovo sopportare dei calli o dei duroni che nel corso delle giornate fanno male, al passo, quotidiano, mentre fai la spesa o una passeggiata, mentre vai al parco a prendere un gelato o corri sull'asfalto. E ti ricorderai poi di quelle care, vecchie scarpe. Vecchie, è vero, ma dio quanto erano comode e con morbidezza, ma anche sensualità rara, accarezzavano i tuoi piedi. Forse per questo sai di volergli bene. Difficilmente le rimpiazzi, perché il nuovo è forse più bello, eppure scomodo, come dicevo, perché la sicurezza di un amore innato è come il primo paio di scarpe. Se ne compri uno nuovo, probabilmente lo lascerai nella scarpiera. Ti consola il solo fatto di averle e arriverà l'occasione ideale per usarlo. Le hai comprate di nuovo forse solo per curiosità. 
Le vecchie scarpe, invece, non rimangono nella scarpiera ad aspettare un segno del destino per essere usate, ma sono sempre lì, a portata di mano, perché ne puoi avere sempre bisogno per fare un giro sul lungomare, al tramonto e ti porteranno fino in America, se necessario, perché saranno le prime cose che indosserai per portarle con te.
Voi avete un centrino in casa?
E' oltremodo vero che se io ne parlo, quasi alle prime luci dell'alba, in una notte insonne passata a rimembrare vecchie gioie e sentimenti che volano via nel vento, significa che valgono qualcosa, i centrini.
Nel frattempo, mi ripeto che non importa il senso dei centrini. Importa ciò che lasciano, non la conclusione. Loro, se servono e quando servono, sono pronti ad accogliere una nuova anima, lasciandosi alle spalle un'altro vaso o mazzo di fiori, donato con amore e appassito nell'arida e incomprensibile necessità di solitudine.



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