Fra le solite luminarie di Natale a intermittenza s'accendono e si spengono gli affetti degli uomini e dei mezzi uomini, mentre per le amicizie, quelle vere, c'è sempre spazio, fin quando non passeranno le feste e ce ne dimenticheremo, abbandonate in uno scatolone polveroso fatto di ricordi e pastorelli. Ed ogni anno si rinnovano, le bugie e le promesse, i vecchi e i nuovi, buoni propositi per tenersi vivi e credere illusi, ancora una volta, che cambiare si può. E tutto cambia, in fondo, per restare com'è. Un nuovo calendario appeso alla parete e una foto da bambino sulla credenza, metafora dei giorni che sono passati, disegnati sui fogli delle copisterie coi nomi dei santi, ma vivi e vegeti nei ricordi di chi li ha vissuti settimana dopo settimana, mese dopo mese, anno dopo anno, vedendosi invecchiare, crescere, cambiare.
Tra la fine e l'inizio il salto è breve, ma ad opera già iniziata attendere la fine è una lunga prova di forza e nervi. Lettere d'amore e biglietti d'auguri, anonimi, perché in fondo cosa importa, fa sempre piacere riceverli. Dedicare un pensiero, strappare un sorriso o perdersi fra occhi lucidi ma sconosciuti incrociati per pochi secondi e figli dell'attimo fuggente, in un gioco di schiaffi e carezze, di falsi contatti e scintille, nati dall'incrocio fra la curiosità donna e la scoperta uomo.
Poi mi illudo che le cose peggiori dei giorni nostri inizino la mattina con il caffè bruciato e finiscano la sera con il pattume pieno e il freddo gelido. E mentre qualcuno sceglie se essere vegetariano o di destra, se dire o fare, se mangiare o bere, se Vodafone o Tim, se bianco o nero, se Apple o Android, se le scarpe o la sciarpa, se il mare o la montagna, se Budda o Allah, in nome di Dio salvate la regina perché solo lei può ancora tenerci tristemente ancorati alla falsa speranza che la nostra realtà è davvero quella giusta.
E allora ognuno con la sua forma, calda e confortevole, per vivere per qualcosa o per qualcuno, perché senza nessuno certi fili sottili legati al senno d'identificarsi rischiano di spezzarsi, annullando, dio non voglia, quell'incantesimo che ci rende docili e mansueti e che comunemente chiamiamo ruolo, divisi fra affetti e società. Marito, moglie, figlio, avvocato, dottore, geometra, architetto, scultore, untore, pastore, istruttore, fratello, sorella, amico, zio, zia, nonna, calciatore, conduttore, panettiere, dentista, cuoco, parrucchiere, meccanico, bianco, nero, frocio, lesbica, drogato, barbone, un nome per ogni cosa che ci identifichi e ci cataloghi, perché fra di noi sia facile discernere fra bene e male.
E se volessi provarli tutti, per il gusto di non poter mai dire cosa sono o chiamarmi per nome, per non avere di me una ed una sola idea, per tirare fuori dal cilindro la faccia giusta per ogni occasione. E allora non saprai mai con chi avrai a che fare, perché sarò fuori produzione, senza stampo o marchio. Non ho mai pensato con la mia testa. Non ho mai comprato senza che non mi dicessero dove spendere i miei soldi e non ho deciso io con quale regalo fare bella figura.
E se volessi provarli tutti, per il gusto di non poter mai dire cosa sono o chiamarmi per nome, per non avere di me una ed una sola idea, per tirare fuori dal cilindro la faccia giusta per ogni occasione. E allora non saprai mai con chi avrai a che fare, perché sarò fuori produzione, senza stampo o marchio. Non ho mai pensato con la mia testa. Non ho mai comprato senza che non mi dicessero dove spendere i miei soldi e non ho deciso io con quale regalo fare bella figura.
Poi mi rileggo, già scritto. Poi mi sento parlare, già detto. E allora mi riguardo, a capodanno un anno dopo, in un film già visto, e ho come l'impressione che di questa vita me ne abbiano data una copia...