lunedì 13 aprile 2015 0 commenti

La firma

S'alzo di buona lena alle prime luci del mattino, nonostante si fosse ripromesso la notte precedente di dedicare quel giorno di riposo alle attività che più lo rallegravano.
Un sole pigro a stento si levava sul cielo terso mentre qualche pallido e umile raggio di luce filtrava fra le tende della finestra.
Dopo una magra colazione si vestì di tutto punto alla maniera di chi non si cura del tempo che passa e fiero del proprio gusto s'ammirava allo specchio senza mai guardarsi negli occhi per paura di non riconoscersi in quel miracolo d'eleganza. Faccia lavata.
Spalancata la porta di casa, l'aria birbante del mattino gli accarezzò le guance che per tutta risposta arrossirono non per il freddo ma per la gioia d'essersi finalmente destate dal sopore della notte.
A passo lento s'avviò verso la banca, scrutando con dovizia di particolari il mondo frenetico che lo circondava lungo la via. Da un lato certi spensierati scolaretti animavano il passeggio, dall'altro alcune donne di casa con foga schiantavano i tappeti contro il marciapiede.
Nonostante fosse arrivato in tempo a destinazione, altri clienti prima di lui avevano già preso parte alla fila verso lo sportello. Poco male, pensò. Si mise a sedere e iniziò a sfogliare un quotidiano con notizie fresche di giornata. La borsa cede il... La procura indaga... 53... Scandalo in regione (sai che novità, che vergogna, dove andremo a finire)... 54... Scoperto il gene che causa l'alopecia... 55... Arrestato (finalmente, sporca canaglia)... 56!
Era il suo numero. S'alzò di scatto, posò il giornale e s'avvicinò allo sportello.
Stavolta la burocrazia non pose limiti alle sue richieste e con i documenti giusti alla mano, intendendosi subito con l'impiegato, velocemente slegò i vincoli e con l'approvazione dell'alto consiglio dopo aver calcolato il coefficiente di reddito in base alla rendita catastale dell'immobile moltiplicato per il numero di membri del nucleo familiare ottenne la concessione edilizia senza dover rinunciare all'usufrutto dei beneficiari.
"Abbiamo quasi finito. Una firma qui"
Firma
"Un'altra qui..."
Firma
"Una qui..."
Firma
"Qui..."
Firma.
"Ne abbiamo dimenticata una. Eccola..."
Firma. E ad ogni firma la sua mano tracciava un solco diverso sulla carta.
Firma. Gli scappò una lettera.
Firma. E continuando a riscrivere il suo nome in mille modi diversi gli sembrò di frantumare la sua coscienza e le sue certezze.
Firma. Ancora.
Firma. Ancora diversa. E mi ricordo. Questa volta ho sbagliato perché mi ricordo di quando gli promisi che sarei andato a casa sua..
Firma. Diversa. Ma in quell'occasione non era colpa mia..
Firma. Ma guarda la lettera "E" com'è venuta aperta. Sembra così arrogante.
Firma. E ancora, ancora, mentre la sua identità si ribaltava lungo i tratti dell'inchiostro quasi a voler testimoniare contro la sua labile personalità.
Firma. E non gliene veniva una identica all'altra. Sempre diverse.
Firma.
"BASTA, abbiamo finito! Vada via, la smetta!"
Firma. E continuò senza sosta, scarabocchiando il suo nome sulle pareti, addosso ai clienti, sulle sedie e sui tavoli in cerca dell'identica idea di se stesso che in tutti questi anni s'era costruito e che, a ragion veduta, non era reale.
Uscì dalla banca in preda al panico, penna in mano e scrivendo su qualsiasi superficie gli capitasse a tiro. In faccia alla gente, sull'asfalto, sulle porte delle case, sulle vetrine dei negozi. 
Vedendolo così ammattito, un passante si prese la briga di chiamare la neuro.
Il sole adesso era alto in cielo, scaldava a dovere e senza batter ciglio inondava di luce la strada. Una povera vecchietta trovatasi per caso nei paraggi si sputò sul braccio tentando con energia di cancellare via dalla pelle le ultime tracce d'inchiostro...
 
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