mercoledì 29 febbraio 2012 3 commenti

Per la serie "L'ho visto...!!!" - Star Wars Episodio II - L'attacco dei cloni


Titolo: Star Wars Episodio II - L'attacco dei cloni
Anno: 2002
Durata: 143 min

Star Wars Episodio II - L'attacco dei cloni è il secondo capitolo della saga. Confesso che non l'ho apprezzato come il primo e i continui, brevissimi cambi di scena hanno il sapore di tagli improvvisi alla narrazione, noiosi. Insopportabili, permettetemelo da neofita della critica cinematografica, le scene girate nei locali della movìda stellare: decisamente lontane dallo stile antico (a cui sono molto affezionato) degli altri capitoli meno recenti. Nonostante tutto, stiamo pur sempre parlando di "Star Wars" e qualsiasi critica si perde di vista di fronte all'alone di successo che ogni film porta con sé. 

Non c'è pace per la Repubblica Galattica. Dopo la crisi attraversata 10 anni prima, nuovi pericoli minacciano la sua stabilità. Responsabile di queste tribolazioni è il Conte Dooku, ex apprendista del maestro Yoda ed ex maestro di Qui-Gon Jinn, il quale si pone a capo del Movimento Separatista per mettere i bastoni fra le ruote alla Repubblica. 
Il Senato dunque, per poter cercare di fronteggiare la crisi, ha in mente di creare un esercito proprio da affiancare al sostegno dato dai cavalieri Jedi. Titubante, però, la Regina Padmé Amidala decide di tornare a Coruscant per esternare le proprie preoccupazioni in Consiglio. Durante il viaggio, però, un misterioso attentatore cercherà di toglierle la vita. Per evitare ulteriori problemi, il Consiglio decide di affidarla alla protezione di due Jedi, Obi-Wan Kenobi e Anakin Skywalker, nel frattempo cresciuto e divenuto allievo padawan.
Anakin, vuoi per il tempo trascorso con lei, vuoi per l'affinità che li unisce entrambi, s'innamorerà della Regina ponendo le basi per ciò che in futuro lo avvicinerà al lato oscuro della forza. 
Intanto Obi-Wan, sotto ordine dei suoi compagni Jedi, parte alla ricerca dell'attentatore. Approdato a Kamino, pianeta sconosciuto dagli archivi, scoprirà che un esercito di soldati cloni è già stato costruito e messo a disposizione del Consiglio.
Sempre a Kamino Obi-Wan avrà modo di conoscere il cacciatore di taglie Jango Fett, campione umano per la moltiplicazione dei cloni e mandante del sicario ingaggiato per uccidere Padmé. 
Nel frattempo il Conte Dooku raccoglie le ultime forze per sferrare l'attacco decisivo alla Repubblica... 

« Su tutto l'ombra del Lato Oscuro calata è. Cominciata la Guerra dei Cloni è. »
(Yoda)
martedì 28 febbraio 2012 1 commenti

Per la serie "L'ho visto...!!!" - Star Wars Episodio I - La minaccia fantasma


Titolo: Star Wars Episodio I - La minaccia fantasma
Anno: 1999
Durata: 133 min
Genere: Fantascienza, azione

Star Wars Episodio I - La minaccia fantasma è il primo capitolo della famosissima saga ideata e diretta da George Lucas. Cronologicamente parlando, la serie inizia dalla fine per poterne in seguito spiegare l'inizio. I film più recenti di Star Wars, infatti, si legano a ruota a quella che è la conclamata storia di Luke & Company datata 1977. In fin dei conti tutto ha un inizio e l'irriverente non certo consueta narrazione logica seguita da George Lucas rende altrettanto speciale questa fantastica serie.

La Repubblica Galattica è in crisi. Dopo la tassazione delle rotte commerciali, la Federazione dei Mercanti senza autorizzazione alcuna manda delle navi da guerra nel piccolo pianeta di Naboo. Questo complica le cose e rende gli animi ancor più tesi. Il Cancelliere della Repubblica Valorum decide quindi di inviare due cavalieri Jedi, il maestro Qui-Gon Jinn e  il suo apprendista Obi-Wan Kenobi, per poter negoziare un accordo.
E' evidente però che il sistema dei mercanti, sotto l'influenza del perfido signore Darth Sidious, è stato inevitabilmente corrotto. I due Jedi, dopo essere riusciti a fuggire dalla nave stellare della Federazione, giungeranno a Naboo, luogo in cui scopriranno le reali intenzioni dei mercanti: l'occupazione.
Messa in salvo la regina di Naboo Amidala e fuggiti dalle insidie delle flotte nemiche, i due Jedi, a causa di un danno alla nave stellare, saranno costretti a rimanere su Tatooine. Qui incontreranno il giovane Anakin Skywalker (futuro Darth Fener) che li aiuterà ad ottenere i ricambi per la nave e a ripartire per Coruscant, sede del Senato della Repubblica.
Giunti a Coruscant, i due Jedi, insieme al Senato e alla regina Amidala, organizzeranno la rivolta  per sconfiggere la Federazione dei Mercanti e riportare la pace sul pianeta...

Che dire. Sono sempre stato un fan di Star Wars, e io non apprezzo più di tanto la fantascienza. Questa è una fantascienza diversa, ha un sapore un po' retrò ed è pizzicata nelle sue corde dalla filosofia Jedi a sfondo quasi didattico. Nonostante l'evidente distanza fra le generazioni delle due trilogie, non di molto si distaccano i temi e lo stile, se non esclusivamente per gli effetti speciali. Credo che sia uno dei pochi, rarissimi casi in cui il seguito non fa schifo rispetto al successo importante dei suoi fratelli più giovani.
lunedì 20 febbraio 2012 8 commenti

Elogio della critica

Spesso i miei punti di vista o i miei modi d'esprimermi assumono forme inaspettate. Se risulta difficile capirsi anche quando si dà alla propria voce una certa intonazione per distinguere l'inganno dalla verità, figuriamoci leggendo in che maniera possano moltiplicarsi le incomprensioni. 
Altrettanto spesso interpreto il ruolo del polemico o, se meglio vogliamo definirlo, del critico. E' superfluo aggiungere che esprimo semplicemente le mie idee, poi c'è chi le condivide e chi, per fortuna, la pensa diversamente. Mi piacerebbe comunque sfatare l'alone d'odio e di rigetto che molto spesso sono propri di colui che "critica" in quanto, esponendosi troppo, rischia di porre se stesso in livelli decisamente sconvenienti. 
Partendo dall'idea che non tutto ciò che viene pronunciato ha la certezza d'essere supportato dalla verità, è facile intuire che al postulato "A" molto spesso corrisponde la controprova "B". Facilmente confutabili sono quindi le idee di colui che le esprime e altrettanto confutabili sono le idee formulate da colui che le utilizza per confutare le idee in precedenza considerate. Questo porta ad un circolo vizioso tanto lungo quante sono le teste che esprimeranno il proprio dissenso, rendendo arduo interromperlo se non tramite la concretezza dell'esperienza sul campo. Nonostante uno studio sulle aspirine possa confermare la loro efficacia, si è liberi d'asserire il contrario, ma non ne saremo mai realmente certi fin quando i fatti non avvaloreranno le nostre supposizioni e confuteranno lo studio precedentemente ritenuto veritiero. Grossi rischi si presentano anche quando è l'esperienza stessa a rendere accettabili i diversi punti di vista e allora sarà ancor più difficile, se non impossibile, raggiungere un definitivo punto di chiarimento.
Ora, se ci si espone troppo e troppo spesso in maniera opposta ai fatti e ai modi di pensare comuni, è facile assumere posizioni sconvenienti secondo cui i propri punti di vista, anziché essere considerati come tali, vengono additati come una pura e semplice voglia di "criticare" remando, sottinteso quasi sempre in maniera ipocrita, controcorrente.
L'errore di fondo sta proprio qui. Ricordando che nessuno, essendo senza peccato, può permettersi di scagliare la prima pietra, la maggior parte degli interlocutori considerano le semplici e legittime idee altrui come uno spregevole e lapidario attacco nei loro confronti. Data la naturale propensione dell'uomo a proteggere se stesso sia fisicamente ma, soprattutto, psicologicamente, è comunque normale che spesso si passi alla difensiva. Difesa e attacco rendono tuttavia produttivo il discorso quando dal loro confronto nasce, o quantomeno si cerchi di stimolare, il raggiungimento di un punto che accomuni e riappacifichi entrambe le parti. Questo è il nobile lavoro della critica. La critica pianta il seme della relatività ricordando a colui che si sente sicuro delle proprie posizioni che l'incertezza è dietro l'angolo. Quando questo seme cresce abbastanza si potranno quindi assaggiare i frutti dell'umiltà.
La critica è differente anni luce dal giudizio. Nonostante l'etimologia della parola (che ho scoperto poco fa tra l'altro) li renda gemelli, sono due figli di padri differenti. La critica lascia spiragli di luce e incita al cambiamento fruttifero di cui parlavo prima. Il giudizio, incatenando nel carcere della propria sentenza, pone sigilli illiberali sugli altrui modi di pensare. La critica non si serve del giudizio come il giudizio non potrà mai svolgere il lavoro della critica. La critica è e deve essere consapevole dei sentieri e delle strade che potrà eventualmente prendere; il giudizio viaggia su irremovibili binari.
C'è da aggiungere, come ho già poco prima accennato, che colui che decide di farsi carico del tanto nobile quanto rischioso ruolo del "critico", rischia d'attirare su di sé gli altrui dissensi. Questi sono legittimi, per carità, ma se altrettanto docili da saper sempre considerare la loro fuggevole concretezza. Il critico riesce facilmente ad attrarre gli odi e le inimicizie altrui, non perché pretende di dire la verità, ma sia perché molto spesso gli altri considerano le posizioni del critico non in linea col suo pensiero espresso (ipocrisia), sia poiché nessuno a questo mondo può pretendere d'essere preso sul serio quando dice il contrario di tutto. Queste due fondamentali cause coprono gli occhi a coloro che, anziché ringraziare il potere nobile della critica figlia della discussione costruttiva, si scagliano contro colui che ha tentato di far vacillare le loro certezze. E se si ha paura di cadere nel vuoto mentre si passeggia su di un filo, si ha altrettanto paura di perdere gli equilibri sulle proprie verità. Ma è proprio questo il principale lavoro svolto dalla critica: anche se è difficile accettarla come può esserlo ingurgitare una amara medicina, è il primo passo verso l'euprassia. 
Tutto questo, è ovvio, mira sempre e comunque al rispetto degli altrui pensieri, sempre che siano in linea con il buon senso e il raziocinio. E' altrettanto ovvio che non è possibile rispettare le posizioni di colui che calpesta i diritti altrui.
Ben vengano i critici, ben vengano i rompicoglioni, a favore della discussione e della salutare nascita del definitivo e ultimo bene comune. Ché se siamo in tanti a pensare ci sbrighiamo prima...


venerdì 3 febbraio 2012 13 commenti

Conseguenze...

Aspetta un attimo... Vediamo se ho capito...
I primi uomini, degni di questo nome e che non somigliassero a delle scimmie, iniziarono a calcare il suolo terrestre circa 2,4 milioni di anni fa. Scoprirono che per non crepare fosse necessario darsi da mangiare. Si diedero da mangiare, cucinarono pizze, focacce ed arancine ed iniziarono a procreare. Videro inoltre che insieme alle focacce e alle pizze anche gli animali erano commestibili. Li allevarono, alcuni se li tennero in casa, altri li scannarono per fare le salsicce.
I primi beni di consumo, necessari s'intende, si scambiarono tramite baratto. Io do una cosa a te, tu dai una cosa a me. E' ovvio che le donne si trovarono granché avvantaggiate sotto questo punto di vista. 
Dato che le cose spesso non andarono per il verso giusto, essendo difficile mettersi d'accordo fra uomini, decisero di dare valore, non so per quale motivo, all'oro. L'oro poteva tranquillamente essere barattato in cambio di beni. Avvantaggiati da questa situazione furono gli orafi che, assaporando il brivido del potere, cercarono di prendere piede.
Essendoci, anche in quei tempi, abbastanza feccia in giro da poter creare problemi alla società civile, ci si accorse che l'oro, se non custodito, poteva essere rubato. 
Si decise dunque di dare tutto in mano agli orafi, i quali si assunsero direttamente le responsabilità di custodire l'oro che gli veniva consegnato. In cambio, dato che nisciun è fess, si fecero pagare piccole parcelle sull'oro custodito (interessi). Chiunque era in ogni caso libero di riscuotere il proprio denaro quando ne avesse avuto bisogno. Per ogni totale quantità di denaro custodito corrispondeva un titolo di riscatto (banco-nota) che poteva essere utilizzata nella transazione, o meglio, nel cambio fra banco-nota ed oro. 
I cazzi, scusate, iniziarono nel momento in cui gli orafi-banchieri decisero di erogare prestiti. Correndo lungo la loro schiena il solito brivido di potere, prestarono (in banco-note s'intende) più oro di quanto non ne disponessero realmente in cassa di sicurezza (riserva frazionaria).
Ovviamente questi prestiti vennero concessi in cambio d'interessi. Soldi su soldi e nessuno se ne accorse (a meno che tutti non richiedano indietro l'oro nel medesimo istante).
Le cose andarono avanti in questo modo fino al 1944 quando, a Bretton Woods, si stabilì che l'unica banco-nota direttamente legata al valore dell'oro dovesse essere il dollaro. Le altre monete, in base ai cambi, si sarebbero di conseguenza adattate.
Gli altri cazzi, scusate, arrivarono presto. Con il solito giochetto del "ti presto soldi, mi dai gli interessi, ma l'oro non ce l'ho" gli Americani combinarono un gran casino. Con la guerra del Vietnam, gli USA necessitarono di finanziamenti eccezionali; l'indebitamento a causa delle guerre costrinse a coniare ingenti quantità di dollari e a svalutare la moneta, fissando un cambio inferiore rispetto all'oncia d'oro (e quindi alle altre valute). Di nuovo, più carta straccia, niente oro.
Quando chiesero conto agli Americani di 'sto maledetto metallo, quelli fecero la faccia dello Scajola:


Nel 1971 si decise quindi di mandare in pensione il sistema del gold exchange standard (scambio oro/banco-nota) e ci si mise a stampare carta straccia. 
Piccola parentesi: già in passato Thomas Jefferson, Benjamin Franklin e Andrew Jackson fecero notare come lo strapotere delle banche avrebbe potuto mettere in crisi il sistema economico-sociale mondiale. E' necessario, oltretutto, che sia lo Stato stesso a stampare la propria moneta, senza relegare a terzi quest'importante compito.
E siccome noi impariamo dalla storia e dagli uomini grandi ciò che non va imparato, fu proprio quello che accadde.
Saltano fuori le BCE, le Federal Reserve, le Bank of England, le Bank of Tizio e le Bank of Caio.
L'unico, di "recente", ad opporsi al sistema bancario fu John Fitzgerald Kennedy con l'Ordine Esecutivo 11110. Peccato che non ebbe abbastanza tempo, il caro Kennedy, da poter vedere i propri provvedimenti realizzati...
Oggi, dopo 2,4 milioni di anni, le Banche Centrali prestano denaro allo Stato in cambio di interessi, diamo titoli di stato come "pagherò" e ci indebitiamo giorno dopo giorno. Non arriviamo a pagare, le aziende chiudono, la gente non compra, finiamo in recessione, iniziano gli scioperi, la classe politica burattinaia gioca a chi ce l'ha più lungo, prestito, debito, prestito, debito, prestito, debito, meno denaro, aumentano i prezzi, poco denaro, pochi comprano, pochi ricchi, stagflazione, odio, recessione, debito, denaro, debito, prestiti, la Grecia cola a picco, le case farmaceutiche non mandano medicinali allo Stato perché nessuno li compra, crisi, si crepa, si bestemmia e non si sa cosa accadrà...

2,4 milioni di anni....Forse ho semplificato troppo.... ?!
 
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