mercoledì 4 luglio 2012

Facebook e gli (A)social Network

Due mattine fa, subito dopo essermi svegliato, ho stranamente avuto abbastanza volontà da poter iniziare a pensare prima ancora di lavare via la notte dalla mia faccia. E' una cosa che di rado faccio considerando che ho la stessa vitalità di una pianta grassa e il mio primo obiettivo è quello di svuotare la vescica. 
Mi vergogno un po' a dirlo ma, sempre due mattine fa, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata "social network". Ho ripensato a Facebook, al mio profilo, alle mie notizie, ai miei tag, alle mie foto, alla mia bacheca, ai miei amici e al mio rapporto con il mondo virtuale. Essendo ancora a digiuno sono andato fino in fondo credendo che il mio stomaco potesse rivoltarsi a suo piacimento senza che io rischiassi di rimettere. Qualcosa, però, ho rimesso, ed è stata la mia identità.
Quando mi sono iscritto al Social non credevo che potesse essere così coinvolgente da calpestare la mia riservatezza e la mia discrezione. Voglio dire, non me ne sono nemmeno accorto mentre ogni tag, ogni aggiornamento di stato ed ogni foto riduceva e minacciava la mia privacy. Perché in fondo il rischio è proprio questo. Facebook connette i punti più disparati del globo, connette fra loro vite, sorrisi e pensieri riducendo le distanze fra la gente e le loro sfere personali. Se utilizzato con senno e distacco, limitandosi al mero scambio di idee e notizie, può essere un'arma favolosa contro i silenzi e le falsità di media e giornali. E non posso che riferirmi al ruolo che Facebook stesso ha giocato durante la primavera araba; parlo quindi dell'abbattimento di barriere che, realmente, limitavano la libertà d'espressione di moltissima gente, ma che, virtualmente, crollando, hanno permesso loro di diffondere un urlo di rivolta figlio della raggiunta consapevolezza dei propri diritti. E questa per me si chiama comunicazione, quasi come bisbigliare all'orecchio del compagno di banco la risposta all'ultima domanda del test che gli salva la carriera. Bisbigliare la risposta errata, però, è da un lato viscido, dall'altro (per chi la risposta errata invece la recepisce), è non solo rischioso ma può anche distorcere la propria personalissima visione della realtà. Ecco cos'è stato Facebook per me. Tantissima gente ha bisbigliato soluzioni errate alla mia esperienza virtuale; io le ho recepite, fatte mie e considerate vere. Non bisogna infatti dimenticare che dietro ad un monitor, dietro ad una tastiera e dietro i cavi di rete, esistono persone in carne ed ossa, fatte di abitudini, hobby, ragioni, idee, scellerataggini, passioni, vizi e tanto altro ancora, gli stessi spiriti che danno anima e voce ai propri profili virtuali. Con tutto ciò che ne consegue. Vite quindi da affrontare e filtrare secondo la tanto vecchia quanto buona legge del "non accettare caramelle dagli sconosciuti". Purtroppo per noi iscritti ai Social il vero cruccio, la vera dannazione e il principale responsabile del dissennato scambio d'informazioni è la COMODITA'. Nei Social le vite reali delle genti del globo si intrecciano con una facilità tutt'altro che reale (virtuale appunto), trascinando con sé alle porte dei "perbene" il lerciume e la feccia dei "dannati".
Il senso dell'amicizia si svaluta in una maniera che quotidianamente è a dir poco impossibile immaginare. Hai a disposizione milioni di iscritti, puoi cercarli, e basta un "click" per intrattenere con loro un rapporto basato sul superficiale senso dell'apparire e non dell'essere. E fanno solamente numero, massa e matassa insieme agli altri. Una "richiesta d'amicizia", partita, accettata e stabilita. Realmente è un po' come fermare il primo passante che ci capita di fronte e chiedergli "posso essere tuo amico?". Oddio, sarebbe un mondo felice se le intenzioni dei nostri rapporti fossero sempre le più alte e nobili. Ma non è questa la realtà che viviamo e il virtuale a volte sembra occultarla, in silenzio, senza farsi accorgere. Passare al "lato oscuro" dei Social riesce ancor più facile di quanto non sia stato per Anakin Skywalker allearsi con Darth Sidious. Gli imbarazzi che realmente crea il virtuale, inoltre, non sono percepibili. Ho intrattenuto intere conversazioni tramite web con gente che poi, in carne ed ossa, non ha avuto nemmeno il coraggio di lanciarmi un saluto. Attraverso i Social non ci si guarda in faccia e questo glissa la sincerità che si salda tramite un rapporto nato a quattrocchi. 
Le lame a doppio taglio di Facebook sono poi  così tante e occulte che smussare gli angoli è la prima cosa da fare. Le funzioni ci sono tutte e devo dire che gli amministratori (Zuckerberg, padre di Faccialibro in primis) hanno reso la circumnavigazione dell'etere abbastanza sicura a noi utenti. Cos'ho deciso di fare quindi? Ho bloccato tutto, eliminato tutto, ristabilito la discrezione che sempre è appartenuta alla mia persona reale ma che si stava perdendo nel mio ego virtuale. Ho cancellato, annientato, disintegrato persone che non rispondevano ai canoni naturali e basilari per cui si potessero considerare "miei amici"; l'ho fatto non secondo il COMODO filtro virtuale, ma secondo lo spietato occhio REALE.
Mi sono sorpreso di me stesso. Non mi ero nemmeno reso conto di quanto il mio Social stesse diventando Asocial perché opposto ai miei canoni d'intendere e valutare la società che mi circonda. 
Noto con dispiacere però che, nonostante io abbia imparato a fare mia tale lezione, c'è tantissima altra gente che fora la sfera della propria riservatezza pur d'ottenere il consenso e l'assenso dei propri followers. E questo è il primo passo verso la massificazione delle nullità...


Aggiungo (per quanto riguarda la questione "primavera araba e social network") quest'utilissimo documento: 

9 commenti:

Alberto ha detto...

Ciao Pier condivido la tua riflessione. Ho letto il tuo commento su siddharta di hesse. si te lo consiglio. Per quanto riguarda il commento su osho, non sono un suo fun, ma alcuni suoi libri li ho trovati davvero speciali. e ho letto pochi libri speciali nella mia vita.Ti consiglio VIVAMENTE CONSAPEVOLEZZA EDIZIONI RIZLA. Non è pubblicità giuro eheh! per quanto riguarda le Rolls Royce, non credo che illuminazione sia sinonimo di povertà. quella delle Rolls Royce era una provocazione per dire: ragazzi per essere santi non bisogna essere poveri. Piu che altro era una provocazione rivolta all'India dove spesso povertà è sinonimo di saggezza e santità. Detto ciò puo anche darsi
che osho sia un cialtrone ahahaahahah. P.s vado a leggere il canto dell'inferno che hai pubblicato. a presto Pier Ciao!

Pierpaolo ha detto...

Ciao Albe. Ti ringrazio per le dritte sui libri, avrò abbastanza curiosità da rivalutare pure Osho :)
Per quanto riguarda il discorso sulle Rolls Royce, era una mia piccola provocazione. Nulla toglie al fatto che le idee di Osho possano anche stimolare cambiamento nei modi di pensare della gente, però, in quanto "mentore", credo che lo stesso Osho avrebbe potuto dare esempi di vita differenti o quantomeno consoni ai suoi modi di scrivere. Non che povertà significhi essere presi sul serio, però da quanto ho letto su Wikipedia non poche volte è caduto in contraddizione con se stesso.
Ti lascio al canto dell'inferno allora :)
Grazie sempre Albe. A presto!!

Real Melissa ha detto...

Se ti venisse la curiosità di sapere quale sia il mio commento a questo tuo post dovrai cliccare su “visualizza commento”, naturalmente non appena mi vedrai :)

Andrea ha detto...

secondo me basterebbe non fare l'errore di paragonare i rapporti sociali ai rapporti virtuali. Gli uni non vanno a sostituire gli altri...sono due modalità diverse, entrambe gestibili e utilizzabili a proprio piacimento. Continuo a vedere i miei amici in carne e ossa e a comunicare con loro velocemente tramite i social network e allo stesso tempo ho allargato il campo delle informazioni, scambi di opinioni e quant'altro possa interessarmi con persone con le quali ho solo un rapporto di tipo virtuale. Su fb si chiamano "amici", tu chiamali "contatti" o come cazzo ti pare, è chiaro che non è la nomenclatura di facebook a definire cosa sia l'amicizia! Un saluto dottò

Pierpaolo ha detto...

ahhahahahahah ok ok, non so dove sia il tasto, ma senz'altro non appena ci vedremo ti chiederò delle spiegazioni :)

Pierpaolo ha detto...

Il tuo discorso non fa una piega. Il rapporto da te descritto e da instaurare con i Social Network appare così privo d'equivoci che non mi spiego come mi sia potuto sfuggire di mano...
L'importante è accorgersene :)
Grazie, a risentirci Andrè :)

Unknown ha detto...

impossibile darti torto. Il virtuale non si deve mai sostituire al reale. Dobbiamo restare vigili quando siamo su internet, perché, come dici tu, la comodità e la "desiderabilità sociale" possono creare dei mostri che crediamo non ci appartengano e invece sono l'altro nostro io, quello che ha migliaia di amici, zero vita privata, zero discrezione e... mi fermo qua, è meglio...

Pierpaolo ha detto...

Un po' come quando ci si ubriaca...

Nicole ha detto...

Ti quoto.
Ragionissima hai..
e quoto pure Turistadimestiere.

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