lunedì 11 febbraio 2013

La gabbia nel gatto

Non vorrei sembrare ridicolo snocciolando riflessioni che come punto di partenza hanno la banalità. Tuttavia ritengo di poter contare su conclusioni un po' più interessanti e per questo credo che valga la pena scriverle entrambi.
Ultimamente mi diverto ad osservare il mio gatto. Sono quasi passate due settimane dal suo ingresso in casa. L'ho preso sterilizzato, 4 anni, licenza media e abituato da sempre alla vita domestica. La sua vecchia padrona, dopo aver scoperto d'essere allergica, ha dovuto separarsene nonostante per anni l'abbia tenuto con sé in appartamento. 
Dorme 23 ore su 24. L'ora di scarto la passa mangiando e facendo la popò. Miagola di rado, non gioca né coi gomitoli né con i lacci delle scarpe. Per soli 5 minuti al giorno scopre di essere vivo, impazzisce un po' e corre in giro per casa. Poi di nuovo assente. Tutto questo gli basta, lui si basta.
Ha una lettiera a misura di sedere. Sa che tutte le mattine scavo alla ricerca delle sue biglie puzzolenti, le prendo con la palettina e le butto nel water. Inizialmente le nascondeva, come di solito fanno i gatti, scavando con cura e facendo attenzione ad impanarle per bene. Adesso non scava più, le lascia lì, all'aperto, così mi evito la caccia al tesoro. Crede di farmi un favore.
Non ha gli istinti dei gatti. Non ci ho provato, ma probabilmente se lo tirassi in aria cadrebbe di testa. Concede fusa con parsimonia. Non ha motivo di procacciarsi nessun pasto, ha le sue crocchette, la sua carne in scatola e il suo latte. Se mai dovesse incontrare un topo chiamerebbe la disinfestazione. Tutto questo per lui è abitudine.
Lui si è abituato ad essere un gatto domestico. Il suo patrimonio genetico avrebbe potuto prendere qualsiasi forma, ma l'abitudine che gli è stata impartita lo ha reso quello che è oggi. Ha due orecchie, lunghi baffi, artigli retrattili e una coda. E' identico ai suoi simili, ma non per abitudini. 
Ho letto alcune cose in giro per Wikipedia sull'addomesticamento. Ho trovato anche questo piccolo articolo sul Corriere che renderà granché felice il Piccolo Principe di Saint-Exupéry:
Lentamente, generazione dopo generazione, determinate specie si sono, giustamente, adattate alle condizioni che il loro habitat gli imponeva. In alcuni casi, come per gli animali domestici ad esempio, stili di vita e abitudini si sono conformati ai voleri di chi per loro ha scelto e selezionato specifici comportamenti. Per altri versi c'è anche da dire che l'addomesticamento ha favorito l'espansione di alcune specie rispetto ad altre. L'ala protettiva dell'uomo ne ha permesso il proliferare dei generi e mi sembra superfluo dire che il mio micio ha decisamente più chances di vita di un suo simile (o no) randagio. Credo che fin qui non ci sia alcun dubbio e Darwin lo sapeva bene.
Sempre guardando il mio gatto mi sono chiesto se tutto ciò non accadesse anche per la nostra razza. Siamo uomini addomesticati da comunità di uomini chiamate società. Non prendiamoci in giro, seguiamo tutti quanti una certa linea comportamentale. C'è chi insegue la moda, chi i vizi, chi le tendenze, chi il successo, chi i sogni. Non considero le variabili caratteriali perché sarebbe come imboccare strade differenti per raggiungere la medesima meta. Mi sono chiesto con quali istinti siamo nati e cosa sia cambiato da allora. Coltiverei un uomo biologico, lo strapperei in continuazione dalla sua terra, non gli darei modo di adattarsi, assorbendo tutto e niente. Qualcosa ci impedisce. Siamo una massa di impediti, corrotti nell'animo e nella ragione, avvolti nella nebbia dell'abitudine, ogni continente nella sua, ogni regione nella sua. Non esistono più originali, solo una massa informe di cloni alla stregua di macchine che, per un motivo o per l'altro, sanno senza un perché di tendere verso qualcosa o qualcuno. Ci siamo modificati ed adattati nel tempo, ma non abbiamo perché e la vita non conclude. Una serie di "perché" non porta da nessuna parte. Sono gli stessi perché che non hanno i bambini (perché lavori? Perché fai soldi? Perché stai bene? Perché mangi? Perché ti nutri? Perché vivi?). Ma chi è soddisfatto? In natura non ci sono perché, ne sono convinto, ed è questo che rende liberi. O meglio, non è necessario conoscere IL perché, succede e basta. E' l'uomo che ha iniziato con i perché, ma non li ha. Odio i perché, schiavi.
Ma c'è ancora qualcosa che ci rende liberi? E' ancora possibile fare scelte che non siano condizionate da qualcosa o da qualcuno o il processo d'addomesticamento degli uomini è ormai da tempo completo?
A volte il mio gatto guarda con occhi sognanti fuori dalla finestra. Si spalma sul vetro e osserva, sa di far parte di qualcos'altro, sente d'appartenere ad altri istinti e immobile cerca di ritrovarsi. La gabbia nel gatto. Poi si richiude nell'abitudine e va a fare la popò nella lettiera. 
Cagami sul letto, porca puttana!! Sei un animale! Cagami sul letto!!
Figuriamoci. Adesso vado a dormire, domattina mi sveglierò e sarà la solita routine... 

Perché poi, boh...

2 commenti:

Sileno ha detto...

La mia gatta, che non è mia, ma dei vicini e tre anni fa è riuscita ad entrare in casa mia e non è mai più ritornata dai padroni salvo quando mi allontano per qualche giorno, ma appena ritorno salta il muro e si piazza accanto alla porta brontolando offesa e ritta sulle zampe posteriori pronta a spingere il portone pere entrare in casa prima di me, rispetto alla tua ha almeno molta più indipendenza e le sue cagate va a depositarle nell'angolino più distante del giardino.
Ciao

Pierpaolo ha detto...

Sai cosa? Questo post è stato profetico. Mi ha sul serio cagato sul letto...

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