giovedì 15 maggio 2014

Sfacciato

Non c'era nessuno in tutta la contea e forse anche oltre i confini delle regioni limitrofe che non conoscesse i chirurghi Faccibbedda. Maestri sapienti, da centinaia di generazioni la fiamma viva del loro successo ardeva di luce propria, alimentata semplicemente dalla bravura che li contraddistingueva.
Tutti richiedevano il loro aiuto: capricci di gioventù o ghiribizzi stravaganti, per il solo gusto di piacere e di piacersi; ustionati, feriti o sfigurati gravi per il sacrosanto diritto di vivere con serenità; difetti e ritocchi per dare forma a ciò che madre natura per errore scarabocchiava. Nessuno mai venne deluso dal loro lavoro.
Per molti anni il nome dei Faccibbedda visse nella leggenda, ma giunti alla ventesima generazione, dopo che tanti figli di talento vennero messi al mondo, l'ultimo seme del sapere, Gaetano detto "Tano", venne fuori con il gusto per l'imprevedibile.
Egli, stanco e assuefatto dalla monotonia e dalla perfezione di quella famiglia così rinomata ma dal destino segnato, volle uscire fuori dagli schemi. La responsabilità del suo nome altisonante già da tempo gli pesava sul groppone e impellente per lui si faceva la necessità d'abbandonarsi ad un nuovo destino. Non c'era modo di sfuggire all'occhio dei passanti, ovunque veniva riconosciuto e adulato. Richieste d'aiuto e suppliche, congratulazioni e premi, ovunque i Faccibbedda avevano da riscuotere qualcosa. Estraniarsi era pressoché impossibile.
Accadde una sera, tuttavia, che all'imbrunire un pover'uomo senza dimora e vestito di stracci passasse lungo la via di casa Faccibbedda. Tano, vedendolo solo e anonimo, fu attraversato da un lampo di genio, di quelli che scuotono la materia grigia e che quasi provocano l'orgasmo. Corse in fretta per strada e silenzioso come un felino gli diede una bastonata sulla nuca.
Lo portò in casa, tramortito, e lo adagiò sul letto. Prese gli strumenti da lavoro, bisturi, ago e filo e iniziò ad incidere lungo il volto del malcapitato. Strappata via la faccia del barbone, eccitato com'era e in preda all'euforia, senza dolore alcuno incise anche se stesso lungo il volto, seguendo il perimetro tracciato poco prima.
L'intervento durò tutta la notte. Ricucì con cura tutto quanto e fuggì via, lasciando i propri averi, il barbone sconcio e la città.

Fu un successo. Con un volto così anonimo nessuno lo riconobbe per strada e indisturbato s'aggirò per la contea concedendosi ai lavori più disparati: lavapiatti, mercante, allevatore, contadino, cuoco. Saltò da un punto all'altro del globo, non fermandosi mai, rinascendo dalle sue ceneri e in condizioni sempre diverse. 
Un giorno accadde che, passeggiando indisturbato per le vie della capitale, incrociò un pomposo miliardario, accompagnato dalle sue fedeli concubine. Pervaso dall'invidia per quell'altezzoso modo d'essere e d'apparire, la schizofrenia lo rapì e subito macchinò un nuovo intervento.
Dopo averlo reso inerme incise il suo volto, strappò via la faccia da barbone e si impiantò una nuova maschera. Eccitato corse dalle concubine le quali, riconoscendo il volto familiare, lo coccolarono come per loro era solito fare.
Tano non ebbe più pace. Dannato e senza freni strappò volti senza pietà, cambiando vita, emozioni, sentimenti e realtà. Fu tutto e niente, irriconoscibile agli altri come per sé, cambiando maschere, sfacciato.
Il caso volle che poco prima della sua morte l'ultima vittima della sua schizofrenia fosse un attore di fama internazionale. Lo seppellirono nel tempio della commedia dell'arte e l'epitaffio così recitava:
"Uno, nessuno, centomila..."

5 commenti:

chicchina ha detto...

Strana ed inquietante allegoria:mi vengono in mente tanti agganci con la realtà contemporanea,anzi attuale per la qual realtà non si può ancora parlare di epitaffi.
Gli sfacciati hanno vita lunga.

Anonimo ha detto...

Ognuno di noi ha una maschera, che utilizza a suo piacimento in base alla situazione in cui si trova, in base alla persona che ha di fronte. Purtroppo è cosa rara trovare la sincerità, la chiarezza e la verità in una persona. Credo che sia importante però, quando è il momento, togliersi la maschera ed essere per lo meno onesti e coerenti con se stessi. Ogni individuo ha la propria personalità, il proprio carattere con le forze e le debolezze che lo contraddistinguono, sfacettature che rendono la persona unica nel suo genere. Sarebbe bello che ognuno rimanesse com'è, con i propri pregi e difetti senza voler essere ciò che per natura non gli appartiene.

Pierpaolo ha detto...

Ciao Chicchina. Vengono in mente tanti agganci, non solo contemporanei, ma radicati nella notte dei tempi. Abbiamo imparato a difenderci, prima ancora che a mascherarci...
A presto

Pierpaolo ha detto...

Ciao Anonimo,
non è la sincerità ad essere rara, non è la chiarezza a mascherarsi e non è nemmeno la verità a tramutarsi in bugia. Esiste solo la nostra subdola quanto triste abitudine di voler sempre dare una spiegazione a tutto, intessendo fili logici che non hanno niente a che vedere con la nostra natura, per definizione mutevole e priva di coerenza. Non c'è alcun motivo di meravigliarsi se certi calcoli incolonnati non danno il risultato sperato. L'unica coerenza di cui possiamo andar fieri è ammettere d'essere un'eterna contraddizione... Ma prenderne atto fa paura a tanti, anche se non mi spiego perché...

Anonimo ha detto...

Mi spiace, ma ti assicuro che c'e sempre una spiegazione a tutto, chi non prende atto dei propri sbagli e vive senza preoccuparsi delle proprie azioni e delle conseguenze è colui che non farà mai nessuna scelta vera, sensata e voluta nella vita. È colui che crederà di avere tutto, ma alla fine non gli resterà in mano niente. È colui che farà errori su errori ma sarà contento di continuare a farli. È rischioso per noi stessi, comportarci con chi abbiamo di fronte in modo coerente e spesso ci fa comodo rimanere con "due piedi in una scarpa", preferiamo essere incoerenti con noi stessi e gli altri, per la paura di sbilanciarci, prendere decisioni per poi magari..perdere tutto. Siamo persone, non animali, non viviamo di istinti ma di testa e cuore. Penso che colui che non si preoccupa delle proprie azioni perderà tutte le cose veramente importanti e si accontenterà con orgoglio e fierezza di definirsi una "contraddizione". Nella vita è giusto fare ciò che si sente, ma se ciò che se si sente porta a conseguenze, bisognerebbe forse capire prima cosa si vuole davvero dalla vita. Ogni nostra azione corrisponde una scelta, che porta a un risultato. Aimè, penso che la incompatibilità del proprio volere porta alla distruzione di tutti i rapporti umani, ma sta a noi scegliere. Sta a noi scegliere chi può fare parte della nostra vita o meno e sta a noi scegliere come vivere questa unica vita che ci è stata concessa. Spesso oltre la contraddizione della persona, c'e quella delle parole, dei gesti che partono da noi e che spesso questi sono rivolti a diverse persone ma proprio per questo, non possono andare pari passo gli uni con gli altri. Come dici tu, se poi certi risultati incolonnati non danno il risultato sperato......non ci resta che arrenderci, e cambiare strada. Se ci piace l'idea che, essere una continua contraddizione sia una cosa positiva..che dire, forse fino ad ora sono io che non ho capito nulla oppure sto vivendo una vita che non mi appartiene. In un rapporto di coppia o di amicizia..magari concatenanti, prendere atto di essere in contraddizione ed esserne fieri senza rendersi contro che invece sia un problema molto rilevante penso sia alquanto da stupidi oltre che da menefreghisti. In ogni caso, hai ragione quando dici che è giusto fare ciò che si sente, ognuno di noi è libero di comportarsi come più desidera ma per come la penso io, è sbagliato il pensarlo, il desiderarlo, il sentirlo..non l'atto materiale (se purtroppo si avverte la voglia di fare questa determinata cosa). Spesso ciò che si sente di fare o essere è in contrasto con ciò che sembra in realtà o dovrebbe essere in verità. Parlo per me nel dire che: è troppo semplice e facile tenersi care le persone vivendo di continue contraddizioni, bugie e sotterfugi..regalare nel contempo gesti, parole e abbracci, così senza prendere coscienza in realtà di ciò che si sta facendo. Se venissi a conoscenza di queste incoerenze, mi farei da parte e lascerei vivere a modo proprio questi rapporti, di cui io, non vorrò mai farne parte. Purtroppo, non sarei abbastanza brava ad accettare con una maschera tutto questo..

Posta un commento

Lascia un pensiero

 
;