venerdì 18 gennaio 2013 3 commenti

17 gennaio

La pioggia si è lasciata domare ed è divenuta neve. Non scorre via lungo le strade ma se ne sta  immobile, come un desiderio che si realizza in un attimo, concreto, afferralo. Alcune volte mi guardo vivere, come una pedina mossa da un manovratore sconosciuto, gettato, scagliato, buttato in un mondo casuale insieme a tante altre formichine laboriose senza un come ed un perché. Mentre le macchine si muovono e le case se ne stanno ritte su se stesse, ognuno si lascia guidare dalla propria anima, mossa da un inspiegabile senso d'appartenenza ad una categoria o ad una passione, come se fosse già passata di lì e conoscesse la strada da percorrere. Mentre differenti consapevolezze di sé e della propria natura si alternano fra gli sguardi bassi di coloro che sanno di condividere il gioco delle parti ma non la sorte, le giornate sfuggono via e si trapassa un po' ogni giro d'orologio, chi felice, chi meno, chi se ne accorge, chi no. Alcuni decidono d'intrecciare le proprie sembianze, fisiche o mentali, con le altre laboriose formichine gettate nel mondo. Ci si ritaglia un ruolo (e forse più) nel caotico gioco dei rapporti umani, dove puoi muoverti ad "L" se sei un cavallo, di una casella e in avanti quando fai il pedone, in tutte le direzioni se sei una regina, di una sola casella e in tutte le direzioni se sei un re, in orizzontale e in verticale per tutta la lunghezza della scacchiera se sei una torre e via discorrendo. Non prendiamoci in giro, tutti quanti vogliono vincere la partita. Chi barando, chi no, ma alla fine, se la mossa lo consente, si è sempre pronti a mangiare. Fidati di un alfiere bianco in C-3 mentre una torre nera ed inerme se ne sta in H-8, convinta che la vita le scivoli via silenziosa. Ma oggi vado a piedi, nonostante mi si inzuppino  le calzette di freddo e gelo, mentre uno squarcio sugli scarponi e sui pensieri mi gela le ossa e l'animo. Di  me conosco una sola cosa: voglio fare il pescatore, un giorno. Quando sarò abbastanza vecchio da sognare nient'altro, quando sarò sicuro di non avere le forze per sostenere la mia entelechia, quando la mia vita avrà finalmente deciso d'aver visto fin troppo caos da volersi abbandonare al silenzioso e autonomo oscillar delle onde sul mare. Voglio che il mio ultimo sguardo sia su di un tramonto, perché la mia notte corrisponda a quella dell'estremo sole che mai più dovrà rivelarsi ai miei desideri.
Nel frattempo gioco anch'io la mia partita e se saremo in due, in quattro, in sei o in otto combatteremo meglio. Basterà solamente aprire gli occhi, perché non c'è felicità più bella di quella che si nasconde dietro le insignificanti pieghe della vita.
Curioso, poi, che io abbia intitolato questo capitolo del mio diario "17 gennaio", mentre la mezzanotte, sfuggendomi dalle mani, ha già decretato l'inizio del giorno successivo. 
Nonostante ne siano passate 24 di ore, è bastato un solo secondo per lasciar perire il mio dì...
sabato 12 gennaio 2013 3 commenti

Nonpost

Mi spiace essere in silenzio stampa da così tanto tempo, ma non ho davvero niente di interessante da proporvi. Volevo scrivere due righe sulla situazione politica italiana, poi ho visto Berlusconi da Santoro, Moggi nella lista di Stefania Craxi e Grillo candidato premier...


Fortuna che qui a Modena non ho un Bosch a portata di mano. Ok, niente post sulle elezioni. Poi ho letto della Lorenzin in Lazio...


Niente da fare. Volevo scrivere due righe sui pregiudizi e sulla mente umana, sul modo in cui si lascia condizionare dagli eventi e dal mondo che la circonda.


Lasciamo perdere. Mi sto rendendo ridicolo...

 

domenica 23 dicembre 2012 8 commenti

Stavo pensando...

...che nonostante tutto vivere alla giornata, specialmente quando va bene, non è poi così male. Volgere lo sguardo al futuro non è sempre conveniente e macchiare di dubbi il candido bucato del "qui ed ora" prepara ai fallimenti anziché scongiurarli. Stavo pensando che i ristoranti e le pizzerie non sono i metri di giudizio adatti a misurare l'entità della crisi economica. Non lo sono nemmeno le auto in circolazione o i centri commerciali affollati. E sono veramente stufo, stufo marcio di discutere con coloro che, semplicemente non trovando parcheggio al supermercato, si chiedono dove sia la crisi. Ve la spiegherò io, una volta per tutte, dov'è e come riconoscerla.
Essendo un argomento abbastanza delicato, non mi permetto assolutamente di coinvolgere nella mia trattazione i ceti che rasentano o vivono nella soglia della povertà. La crisi di cui posso essere testimone, e di questo ringrazio il destino, è quella più subdola, che direttamente non è importante, ma che indirettamente può essere la causa di reazioni a catena senza fine. 
Prima d'ora non avevo mai avuto modo di gestire in maniera autonoma le mie finanze. Credo di dover ancora una volta ringraziare il destino, ma papà e mamma hanno sempre (e continuano) a vegliare sul mio sostentamento economico. Adesso la mia personalissima fonte di reddito mi permette di essere un soggetto in prima persona coinvolto nel movimento di denaro. Me ne sono accorto dalle piccole cose e, automaticamente, me ne rattristo di come certe fortune non siano estese e non riguardino ogni singolo abitante del globo. Adesso, per farvi un esempio banale, compro il giornale 3 o 4 volte a settimana piuttosto che leggerlo su internet; perché mi tolgo lo sfizio del cartaceo, perché mi rilassa di più; se non ci fosse la crisi la gente non risparmierebbe sui giornali, ne comprerebbe di più, se ne stamperebbero di più, il settore non sarebbe subito saturo di lavoratori se la domanda di nuovo crescesse stimolando l'offerta. Questa logica suppongo sia applicabile a qualsiasi settore produttivo. Adesso ho anche comprato dei regalini di Natale. I miei primi, regali, guadagnati. Finalmente quando chi li riceverà mi dirà "grazie", io potrò rispondere "prego". Perché prima non potevo rispondere "prego" se il frutto di quel regalo non era dato dal mio lavoro ma dal lavoro di qualcun altro. Il lavoro. Lavorare. Il lavoro. Lavoro. Sto comprando anch'io ora, per i fatti miei. Il lavoro mi permette di richiedere qualcosa in più, spendo, io chiedo, il mercato mi offre. Se nessuno chiede, il mercato non offre, il mercato è il lavoro, il lavoro è la gente. Domanda ed offerta, domanda ed offerta, domanda ed offerta. Lavoro. Il ruolo del denaro resta, ma è pur sempre marginale. Vi sembrerà un paradosso, per me non lo è. Il denaro è sempre relativo. Il denaro acquista importanza a parità di lavoro svolto. 
Il denaro, invece, diventa un'arma viscida, malsana e portatrice di malattie endemiche quando non ha la nobiltà del lavoro alle spalle. Io so cosa mi è costato il denaro che ho in tasca. Chiunque conosce il valore reale delle monete che ha in tasca. Il valore reale dell'euro, dello yen, del dollaro o di qualsiasi altra valuta è il lavoro. E tratterò con rispetto il mio denaro, con lo stesso rispetto con cui tratto me stesso quando lo lavoro, quel denaro. E lo trasformerò in beni di consumo, apprezzando non la cosa che compro, ma la fatica che mi ha permesso di guadagnarmela. Spendendo con piacere e soddisfazione. Il denaro è il valore di scambio materiale con cui, tramite il valore reale chiamato lavoro, ricompenso l'anima per le mie fatiche. Anche il lavoro, se non svolto con passione, rischia di non mantenersi puro, ma questo è un altro discorso. Lavoro, spendo, l'economia (quella buona) gira. Mi sto accorgendo delle piccole cose con le quali tutti, nel nostro microcosmo, permettiamo all'economia di girare e alla domanda di far salire l'offerta. Se però il denaro non viene lavorato, se alla moneta non corrisponde la fatica, l'economia si sporca, macchiandosi di coloro che non rispettano il denaro, che se lo scopano e che lo prostituiscono. Questa gente andrebbe impalata e frustata fino alla morte, perché non c'è peggior male che quello del dio denaro che rende ciechi e soddisfa i piaceri non curandosi di lavoro e fatica. Infatti, non conoscendo il valore del sudore prima ancora del valore della moneta, sperperano senza senno. 
Ovviamente, poi, ogni lavoro può avere differenti livelli di retribuzione, ma sempre a parità di fatica. E' anche per questo motivo che chiunque dovrebbe guadagnare mensilmente più di Renzo Bossi, ma questa è demagogia... (?)
Sì, in questi giorni stavo pensando a tutte queste cose. Scusate se pasticcio così il mio post, ma oltre alla crisi stavo anche pensando alle belle persone che ho conosciuto qui a Modena. Molti di voi non capiranno nulla, ma i diretti interessati sì, ed è questo che mi preme più d'ogni altra cosa. Stavo pensando all'amico Claudio e alla collaborazione (di pensiero e di lavoro) che è nata.
Stavo pensando all'amico Enrico, fratello maggiore e compagno d'allenamento.
Stavo pensando all'amica Ana, di rara sensibilità e attenta al mondo che la circonda.
Stavo pensando all'amica Monia, energia pura.
Stavo pensando all'amico Alberto, uomo di grande cuore.
Stavo pensando all'amica Teta, schiettezza fatta persona, capace di rendere digeribili anche le sincerità più scomode.
Stavo pensando all'amico Tony, uragano dell'est, quante risate.
Stavo pensando all'amico Luigi, capo disponibile ed in gamba.
E poi stavo pensando agli altri: Valerio, Alessio, Dario, Daniele, Deborah, Paolo, e quanti ancora... Stavo pensando ai miei amici, quelli di sempre, quelli che ancora mi aspettano e che, nonostante io sia partito, mi vengono dietro con l'anima... Stavo pensando ai colleghi blogger, a Sileno, a Zia, ad Arte, ad Andrea di "Dice che...", ad Alberto di "qui ed ora...", a Lara di "Estate incantata", a TuristaDiMestiere, e a tutti gli altri che se non cito è solamente colpa della mia fallace memoria... Vi appenderò tutti al mio albero di Natale quest'anno, ma concedetemi di lasciare il puntale, il ramo più alto alla mia famiglia. Ultimamente, però, ho fatto spazio lassù anche a te, sai? Sì, proprio a te che adesso mi dormi accanto...
Buon Natale e felice anno nuovo a voi...
lunedì 17 dicembre 2012 3 commenti

17 dicembre 2012

Il freddo del Natale scalda le anime gelide d'inverno. Luci e addobbi. Nonostante i miei pastorelli quest'anno siano lontani me li immagino sempre al solito posto. Guanti, sciarpe e cappellini di lana. Cappotti, stivaletti e risate di genuino tepore. Musica dal vivo e note jazz, sorseggiando cioccolate calde e sogni. Dimmi quanto ti devo, perché non può essere tutto gratis. Quanto ti devo per questa improvvisa, sparsa ed imprevedibile felicità? Sarà salato il conto da pagare, perché quando scoccherà l'ora ancor più tristi diverranno i giorni in cui avrò nostalgia di questi dolci momenti. Mi manca il rapporto con la terra e la potatura. Differenziami. Sto diventando di plastica, prima ero organico. Ho come la triste impressione che i miei comportamenti non siano altro che banalissimi sbalzi ormonali, mentre la scienza chiama endorfina la mia felicità e cortisolo la mia frustrazione. Lasciami ancora sniffare il Natale. Sono proprio fortunato. Sono così fortunato che mi sento a disagio. Non mi accontento d'essere stato dolcemente carezzato dal destino. Che subdolo intreccio di favorevoli eventi. Non sto percorrendo strada alcuna, mi hanno preso per mano e mi accompagnano. Ma davvero me lo merito? La mia passione sopravvive e mi (ap)paga, ride della crisi e non si piega al turbine vuoto di chi si è (dis)adattato. Mi mancano le più insignificanti cose che hanno reso i miei affetti tanto grandi. Sono basso e felice. Se fossi stato alto avrei avuto una visione diversa del mondo. Se sei piccolo non scorgi i grandi problemi, ma ti alteri per nulla. Se sei grande, piccoli tarli corrodono la tua tranquillità, ma affronti a viso aperto le possenti avversità della vita. Tutti alla ricerca della felicità. Poi sono così ciechi da non frenare l'attimo in cui ce l'hanno di fronte. Io l'ho trovata tante volte: sorseggiando un caffè; cantando sotto la doccia; guardando la neve lasciarsi cullare dal vento scendendo pacifica sull'asfalto dove tutto corre veloce; sotto le coperte mentre fuori il mondo freddo imperversa; arrivando in tempo al gabinetto prima di farmela sotto; arrotolando l'ultimo quadratino di carta igienica riuscendo a pulirmi il didietro; trovando il petto di pollo in offerta a €4,99/kg. Vuoi forse cercarla altrove sta maledetta felicità? Viene e non te ne accorgi. La bestemmi e si allontana. Ma come credi di raggiungerla se non tribolando? Prima di conoscerla basta tastare l'esatto contrario per distinguerne le fattezze quando dell'attimo dirai "è bello", dopo averlo visto brutto. Lasciami sniffare altro Natale. Io arrivo in anticipo e devo aspettare il treno in ritardo. Arrivo in ritardo e il treno non m'aspetta. Ma stavolta ho dato una testata al destino e ancora non me ne capacito.
mercoledì 28 novembre 2012 8 commenti

L'esperienza, il caso e la fortuna

Suppongo che tutti conosciate le chiocciole. Non quelle che utilizzate negli indirizzi di posta elettronica, s'intende. Parlo delle chiocciole bavose che escono fuori con la pioggia, viscide e cornute per natura. A me piacciono un sacco bollite, con una spruzzata di salsa fatta in casa e un paio di cipollette. Ricordo che da bambino, poco prima che l'acqua nel pentolone iniziasse a bollire, mi divertivo a sceglierne un paio e a salvarle da una morte certa, lenta e dolorosa. Non credo si trattasse di una buona azione dato che poco dopo ne avrei mangiate un centinaio, ma mi stuzzicava l'idea di poter giocare con il loro destino. Per coloro che ci credono, nel destino, è triste dover leggere una frase simile. Per me che in fondo non ci credo non lo è. Forse tempo fa sceglievo gli "eletti" con il gusto della burla proprio dei fanciulli. Mi è capitato, ultimamente, di rifarlo. Non con la superficialità innocente e benedetta della tenera età, ma con la consapevolezza e le riflessioni del triste realismo. Guardale le altre, mi sono detto, guardale come il caso volle che finissero in pentola. E guarda queste due, invece, salvate dalle mie mani che hanno operato e scelto per la loro vita. Quelle chiocciole avrebbero forse potuto giurare che il destino fossi io. Dio, sono io.
Qualche giorno fa leggendo il quotidiano ho amaramente sorriso da solo guardando questa foto:


Pensavo che i miei infantili giochi col destino fossero casi isolati d'instabilità mentale. Non sapevo infatti, perdonate la mia ignoranza, che in America, durante la vigilia del Giorno del Ringraziamento, il Presidente sia solito salvare dal barbecue un grasso tacchino. L'eletto ce l'hanno pure loro.
Suppongo che la nostra, quella mia e di Obama, sia la più palese metafora della vita. C'è a chi va bene e a chi no. Il destino non è scritto, nessuno mai lo scriverà ed è modificabile. Caso, fortuna ed esperienza sono le uniche variabili utilizzabili per rendere malleabile il nostro futuro nel presente.
Caso e fortuna lavorano insieme e sono le sole a non essere direttamente o istantaneamente influenzate dalle nostre scelte. Sono, per intenderci, gli elementi che hanno permesso ai tacchini di Obama e alle mie chiocciole di non essere un secondo piatto. Non sono loro ad aver scelto che la mia mano li guidasse alla salvezza (anche perché altrimenti avrebbero scelto di salvarsi tutte quante e in natura, per mantenere gli equilibri, qualcuno deve pur morire). Ma non è nemmeno possibile parlare di destino perché io, ve lo assicuro ma lo sapete, non sono il destino e non ho agito per mano del destino. E' il caso (la mia scelta) fortunato (perché opera per il bene e non per il male, altrimenti diverrebbe sfortunato, ovviamente). 
A tacchini e chiocciole manca la variabile che più di ogni altra cosa rende il nostro domani conoscibile e, come tale, direttamente modificabile. L'unica cosa che può permetterci d'evitare i nostri insuccessi volgendo la vita a nostro favore è l'esperienza. Se le chiocciole avessero imparato a anticipare le nostre mosse, dopo una lunga giornata di pioggia probabilmente deciderebbero di non uscire allo scoperto in maniera così prevedibile. L'esperienza è palese e visibile in tutte quelle forme di vita che nel corso degli anni, per selezione naturale o per evoluzione, si sono adattate alle condizioni che la sopravvivenza gli imponeva. Caso e fortuna, poi, ne hanno fatto fuori alcune e ne hanno salvate altre, ma è chiaro che parliamo di chances differenti di farcela o meno.
Quelle chiocciole le ho mangiate. Le altre due probabilmente sono morte di vecchiaia e hanno raccontato ai propri nipoti di stare lontani dai lumi a gas durante le notti di pioggia.
Ora: vuoi stare ad aspettare che caso e fortuna facciano la differenza o è ora di costruirsi un futuro con senno ed esperienza?
mercoledì 14 novembre 2012 0 commenti

Mal di stomaco

Era destino, dicono. Come se avessero già letto quel libro e ne conoscessero il finale. Una serie di (s)fortunati eventi, altre vite s'intrecciano e nuove esperienze si palesano alla monotonia del quotidiano. (Stra) è sempre ordinario. Tutto cambia perché tutto resti com'è. Tapis roulant, corri a perdifiato ma non vai da nessuna parte. Partenza e arrivo coincidono. Agli orologi non importa nulla, loro vanno avanti lo stesso. E' tragicomico che l'unica cosa che sia soggetta al cambiamento, il tempo, sia anche inconoscibile. Muta e dispone, muta e dispone, in silenzio, cresce, invecchia, muore, tic, tac, tic, tac, tic, tac, mentre sfugge di mano. Non riesco a capire come faccia ad essere sempre troppo tardi. Era destino. Sbalzato di qua, vieni di la'. Sempre due occhi, un naso ed una bocca. Due occhi, un naso ed una bocca. Due occhi un naso ed una bocca. Basta. Ho deciso. Aereo, valigie, affitto. Piacere di conoscerti. Sei nuovo? Benvenuto. L'importante è viverci sopra. Ah, prima di iniziare a lavorare, ricorda che quelle non sono persone, ma banconote... banconote... banconote. Devi attrarre i clienti, sorrisi di facciata, dagli ciò che vogliono nei limiti di ciò che vogliamo noi. Ricorda che quelle non sono persone, ma banconote. Le leggi di mercato, dobbiamo mangiare pure noi, anche noi vogliamo la nostra fetta, stai facendo più del dovuto, stai al tuo posto, per quel servizio si paga, portami clienti, biglietti da visita, lui è il gatto ed io la volpe, siamo in società, di noi ti puoi fidar. Mi gioco l'etica, l'abitudine, il carattere, il comportamento. Sta' zitto e osserva, mani in tasca. Ricorda che quelle non sono persone, ma banconote. Ricordati della nostra fetta. Se ti chiedono una mano, non dargliela, non ti compete. Non si è mai abbastanza svegli per alzarsi dal letto e si è sempre stanchi abbastanza da poter dormire ancora un po'. Ma io voglio andare fino in fondo, a qualsiasi costo. Ma l'etica? E la morale? Lasciali riposare. Occhi in cielo e capelli d'oro, occhi in cielo e capelli d'oro, occhi in cielo e capelli d'oro, due volte al giorno, una la mattina non appena ti svegli e un'altra la sera prima d'andare a letto, occhi in cielo e capelli d'oro, occhi in cielo e capelli d'oro. La cura. Amici e famiglia lontani, di certo non dal cuore. Si viene e si va. Stavolta ho assecondato il corso delle cose. Era destino. E dove l'hai letto? Sul giornale, in prima pagina, vedi? Posso condonarti un'alluvione? Dicono che in inverno piova e che in estate faccia caldo. Ho sentito dire che in primavera gli uccelletti amoreggino. E' di nuovo tardi. E' sempre tardi. Arriveremo puntuali al capolinea, dopo esserci immaginati sempre in ritardo. Mi mancavi, Sturamente. Ti sto vomitando in faccia quasi un mese di silenzi. Come ho fatto a resistere? Quasi mi viene da piangere. Ti sto vomitando in faccia stomaco, intestino, bile, fegato e incertezze. Sturamente. Mi stanno piantando un chiodo in gola. Sto aspettando che la felicità mi presenti il conto da pagare, altrimenti non potrei accorgermi di lei. Scusami, ho fatto confusione. Volevo solamente tornare a scrivere...
venerdì 26 ottobre 2012 9 commenti

La Puttana

C'è una Puttana che apre le gambe una volta ogni 5 anni. Raramente accade che possa concedersi prima della scadenza del lustro, tuttavia ciò non è da escludere. Di recente, infatti, a causa delle evidenti vessazioni del suo ultimo pretendente, la sua dote chiede d'essere penetrata da un altro amante da strapazzo. Questa Puttana si fa chiamare Sicilia e da anni, da millenni, presta la sua prosperosa e fertile natura ai viandanti che la ammaliano con la retorica delle promesse e delle speranze. 
Nonostante la sua storia d'amore con Toto' sia finita in maniera tragica, dopo che lei tanto amore e tanta passione gli dedicò prestandosi anima e corpo alle voglie della di lui fantasia, Sicilia, prostituta di professione, non si tirò indietro nemmeno quando gli propinarono Raffaele. Nonostante fosse ancora sfondata, decise di abbandonarsi a questa sua nuova passione, fiduciosa che finalmente avrebbe concluso il lustro. Macché. Niente, neanche stavolta. Così fan tutti. Passano, se ne innamorano, lei, invaghita, ci casca e sono di nuovo lacrime e sangue. La girano, la rigirano, da dietro, sopra, sotto, davanti, di lato, a luci spente. Lei lo piglia, da brava professionista, ma agli ingrati clienti mai presenta il conto. Anzi, molte volte è lei stessa a doverci rimettere di tasca propria. Alcuni ringraziano e scappano via col bottino di piacere; altri restano e preparano il talamo nuziale per le prossime nozze. 
Anche stavolta sono arrivate in anticipo. Il 28 ottobre, tramite voti di scambio e favori, i figli da lei partoriti decideranno quale nuovo marito affibbiarle. Magicamente tornano a librarsi nell'aria gli odori della propaganda e delle promesse, una lista nozze lunga mille miglia fatta di tagli alle spese, tagli ai costi della politica, corretta gestione dei rifiuti, lavoro per tutti, turismo, prosperità, lasagne e cannelloni di ricotta. Tutti in nome del Puttanone, tutti in nome di Sicilia, affinché le sue cosce si aprano nella direzione giusta. Sono i soliti, vecchi e stereotipati volti delle promesse con la bugia stampata in fronte. Ma lei, Sicilia, si lascia sempre raggirare. "Posso cambiare" le dicono. "Dammi un'altra possibilità" le implorano. E lei, ingenua, abbocca, ancora una volta, donando il suo piacere. 
Da anni, come se non bastasse, molti dei suoi occasionali clienti le chiedono di prenderlo senza contraccettivi. Ne conseguono parti dolorosi che danno alla luce creature spaventose macchiate di vizi e immoralità. Ma cosa può farci lei, Sicilia. Sono pur sempre carne della sua carne e con pazienza li accudisce, crescendoli spietati e malvagi, correndo pure il rischio d'essere stuprata dalla sua stessa prole avvezza agli incesti familiari. 
Ma questo è il suo duro destino. La storia la volle Puttana, Puttana per sempre, e ancora tante volte le sue cosce s'apriranno, volgendosi alle ombre del primo membro che la violerà. Lei, bella e maledetta, lo prenderà, in silenzio, facendo buon viso a cattivo gioco. Ma quanto desidera, Sicilia, che il mare la porti via...
 
;