mercoledì 7 marzo 2012

Nell'attesa della sua venuta

Una torrida, odiosa, sudata giornata d'estate. Già difficile viversela fino al tramonto pur tentando di rimanere in luoghi freschi, figuriamoci in chiesa. Ma era domenica, i fedeli di fede facevano comunque il loro dovere e il prete era tenuto a discorrere le sacre scritture. Non ci si poteva aspettare grande affluenza per la messa delle 10:30. Nonostante tutto i più temerari uomini di buona volontà (imposta) tentavano boccheggiando di portare a termine la loro missione. 
Sparsi qua e là, i primi credenti avevano già preso posto in attesa del breve e timido scampanio che avrebbe dato inizio alle celebrazioni. Alcuni con foga cercavano invano di scaraventare aria fresca sul proprio volto appiccicoso tramite ventagli improvvisati, ma il caldo non lasciava scampo e il puzzo di coloro che anche in inverno erano estranei all'igiene contribuiva a rendere difficile la convivenza fra fratelli e sorelle.
Prima lettura. Seconda. Vangelo. Eucarestia. Viscido come un'anguilla e dall'odor di pescheria, il parroco tentò di prendere il sacro corpo di Cristo e di rendere grazie. Si sciolse fra le sue dita e per nascondere la poltiglia la mangiò in fretta. Toccò al vino, caldo come un brulé. Non lo sputò via per rispetto. Disse poi: "Mistero della fede". E i fedeli: "Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta".
In questo preciso istante l'aria divenne improvvisamente gelida. Nubi grigie e dense impedirono il passaggio della luce solare e un vento impetuoso fece cadere come birilli gli anziani più instabili. Seguirono piccole scosse di terremoto e fra il fragore sordo dei tuoni e fra le urla degli impauriti, un lampo di luce squarciò la vista di coloro che stavano tentando di capirci qualcosa.
Una sagoma candida, pura e splendente si ritaglio nel bagliore. Iniziarono ad intravedersi lunghi capelli ed una folta barba. Lo sguardo serio. Era lui. Il Cristo. Il Cristo in persona, vestito di un'umile tonaca bianca e sandali.
Molti svennero. Altri urlavano. Il prete se la diede a gambe. Le pie donne si prostrarono ai suoi piedi. Gli uomini, credendo che fosse uno scherzo, lo mandarono a quel paese e se ne tornarono a casa. Uscendo dalla chiesa morirono fulminati.
Il Cristo prese parola: "Eccomi qui. Aspettavate la mia seconda venuta? Detto fatto. Non sono qui per portarvi pani e pesci, né per resuscitare i morti. Voglio solamente rimettere le cose a posto. Siete la più orrenda razza di ladri, schifosi, bugiardi, assassini, perditempo, scansafatiche, egoisti, lussuriosi, avari e iracondi che il creato abbia mai conosciuto. E io, anziché mandarvi una seconda alluvione ed uccidervi tutti, ho deciso di riportarvi sulla retta via".
Detto questo si fece portare a Roma. Fece strage di cardinali e vescovi, andò in persona da Benedetto XVI e lo tirò giù dal suo famoso balcone. Mise in galera Berlusconi, annegò il Trota e completò il lavoro che aveva parzialmente iniziato con Bossi (infarto e stavolta niente miracoli).
Aveva una lista completa di tutti coloro che avevano trasgredito la sua legge e pian pianino fece piazza pulita. Ne rimasero così pochi che realizzò che ci si sarebbe sbrigati prima con l'alluvione.
Adesso si poteva ripartire. Comprò giacca, pantaloni e cravatta. Si tagliò barba e capelli e fondò un suo partito: "Futuro e Trinità".
Vinse le elezioni, anche se molti sospettarono che avesse irregolarmente moltiplicato i voti a suo favore.
Divenne Presidente del Consiglio. Non contento cambiando la costituzione si fece eleggere anche Presidente della Repubblica. 
I primi tempi le cose andarono bene. Aveva un ottimo rapporto con i sindacati ed era riuscito a raggiungere il pareggio di bilancio azzerando miracolosamente il debito pubblico. Abbassò l'età pensionabile a 30 anni per le donne e a 40 per gli uomini. Non costruì la TAV, tolse il colore verde dall'arcobaleno e uscì fuori dall'Europa.
Sistemò tutto. Le cose andavano a gonfie vele e i giovani non erano più sfigati. Fu allora che suo Padre lo richiamò su, sapendo già d'aver fatto abbastanza. Ma in quel momento una molla scattò dentro di lui. Il Cristo era acclamato, amato e riverito in Terra. In mezzo alle nuvole non c'era un fico secco da fare e fra i peccati terreni aveva iniziato ad assaporare quello che a sua immagine e somiglianza aveva trasmesso a noi comuni mortali: il potere.
Volle sempre di più, scese a compromessi, utilizzò i suoi poteri per spiare gli avversari e andò ad abitare ad Arcore. Chiese un'igienista dentale, creò dal nulla una nipote di Mubarak e la sposò. Venne indagato ripetutamente per falso in bilancio e saltò il tribunale con la banale scusa di dover andare a Lourdes per compiere miracoli (legittimo impedimento).
Nel frattempo la corruzione dilagò. I suoi funzionari, forti del potere che sotto la sua ala protettiva riuscivano ad esercitare, mandarono in malora quanto di buono era riuscito a fare.
I preti tornarono quelli di una volta, i pedofili pure, la chiesa tornò a non pagare l'Imu e le parafarmacie tornarono a vendere esclusivamente farmaci da banco o senza ricetta. Insomma, la solita, vecchia, marcia Italia.
La gente si stufò anche di lui. Iniziarono a sorgere sempre più numerosi violenti focolai di rivolta e i sondaggi lo davano ormai per spacciato. Tentò di fare qualche miracolo per salvare la faccia, come chiudere Ballarò, Servizio Pubblico e Presa Diretta, ma il suo secondo tempo era ormai finito.
Venne processato, finalmente. I PM se ne lavarono le mani e il popolo lo mise nuovamente in croce. Da allora in poi, durante le celebrazioni, non si rinnova una sua "eventuale nuova venuta" ma si chiedono semplicemente "senno e ragione per coloro che in Terra sono destinati a condurre il Paese".


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