giovedì 13 giugno 2013

13 giugno

Capo chino e con la testa fra le mani, seduto su di un nuovo materasso, duro e tutto da scoprire, per due persone. Era novembre. 
Supino e con le mani incrociate dietro la testa, sdraiato su di un materasso che adesso conosco, morbido, per due persone e un gatto. E' giugno.
Non c'è figlio più nobile dell'esperienza quando il tempo inizia a procreare mesi da settimane, settimane da giorni, giorni da ore ed ore da minuti. Ho imparato a conoscere aspetti della mia solitudine che non credevo potessero mai albergare fra le pieghe del mio carattere. Adesso posso dirlo: non c'è stato modo migliore per stanarli che estirpare le vecchie radici dell'abitudine. 
Non puoi lavorarci sul ferro, quando freddo di monotonia s'irrigidisce per farsi forma, finita. Battilo, quando incandescente si deforma e si plasma per mano della volontà in costante divenire, infinita. Immergilo in vasche sempre nuove, per ricordargli che non tutte le acque sono bagnate allo stesso modo. Battilo, ancora una volta, caldo, sull'incudine irremovibile e dura, che ammaestra e insegna.
Io, da giovane fil di ferro quale sono, ho imparato ad avere paura dei temporali subito dopo aver fatto il bucato. Ho imparato a pulire via il mio piscio dal water dopo aver preso male le misure. Ho imparato che a piatto sporco corrisponde il medesimo pulito. Ho imparato che "lontano dagli occhi, lontano dal cuore" è una regola che vale per coloro che non hanno mai visto né l'una né l'altra parte di te pur avendoti avuto vicino. Ho imparato che dovremmo sempre sentire la mancanza delle cose che già possediamo, per apprezzarle fino in fondo, piuttosto che essere passivi e dare per scontato che tutto ci sia dovuto e che mai possa esserci sottratto. 
E battilo ancora tante e tante volte quel ferro sull'incudine. Non ho l'arrogante speranza di sognare un'esperienza così alta e completa da poter dire d'aver conosciuto i mille volti della vita, ma non c'è bagaglio di conoscenze che non possa essere riempito da un semplice, tuttavia nuovo, sole. 
Datemi tempo, ancora una volta, e riuscirò pure a capire perché a calzino pari infilato in lavatrice corrisponde sempre calzino dispari...

4 commenti:

Sileno ha detto...

Un suggerimento per i calzini: io li lavo sempre a mano nel lavello.
Ciao

Pierpaolo ha detto...

Grazie del consiglio Sileno e se mi salverà i calzini te ne sarò grato... A presto

Melissa ha detto...

Bello, bello, bello e ancora bello. Sembra il manifesto della “vita buona”, tipica di quelle persone che rimangono avvinghiate alla vita in maniera feroce fino all’ultimo respiro, che si portano appresso le loro passioni, che hanno impiegato bene il loro tempo imparando a conoscersi e a conoscere i lati ambivalenti e più nascosti di se stessi. Sicuramente sarebbe stato più semplice arrivare sulla terra con un libretto d’istruzioni, come quello delle lavatrici-ingoiacalzini ma, ne sono sicura, sarebbe stato noiosissimo.

PS: lo so che un libro non si giudica mai dalla copertina, ma per una volta si può anche sgarrare, soprattutto se la copertina è bella come quella che ha disegnato Dasha! In coscienza ti dico che, il libro non l’ho ancora letto, ma ho letto la dedica... Sarai pure un fil di ferro, ma il cuore è d’oro.

Baci,
Melì

Pierpaolo ha detto...

Che cara amica che sei... Grazie di cuore :))

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